la Repubblica, 2 giugno 2016
I migranti, l’accoglienza e le Regioni: domande e risposte per capirne di più
«Siamo al tutto esaurito». Al Viminale non nascondono le difficoltà: con oltre 122mila immigrati ospitati nei centri governativi e nelle strutture temporanee, la rete dell’accoglienza è sotto stress. E non basta: gli sbarchi dell’ultima settimana impongono un nuovo sforzo alle Regioni. Ma già riparte il fronte del No, con in testa i governatori leghisti pronti ad alzare i “muri”.
COME FUNZIONA L’ACCOGLIENZA NELLE REGIONI?
Per il ministero dell’Interno la distribuzione dei migranti avviene in base ai criteri fissati dal piano nazionale d’accoglienza del 10 luglio 2014, concordato con le Regioni: i rifugiati vengono distribuiti tenendo conto della popolazione, del Pil e del numero di migranti già ospitati da ciascuna regione. La Sicilia viene esentata in quanto regione di primo arrivo, che già soddisfa le quote previste. La distribuzione è gestita dal Viminale, attraverso circolari dirette ai prefetti. Molti i fronti polemici, soprattutto l’estate scorsa con le regioni del Nord a guida centrodestra pronte a sfidare i prefetti, sostenendo di ospitare già troppi migranti.
QUALI REGIONI FANNO DI PIÙ?
A ieri gli immigrati ospitati nei centri d’accoglienza e strutture temporanee sono 122.488. Un record: nel 2015 erano 103mila. Tra le regioni, in tesa resta sempre la Lombardia con oltre 15mila presenze, seguono Sicilia (oltre 13mila), Veneto (10mila), Campania e Piemonte.
GLI SBARCHI SONO IN AUMENTO?
Stando al Viminale, sono 47.873 i migranti giunti via mare dal 1 gennaio al 1 giugno 2016. Pochi di più di quelli arrivati nello stesso periodo del 2015: 47.470. Le prime nazionalità di provenienza sono Eritrea, Nigeria, Gambia, Somalia, Costa d’Avorio, Guinea.
COSA CAMBIA CON LA NUOVA CIRCOLARE?
Per far fronte agli arrivi record della scorsa settimana (13.700 sbarchi in sette giorni) il Viminale ha spedito ai prefetti una circolare per recuperare 5.600 posti in 80 province. Per la prima volta la divisione è a livello provinciale e non tiene conto dei soliti parametri: Pil e popolazione. «Abbiamo dovuto agire d’urgenza – spiegano al ministero – tutte le province dovranno prendersi carico di 70 migranti. Numeri che poi scaleremo dalla prossima circolare». Non solo. Il ministero dell’Interno pensa anche a un sistema di incentivi per spingere i Comuni all’accoglienza.
QUALI GOVERNATORI SI OPPONGONO ALLE NUOVE QUOTE?
Rinasce il fronte del No: a opporsi a nuovi sforzi sono i governatori di Lombardia e Veneto. Il primo a muoversi è Luca Zaia che rivendica quanto già fa la sua regione («il Veneto è terzo per numero di presenze straniere, alle spalle di Lombardia e Sicilia), poi avverte: «Il Veneto non è più disposto a subire gli effetti di un’accoglienza indiscriminata e pilatesca, gestita in modo raffazzonato». Sulla stessa linea Roberto Maroni: «Per quanto riguarda il piano di ripartizione fra le regioni e il progetto del prefetto di Milano che vuole creare nuove tendopoli, dalla Lombardia non verrà data alcuna disponibilità in questo senso». Apre con riserva la Campania: «Sia chiaro – dice il governatore Vincenzo De Luca – noi siamo la regione dell’accoglienza e della solidarietà: se arrivano famiglie, donne e bambini che fuggono dalle guerre, noi dobbiamo aprire cento braccia. Chi però tocca le nostre famiglie e commette reati, va fermato con le nostre leggi». Apre all’accoglienza anche la Toscana, ma con un’avvertenza: «Non basta reclamare che siamo favorevoli all’accoglienza – afferma il presidente Enrico Rossi – il problema è nazionale e non si può scaricare la questione sui territori. Dobbiamo scrivere insieme le linee guida e le direttive».
COSA SUCCEDE ORA CON GLI HOTSPOT?
In base al decreto legislativo 142 del 2015, l’accoglienza oggi si articola in tre fasi. La prima è negli hotspot, dove gli stranieri vengono portati dopo lo sbarco, ai fini del primo soccorso e assistenza, dell’identificazione e della separazione dei richiedenti asilo dai migranti che non hanno invece diritto a rimanere sul territorio nazionale. Bruxelles ha nuovamente invitato l’Italia ad aumentare gli hotspot, perché gli attuali quattro operativi (Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto) non sono sufficienti. Il Viminale è pronto ad aprirne due nuovi e ad attivare sei strutture mobili con base a Cagliari, Reggio Calabria e in altre 4 località, pronte a intervenire sui porti di sbarco. Il piano prevede anche un presidio in mare su una grane nave d’appoggio per l’accoglienza.