la Repubblica, 4 giugno 2016
È stato ritrovato sano e salvo dopo sei giorni Yamato, il bambino giapponese abbandonato in un bosco
Il «piccolo samurai» ha compiuto una magia, i giapponesi ancora non riescono a crederci e la straordinaria storia di Yamato Tanooka fa il giro del mondo e ci commuove. Dopo un incubo lungo sei giorni il bambino di 7 anni abbandonato nel bosco dai genitori «per castigo», è stato ritrovato vivo e «in buon condizioni». È fuggito nei boschi del monte Kamagatake, nella parte meridionale dell’isola di Hokkaido, ha vagato nelle foreste popolate dagli orsi e ha infine trovato rifugio in una baracca in lamiera usata dalle Forze di autodifesa nipponiche per esercitazioni militari. Solo, con addosso una felpa e un paio di pantaloni corti, in scarpe da ginnastica, senza acqua né cibo, si è salvato grazie alla sua forza d’animo e a una fontana esterna al riparo. Ha potuto bere, evitando la disidratazione che gli sarebbe stata fatale, si è protetto dalla pioggia e per quasi una settimana ha retto la solitudine, la fame e temperature di poco al di sopra dello zero, come fosse addestrato per situazioni estreme.
L’incredibile lieto fine non ha però placato le polemiche nazionali contro «l’educazione kamikaze», che impone ai genitori giapponesi di allevare i figli come «piccoli soldati da cui pretendere cieca obbedienza e un sacrificio eroico». Migliaia le richieste di processare i genitori del bambino per «negligenza» e di costringerli a pagare le spese per le ricerche, che hanno impegnato 200 uomini, cani ed elicotteri. La svolta ieri mattina poco prima delle 8 locali. Un soldato ha aperto la porta della baracca per prepararsi a un altro giorno di perlustrazioni e ha scorto un bambino che dormiva, buttato sopra un materasso. «Gli ho chiesto se fosse Yamato Tanooka – ha raccontato davanti alle tivù che hanno interrotto i programmi con lunghe dirette – e lui mi ha risposto di sì e che aveva fame. Gli ho offerto pane e polpette di riso». Il luogo del ritrovamento, tra le abetaie del comune di Shikabe, dista quasi sette chilometri dal punto in cui sabato scorso il bambino per punizione era stato costretto a scendere dall’auto su cui viaggiava con i genitori, reduce da una visita in un parco naturale. Il padre Takayuki, di 44 anni, voleva castigare il figlio che aveva tirato sassi contro le auto ferme in un parcheggio. L’intenzione era quella di abbandonarlo alcuni minuti e fingere di andare via senza di lui «per spaventarlo e dargli una lezione». Quando la famiglia era tornata a riprenderlo però, Yamato Tanooka non c’era più. Sparito nel nulla. Padre, madre e sorella lo avevano cercato per oltre due ore, prima di dare l’allarme quando già era buio.
La versione iniziale era stata che il bambino si era perso mentre raccoglieva erbe selvatiche. Il padre aveva infine confessato l’agghiacciante verità dell’abbandono, spiegando di non averla ammessa subito «per vergogna e per paura». Ieri il «piccolo samurai», trasportato in elicottero all’ospedale per accertamenti, ha raccontato di essere fuggito e di essersi inizialmente nascosto «per vendetta» contro i genitori. «Mi sono infilato in un buco – ha detto – così che anche i miei capissero cos’è il terrore. Poi ho temuto un altro castigo». Ha quindi marciato per ore nel bosco, mosso dall’incubo di finire sbranato da un orso, fino a trovare la baracca che l’ha salvato. «Non mi sono più mosso – ha detto ai soccorritori – perché avevo paura, freddo e fame. Mi ha tenuto vivo l’idea che se i miei mi avessero realmente voluto bene, prima o poi mi avrebbero trovato».
Il padre, in lacrime davanti alle telecamere, si è scusato con il figlio e con la nazione. «Il mio gesto eccessivo – ha detto – ha fatto soffrire Yamato, a cui ho dato e sempre darò il massimo dell’amore. Mi scuso profondamente con lui, con i maestri e con i compagni della sua scuola, con i soccorritori e con tutti coloro a cui ha causato problemi». Per i medici il bambino, ripreso sorridente mentre fa il segno della vittoria con le dita, sta bene. Il Giappone più nazionalista ha festeggiato «un vero samurai che ha saputo superare con coraggio le difficoltà, come in una guerra». L’altra metà chiede invece di processare «i genitori inadeguati che quotidianamente infliggono ai figli punizioni sproporzionate e umilianti, sottoponendoli a veri e propri abusi». Alla sorella il piccolo Yamato ieri sera ha detto che nel bosco «è stato terribile ma bellissimo, perché sono diventato grande».