Corriere della Sera, 5 giugno 2016
C’è davvero un legame tra il benessere economico di un Paese e la percentuale di fumatori?
C’è davvero un legame tra il benessere economico di un Paese e la percentuale di fumatori? Un rapporto inverso, come si tende a pensare, per il quale via via che una società migliora in conoscenze e stili di vita consuma meno sigarette? O, come qualche salutista estremo potrebbe pensare, grazie al quale meno si fuma e più il Paese diventa ricco? Fino a un certo punto. La Banca mondiale ha messo assieme una serie di dati, in buona parte presi dall’Organizzazione mondiale della Sanità, dai quali si deduce che sì, via via che il benessere cresce i fumatori tendono a calare. Ma, raggiunto un certo livello, a fare la differenza sono altri fattori, probabilmente la cultura, le tradizioni, il clima. I Paesi in cui, tra il 2000 e il 2015, il numero di fumatori è aumentato sono 27 e tra essi non ce n’è nessuno ricco. Per dire, la quota è passata dal 25 al 40% in Giordania, dal 12 al 28% in Bahrain, dal sei al 22% nella Repubblica del Congo, dal sette al 22% in Camerun. Nello stesso periodo, l’Italia è scesa dal 27 al 24%, il che significa 14,5 milioni di fumatori. Ma anche in Tanzania, sempre per fare esempi, c’è stato un calo, dal 21 al 16%, o in Messico, dal 25 al 14%, o in Uganda, dal 16 al 10%.
Se si confrontano le quote tra Paesi, ci sono sorprese. Negli Stati Uniti, paradiso salutista almeno nella propaganda, abbiamo 58,5 milioni di fumatori, il 19% della popolazione (dati al 2012 ). Certo molto meno del 37% di Cuba o del 40% del Cile, per rimanere nel continente americano. Ma più del 17% del Brasile e del 12% della Colombia. In Europa, poi, sembra che quasi tutti fumino più di noi. L’Austria è al 36%; la Germania, la Polonia e la Spagna al 31%; la Francia e l’Olanda al 28%. La Gran Bretagna fuma meno, 21%, e infatti va verso un referendum per stabilire se è europea. In piena media Ue è invece la Turchia, 28%, nonostante la sua pessima reputazione sia in fatto di sigarette sia in fatto di europeismo. In India poco fumo, almeno ufficialmente: l’ 11% nel 2015, quota dimezzata rispetto al 22% del 2000. La Cina è invece al 26% e la Russia a uno straordinario 41% (il 59% degli uomini e il 23% delle donne). L’unico Paese in cui, secondo la Banca mondiale, le donne fumano più degli uomini è Nauru, isola della Micronesia, 52 contro 43%; ma anche l’Austria fa poche differenze di genere, 36% gli uomini, 35% le donne. Riassunto: «povero fumatore» sarà anche vero, ma non lo dicono le statistiche.