Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 02 Giovedì calendario

È stata localizzata la scatola nera dell’EgyptAir

L’orecchio elettronico immerso un chilometro sotto la chiglia della nave francese Laplace ha ascoltato ieri quello che «probabilmente» è il lamento di una delle due scatole nere dell’Airbus Egyptair scomparso il 19 maggio. Era stato calato in mare martedì per captare le voci del fondale mediterraneo, gli è bastato un giorno di lavoro per trovare l’ago nel pagliaio. Il mistero sulla fine dei 66 ospiti del volo MS-804 potrà essere svelato. Mentre dalla tv France 3 arriva una rivelazione tutta da verificare: «L’Airbus A320 – racconta l’emittente – nella notte tra il 18 e 19 maggio, 24 ore prima del disastro, fu costretto a tre atterraggi di emergenza». In tutte e tre i casi, dice ancora la tv, «sono scattate a terra le verifiche tecniche che hanno dato sempre esito negativo».
Il “ping” della scatola nera proviene dalla zona in cui sono emersi i pochi rottami affiorati: 290 chilometri circa a nord di Alessandria d’Egitto, diverse miglia a est rispetto all’ultimo punto radar segnalato dal transponder dell’aereo in volo. Ma l’esperienza suggerisce cautela: in passato l’annuncio del ritrovamento delle scatole nere era stato diramato e poi smentito, e stavolta l’Autorità per l’aviazione civile egiziana si limita a confermare la ricezione di un segnale «probabilmente» proveniente dalle scatole nere. Gli investigatori francesi del Bureau d’Enquêtes et d’Analyses sull’aviazione civile (Bea) – inviati a collaborare in prima persona con gli egiziani nelle indagini – confermano a loro volta la ricezione del “ping”, ma non ancora «il ritrovamento delle scatole nere» come annunciato dai media di tutto il mondo.
Se il “Detector” (l’orecchio sottomarino della Alseamar, l’azienda reclutata per la caccia dal governo francese) ha colto nel segno, quel ping acustico captato dal fondale proverrebbe dagli strumenti dell’aereo egiziano, ma è impossibile sapere se si tratti del flight data recorder, che cattura automaticamente i parametri di volo; o delcockpit voice recorder, che registra invece tutte le conversazioni della cabina di pilotaggio.
Nei prossimi giorni continuerà il lavoro di ascolto dei sonar Detector portati a bordo della nave Laplace da un ingegnere e due tecnici della compagnia specializzata. L’obiettivo è rintracciare anche i segnali della seconda scatola nera, e precisare il più possibile il punto esatto da cui provengono. È una corsa contro il tempo, da vincere prima che si esauriscano le batterie con cui i due strumenti precipitati negli abissi comunicano la loro posizione attraverso una serie ripetuta di “ping” acustici: mancano circa tre settimane al silenzio perenne, ma il segnale catturato ieri ha infuso grande ottimismo nel team di ricerca.
Una volta localizzate le scatole nere toccherà alla nave John Lethbridge gestita dalla Deep Ocean Search, una società delle Mauritius specializzata nei lavori subacquei a profondità inaudite. Sarà il suo robot a dover centrare l’obiettivo di un recupero difficilissimo: la zona in cui si trovano i rottami, e in cui è stato percepito il “ping”, è tra le più profonde del Mediterraneo, poco meno e anche poco più di tremila metri sotto la superficie.Ci vorranno giorni, al massimo una settimana per mettere in mare il robot e spedirlo a tentare il recupero. Ma per il momento l’obiettivo degli inquirenti è concentrato sull’identificazione di entrambe le scatole nere: il Detector-6000 che ieri ha ascoltato il primo “ping” dal suo punto di immersione è capace di rilevare un segnale «fino a 5 chilometri» di distanza.
Trovato il primo, ora è un po’ come giocare alla battaglia navale, spostando il Detector in aree di mare adiacenti fino a quando non riuscirà a intercettare l’altro “ping”.