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 2016  giugno 05 Domenica calendario

L’Italia di Conte può sorprendere, dice Arrigo Sacchi

Arrigo Sacchi, cosa farà l’Italia all’Europeo?

«Ogni tanto incontro persone che mi chiedono: “Lo vinciamo?”. Non so se è ignoranza o presunzione, che è poi la stessa cosa. Io me lo auguro molto, ma non penso si possa prevedere».
Perché?
«Le squadre italiane si riempiono di stranieri per rinforzarsi, ma non sono andate oltre gli ottavi di Champions: senza, che fine facciamo? Il che implica un secondo problema».
Ovvero?
«Conte si ritrova con la maggior parte delle grandi se non con undici stranieri con uno o due italiani, eccetto la Juve: un nucleo storico che bisognerebbe mettere in naftalina».
Insomma, un disastro.
«Nel 1970 la Francia, calcisticamente, era una nazione di terza scelta: obbligò i club a fare i «Centre de formation», con 4 ore di scuola e 4 di calcio al giorno, corsi di specializzazione per i settori giovanili, centri federali per i migliori delle società non professionistiche. Si chiama riforma: ora, dopo il Brasile, è quella che esporta più giocatori. Non ha mica 200 milioni di abitanti. La Germania fece quasi lo stesso, nel 2000. E noi? Con questa arretratezza culturale dove vogliamo andare?».
Dunque, ci aspetta un pessimo Europeo?
«Invece, sono ottimista. La qualità individuale è discreta, non eccezionale, in alcuni buona. Però quando facciamo sistema, e succede quando siamo costretti e mai per nostra volontà, vale per il Paese, beh, in quel momento diventiamo una macchina. E poi abbiamo un grande allenatore».
Uno dei più bravi ct dell’Europeo?
«Uno dei migliori allenatori del mondo. Per quel poco tempo che ha avuto, perché non è un mago, sicuramente avrà dato un’organizzazione superiore alla media».
Può fare la differenza?
«Conte ha la sensibilità, la genialità, l’intuizione, la cultura e l’ossessione del perfezionismo dei grandi. Si deve solo togliere di dosso un certo timore italiano».
Storico?
«Atavico. In duemila anni non abbiamo mai fatto una guerra di sfondamento: l’ultima volta sono stati i Romani, ma non erano ancora italiani».
Far la guerra su un campo da calcio significa pressing?
«Antonio deve capire che se non lo fa lui lo fanno gli altri: io preferivo farlo. Anche perché gli altri hanno organizzazioni molto latenti e se li attacchi sono un disastro».
Non dipende dalla forza e dalla qualità della squadra?
«L’ha fatto l’Empoli, contro chi aveva dieci volte il suo bilancio, ma alla fine aveva il 70% per cento di possesso palla».
Per fare possesso non era meglio Jorginho di Sturaro?
«Non parlo mai di giocatori, non ci vivo insieme e non li vedo: si vede che gli serviva di più Sturaro».
Rushford l’Inghilterra, Sané la Germania: perché non Berardi?
«Guardi che Conte avrebbe chiamato chiunque. Ci saranno dei motivi: intanto, che ha fatto un pessimo campionato, il peggiore da quando è in serie A».
Il valore aggiunto del ct?
«Ha la sensibilità e la capacità di correzione: ogni errore non corretto in allenamento, in partita diventa una barriera».
Solo che in campo ci vanno i giocatori.
«Sarebbe importante si scordassero che guadagnano tanto, parlo dei giovani, e che dessero la vita, sportivamente parlando. Seguendo tutto quello che chiede il tecnico. Se daranno il massimo dal punto di vista intellettivo, umano, fisico e agonistico, l’Italia potrebbe essere una sorpresa. Sarei molto contento, anche se non risolverebbe i problemi».
Del calcio italiano?
«Se togli Fiorentina, Napoli, Sassuolo, Empoli e Roma, quella di Spalletti, abbiamo tutte squadre che preferiscono stare coperte».
Anche la Juve?
«Metà e metà. Ma siccome Allegri è bravo, spero che faccia quest’ultima svolta».
Non basta vincere?
«L’ho detto a Marotta: non conta solo quello. Parlando in generale, perché la Juve è dieci anni avanti, senza conoscenze e bellezza questo Paese s’è ridotto in crisi: economica, culturale e morale. Basta guardare all’estero: se tu vinci e non meriti, non c’è approvazione».
In principio fu il gioco?
«Ne parlavo l’altro giorno con un presidente importante: pensa se De Niro, Clooney o Depp avessero recitato in “Giovannona coscia lunga”: l’avrebbero fatto diventare un cult?».
Quel presidente fa tv o cinema?
(sorriso). «Non lo dico. Ma il gioco e il lavoro aiutano i giocatori a essere migliori. Un film senza trama non funziona».
Che ne pensa di Ventura nuovo ct?
«In generale ha fatto giocare bene le sue squadre, mi ricordo il suo Bari. Sappia che in Europa la miglior difesa è l’attacco».
Milan e Inter ai cinesi: preoccupato?
«Detto che in Italia non mancano i soldi, ma le idee, spero che siano cinesi buoni, perché moralmente non sono tanto distanti da noi italiani. E questo non è un complimento».
Perché?
«Siamo forse un popolo affidabile?».