il Fatto Quotidiano, 3 giugno 2016
Marchini -Vs- Raggi. Due interviste
È la prima volta che ho una relazione con la gente senza che ci siano i soldi di mezzo. Perciò sono innamorato della politica e per questo motivo, succeda quel che deve, io non l’abbandonerò mai.Alfio Marchini e i soldi sono come fratelli e sorelle.
Ho gestito quattrini, ho ereditato quattrini, ho promosso affari, ho negoziato poteri, possibilità, occasioni. Per tutta la vita, per le mie condizioni familiari, mi sono trovato a esercitare responsabilità che avevano a che fare con il danaro e il potere. Oggi mi trovo come denudato, valutato per quello che sono.
Anche sbeffeggiato.
Ci sta, non mi offende essere preso in giro. L’esame pubblico obbliga anche a questa particolare vivisezione. I romani poi in fatto di ironia non sono secondi a nessuno.
La Ferrari lasciata sul Grande raccordo anulare, la Panda per la città.
Ma con quell’auto a Roma, nel centro storico dove abito, che ci faccio? Amo guidare, e salgo a bordo quando sono fuori città, nei percorsi più veloci.
Io so che oltre 130 chilometri orari non si può andare.
Ma che significa? A me piace provarla sul tracciato misto, ho fatto anche delle gare in gioventù, sono un esperto guidatore. Sentire il motore, l’assetto, le curve è un piacere che prova solo chi sa…
È che vengono sempre in mente i suoi quattrini, le sue società. A proposito, perché voi ricchi scegliete sempre il Lussemburgo per acquistare e vendere, fondare e dismettere?
Da lei non mi aspettavo una domanda simile. Ma così fa la figura del parvenu, di chi non sa l’Abc dell’economia e della finanza. La prego, cassiamo.
Eppure mi sembrava utile una deviazione geografica sui suoi soldi. Che in politica un aiutino lo danno anche.
Nooo, la politica mi fa sentire bene perché la gente ha con me finalmente una relazione pulita, piana. Non mi conosce, non mi chiede della genealogia, non sa di mio nonno. Avanza dei bisogni semplici, non promuove business, cordate, incursioni. Capisce la mia trasformazione? Non uno che chiede, non devo chiedere più nulla, ma uno che offre. Posso offrire un po’ di competenza, l’amore per questa città, il mio tempo. Non ho bisogno di prebende, di gratifiche economiche, non ho altre impellenze. Mi sta capendo?
Lei corre per fare il sindaco di Roma, che come luogo del potere è niente male.
Ma ai borgatari non frega nulla del Campidoglio, non ti vedono come un potente ma come qualcuno che può fare qualcosa per lui. Mi hanno votato tre anni fa sapendo che non avrei mai vinto.
Di lei hanno la considerazione che è pieno di soldi e beato Arfio.
No, gli invidiosi, le malelingue li trovi altrove. Le occhiatacce le subisco altrove. È la borghesia che fa cattivi pensieri, che misura la distanza, monitora, giudica, classifica e ci inzuppa il pane. Chi non ha niente non prova a farti cadere, tenta un approccio positivo, avanza pretese possibili. Prima d’ora non mi era mai capitato di stringere tante mani ed essere destinatario di tante richieste. Mi sento trasformato, avverto qualcosa in più, qualcosa di diverso.
La borgata a volte è meglio dello psicologo.
In effetti siamo nel campo dell’autoanalisi. Lei mi sta facendo dire qualcosa di profondo, a cui non avevo mai pensato. Perché rischiare la faccia, il portafogli, le amicizie, se l’obiettivo è così ambizioso da essere a rischio?
Per lei si mette maluccio.
Lo dice lei.
L’appoggio di Berlusconi l’ha rovinata. Libero da chi?
Forse una parte del mio elettorato è rimasto perplesso, ma ha capito. Berlusconi non ha contrattato l’appoggio, non ha chiesto nulla in cambio, non ha voluto conoscere i nomi della giunta. È stato impeccabile.
Mah.
I suoi voti hanno cambiato direzione: dal centrodestra a me. Ognuno di essi vale il doppio. In politica contano anche i numeri.
Tanto non vince.
Se non vinco io, si rivoterà tra due anni. Lo dissi proprio a lei nella precedente campagna elettorale. E le cose sono andate come avevo profetizzato. Grazie a me, Marino non c’è più. L’unico ad avere le idee chiare per governare questa città e la forza per durare sono io. È la realtà che lo dice.
La realtà dice che è l’unico dei candidati con una mole di interessi, finanze, appoggi, amicizie.
Alt, la fermo subito. Mi sono spogliato di ogni possibile conflitto di interessi. Quello che ho è alla luce del sole, chiaro, limpido. La mia storia e le mie amicizie non sono negoziabili e non le rinnego.
Un costruttore che vuole salvare Roma dal cemento è come il diavolo che ambisce a proporsi donatore di sangue.
Costruttore era mio nonno. Il mio piano per Roma è pubblico, le mie idee pure: riconversione dell’abitato, riqualificazione, ristrutturazione, conservazione.
Caltagirone e tutti gli altri colleghi dell’edilizia.
Caltagirone? Ha visto un aiutino da Caltagirone per me?
Mammoletta del mio cuor.
