La Stampa, 3 giugno 2016
E in Lapponia l’estate sembra autunno
Ogni giorno viviamo il nostro tempo meteorologico locale e sempre più anche quello che riguarda gli altri, recapitatoci via Internet dal mondo intero.
Siamo sollecitati dagli appelli della scienza sui rischi del riscaldamento globale, ma come mettere d’accordo le alluvioni in Germania e Francia, i 26 gradi a Sodankyla in Lapponia mentre a casa tua ti ritrovi con un inizio d’estate che sembra autunno? Si fa un gran parlare di caldo futuro, ma qui fa freddo! Opinioni, chiacchiere ed emozioni confondono le idee al punto da farci sembrare anomalo l’unico periodo degli ultimi mesi assolutamente normale! Sì, il mese di maggio appena concluso è stato in Italia del tutto conforme alla media. A Torino son caduti 116 millimetri di pioggia in 12 giorni, valori in linea con due secoli di osservazioni. La temperatura mensile è stata di
0,7 gradi inferiore alla media degli ultimi trent’anni, ma superiore di 0,3 gradi se guardiamo al periodo 1961-90, quindi possiamo dire un maggio appena più fresco se confrontato con quelli più vicini troppo caldi, come quelli del 2009 e 2011, ma che sarebbe già risultato un po’ più caldo a un torinese degli Anni Settanta. E per questi primi giorni di giugno che ci appaiono freschi al Nord Italia, nulla a che vedere con le piogge torrenziali del 1992, la neve a 1300 metri del 1997, la brinata del 2006 fin quasi in pianura e i fiocchi di neve su Aosta il primo giugno 2011! Il fatto è che la nostra mente non è né uno strumento meteorologico imparziale, né un infallibile archivio digitale del clima, ma cerca di arrabattarsi tra sensazioni e informazioni incomplete per darsi le risposte più comode, e spesso errate. Innanzi tutto bisogna distinguere tra variabilità naturale e tendenze a lungo termine. Immaginiamo una sega: se la lama è orizzontale, le differenze «normali» tra un anno e l’altro saranno rappresentate dai piccoli su e giù dei denti, un anno un po’ più caldo, uno più fresco, un gruppo di annate più umide, una siccità, e ogni tanto un dente più lungo segnerà un estremo eccezionale, ma poi tutto rientra in un clima sostanzialmente stabile, o che varia pochissimo nello spazio delle vite umane. Ora incliniamo la lama: non c’è più un clima di riferimento, ci troviamo a vivere le piccole asperità tra un dente e l’altro attribuendo loro un significato sul breve periodo mentre l’intero sistema si sta spostando e noi non riusciamo a percepirlo perché siamo distratti e confusi dai singoli denti. Ecco, da cent’anni la lama del clima si è inclinata verso l’alto di un grado Celsius, ed è destinata a continuare la sua ascesa, di un valore compreso tra un paio e cinque gradi a seconda delle nostre scelte energetiche. Un altro problema è il provincialismo meteorologico: diamo troppa importanza a quanto sperimentiamo sotto la nostra piccola fetta di cielo e ci dimentichiamo di metterlo in prospettiva planetaria.
Aprile 2016 è stato il dodicesimo mese consecutivo di caldo record a livello globale, maggio ha visto un’ondata di primati assoluti di calura in tutto il Sud-Est asiatico con temperature fino a 51 °C in India e Pakistan, l’intero emisfero boreale ha chiuso la primavera più povera di neve dal 1966 e la banchisa artica non è mai stata così ridotta dal 1979, anno d’inizio delle misure satellitari. Sono come gravi infarti del clima terrestre, che ci devono preoccupare anche se lontani da noi o difficili da comprendere, offrendoci quella chiave interpretativa di ampio respiro spaziale e temporale da cui dipende il futuro di noi stessi e delle generazioni future. Abbiamo una sola Terra, se la manomettiamo non funziona più bene e i primi a farne le spese saremo noi.