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 2016  giugno 05 Domenica calendario

Sull’assurda fine di Sissi

Non è che siano alte le probabilità che lei mi offre dato che la conosco come un convinto maschilista. Ma ci provo. Avevo sempre avuto pena per Sissi imperatrice d’Austria sposata con Francesco Giuseppe uccisa da Luccheni con un punteruolo. I film interpretati da Romy Schneider sono serviti a crearne una icona. La sua vita fu molto travagliata ed infelice anche a prescindere dal suicidio del figlio Rodolfo. Una lettura del libro Francesco Giuseppe di Franz Herre mi ha fatto riflettere. L’autore è impietoso verso di lei, che viene dipinta come fatua ed irresponsabile; anche se non esplicitamente parrebbe che avesse cornificato il povero Franz Josef con Andrassy. Potrebbe fare la grazia di affrontare questo caso umano?
Franca Piccininifranchina.dolce@tiscali.it

Cara Signora,
Non credo che il femminismo, oggi, scenderebbe in campo per difendere la memoria di Elisabetta di Wittelsbach, consorte di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria e re d’Ungheria. Negli anni della gioventù era straordinariamente bella e consapevole della sua bellezza. Si racconta che a Vienna, quando la sua carrozza usciva dal Palazzo imperiale, la folla cercasse di bloccarne il percorso per rapire uno sguardo al suo volto. Nella cattedrale di Santo Stefano, un giorno, quando la curiosità dei fedeli divenne morbosa e invadente, scoppiò in lacrime e fuggì nella sacrestia. Ma non appena la bellezza cominciò a sfiorire, Elisabetta divenne il geloso custode della sua memoria nascondendo il volto dietro veli, ombrellini e ventagli.
Fu una imperatrice altera e ribelle. Amava Budapest più di Vienna, evitava le grandi feste ufficiali dell’Impero, parlava delle sorti delle monarchie con una sorta di compiaciuto pessimismo, preferiva disertare i palazzi imperiali e vivere sullo yacht con cui navigava tra le isole greche, o nella grande villa che aveva fatto costruire a Corfù. In questi viaggi e soggiorni era quasi sempre accompagnata da Costantin Chrisostomos, un intellettuale greco, piccolo e piuttosto brutto, un po’ poeta e un po’ filosofo con cui discorreva di arte e letteratura.
La sua morte fu tragicamente assurda. Era a Ginevra il 10 settembre 1898 quando il suo destino incrociò quello di un anarchico piemontese, Luigi Luccheni, che si credeva chiamato a liberare il mondo dalle teste coronate d’Europa ed era nella città svizzera per attentare alla vita di un Orléans, pretendente al trono di Francia. Quando apprese che la vittima preferita aveva modificato i suoi programmi di viaggio e che la città ospitava l’imperatrice d’Austria, Luccheni la attese nei pressi del lago e la colpì al petto con un lungo ago, sottile e appuntito. Mentre la polizia si impadroniva dell’attentatore, Elisabetta, sorpresa e sconvolta, continuò camminare per qualche decina di metri prima di perdere i sensi. L’ago di Luccheni le aveva attraversato il cuore lasciando sulla pelle una sola goccia di sangue. Era poco più che cinquantenne. Così morì una imperatrice che aveva intravisto la fine dell’Impero austriaco e che della sua preveggenza fu la prima vittima.