La sfido a indicare una sola cosa che sa di sporco, di inquinato, o semplicemente di brutto.
Per non parlare di Pupo e Ivana Spagna al suo comizio finale.
E Michele Placido?
***
Voi giornalisti con me fate come i pm con l’imputato: non ascoltate le risposte, riproponete la stessa domanda. Sempre una, sempre quella. Volete che io confermi il vostro pregiudizio, avete deciso che sono eterodiretta e non c’è niente da fare. Se lei mi trova diffidente adesso conosce anche la ragione.
Virginia Raggi la democristiana.
Qui siamo al rafforzamento del pregiudizio.
Esile di corpo, esitante di spirito. Oltre la moralità, che è comunque un bell’impegno, un programma generico, propositi nebbiosi, parole che sanno di niente.
Lei liquida l’impegno alla moralità in una città mangiata dalla corruzione, e bucata, sventrata, diffamata da chi fino ad oggi l’ha amministrata con un “bell’impegno”. Le sembra poco? Quando vedo i miei concorrenti che oggi sventolano soluzioni, indicazioni, piani straordinari, promesse gigantesche non ricevono l’unica obiezione possibile, giudiziosa, prudente: ma tu Giachetti, credi che la rovina di Roma sia iniziata l’altro giorno grazie al tuo partito? Quando c’eri tu il Campidoglio cos’era se non un grumo di poteri affluenti e costituenti? E tu Meloni hai dimenticato l’ex amichetto Alemanno? Hai scordato i tuoi compagni di tessere e comizi impigliati nelle maglie di Mafia Capitale? E Marchini sa chi è stato Storace, cosa ha rappresentato Forza Italia in questa città?
Lei non sapeva chi fosse Previti.
Io l’ho spiegato mille volte.
Se ha dovuto spiegarlo mille volte una ragione ci sarà. Ammette che qualcuno sia rimasto stupito della sua scelta di gioventù di fare pratica legale in quello studio?
Non ho difficoltà a convenire con lei che qualcuno possa esserci rimasto male.
E ammette che dire: “Riorganizzerò gli uffici comunali” significa tutto e niente?
Cosa vuole che prometta? Entro e licenzio tutti? Sarei una esagitata, una persona che non conosce la legge, i diritti, le cose e anche la difficoltà di amministrare. Io posso promettere di entrare e bonificare il Campidoglio. Bonificarlo significa anche guadagnare tempo per far ripartire questa città. Solo noi, solo questo movimento può essere credibile nell’opera di bonifica. Gli altri hanno una storia così pesante, così devastante che ogni diversa considerazione confliggerebbe con i fatti. La realtà è più potente degli slogan.
Lei è così giovane e così tanto ambiziosa. Non le sembra di chiedere a se stessa più di quanto possa essere per lei possibile offrire?
Sul dato anagrafico non direi. Sul resto mi sta dicendo che sono inadeguata?
Inadeguata sì.
L’adeguatezza alla funzione è il risultato di un impegno personale e di gruppo. Ho la fortuna di lavorare con amici e colleghi di grandissima levatura e di una passione infinita. Non tratto tutti i dossier con uguale padronanza, ed è vero. Ma sarei una matta a pensare di poter far tutto, saper tutto e decidere tutto da sola. Guardi che al Campidoglio non entrerò a mani nude, svampita ragazzina che pensa di cambiare il mondo con un tocco magico.
Virginia e Chiara sono le due donne più in vista in queste elezioni del Movimento. Lei, che si candida a Roma, così diffidente ed esitante; l’altra, che corre a Torino, così empatica e strutturata.
Vero, mi trattengo, forse sto troppo nel mio ruolo, non so gestire con uguale confidenza tutti. Non sarò simpaticissima, è questo che mi voleva dire?
Esattamente. Però ha due belle orecchie a sventola. Se non è permalosa può anche sorriderne.
Non sono permalosa e le orecchie mi sbucano sempre dai capelli. Potrei dirle: è per sentirci meglio.
E poi ha chiamato suo figlio Matteo. Questa è intelligenza col nemico.
Ci penso ma non indietreggio. Matteo era e Matteo sarà. A lui piace tanto il nome.
Gliel’ha chiesto, eh?
Gliel’ho chiesto.
Per far politica ci vuole un fisico bestiale.
Finora sono andata a cioccolato. Noti la mia fronte.
Tanta fatica, tanta cioccolata e poi, zac, urne vuote.
Lasci decidere ai romani. Sul fisico la deluderò: la fatica è tanta ma la voglia di vincerla di più. Se dormo cinque ore, il massimo che adesso mi posso permettere, sto una meraviglia.
Lei è populista?
Cosa intende per populismo?
Nessuna intermediazione tra lei e il popolo, parole d’ordine di facile presa, devianza propagandistica, vizio alla demagogia.
La relazione col popolo dev’essere diretta, non ostruita o condizionata o negoziata da altri. La demagogia non mi appartiene. Non sono qualunquista.
È così timida a prendere posizioni scomode, da sembrare la perfetta candidata gnè-gnè. Gnè di destra gnè di sinistra, gnè in alto gnè in basso.
Ma io devo risolvere i problemi di Roma, a chi vuole che freghi che parli della pace del mondo o della fame nel mondo (qualche idea al proposito ce l’avrei pure)?