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 2016  giugno 01 Mercoledì calendario

Starace dall’Enel all’Eni? Ha un anno per pensarci

Il governo Renzi ha un nuovo manager di riferimento: Francesco Starace, l’amministratore delegato che ha spinto l’Enel nel settore della banda larga, che Palazzo Chigi considerava paralizzato dalle incertezze di Telecom Italia. Ma Starace difficilmente passerà la carriera a occuparsi di contatori e cavi: tra un anno torna contendibile la poltrona più pesante del capitalismo a controllo pubblico, quella dell’Eni. A Roma si parla sempre più spesso di una candidatura di Starace, pare che lui stesso ne abbia accennato a qualche banchiere. “Smentisco assolutamente, il fatto che Paolo Scaroni nel 2005 abbia fatto il passaggio da Enel a Eni non significa che io debba seguire lo stesso percorso”, dice Starace.
Ma a Palazzo Chigi non dispiace avere un’alternativa pronta a Claudio Descalzi, l’attuale ad che è ancora indagato per corruzione internazionale in un’inchiesta che potrebbe avere presto sviluppi. Poi c’è un mondo che ruota intorno al mediatore d’affari Luigi Bisignani che era abituato a contare parecchio in Eni ai tempi di Scaroni. Appoggiare la scalata di Starace è un buon modo per provare a tornare in prima fila.
Nel famoso incontro alla Luiss dove ha spiegato come si gestisce il cambiamento in una grande azienda – usare “un manipolo di cambiatori” per distruggere “fisicamente i centri di potere che resistono” – Starace ha anche rivelato di non essere mai stato uno studente eccezionale, ma ha sempre ottenuto buoni voti perché era bravo nel capire “qual era la parte della materia che il professore voleva che noi sapessimo”. Talento che torna utile anche ora: Renzi voleva idee nuove nella banda larga, Starace ne ha offerta una formidabile. Usare la posa dei nuovi contatori digitale dell’Enel per portare anche la fibra nelle case, “c’è sicuramente una forte sinergia tra la posa della fibra e la sostituzione dei contatori con quelli intelligenti di seconda generazione”, assicurava Starace a marzo.
Mentre Telecom Italia si impantanava tra la cacciata dell’ad Marco Patuano, la stretta dei francesi di Vivendi sull’azionariato e rapporti ondivaghi con l’esecutivo, Starace lanciava Enel Open Fiber, affidata a Tommaso Pompei, anche lui considerato prossimo all’area di potere che si muove attorno a Bisignani. L’Enel vuole competere sia nelle aree ricche del Paese, dove conta di allacciare la fibra e poi offrire l’infrastruttura agli operatori che vendono servizi web, sia in quelle dove il mercato non c’è e quindi il conto della costruzione lo paga lo Stato, attraverso bandi pubblici. Visto che al momento Opern Fiber non ha neppure un centimetro di fibra, sta provando a comprarsi per 814 milioni Metroweb, società controllata al 46,2 per cento dalla Cassa depositi e prestiti, a sua volta in mano al Tesoro. Operazione che sembra spiegarsi più con la logica del fare quello che il professore si aspetta dallo studente diligente (Enel risolve un problema di Cdp) che con basi di razionalità finanziaria.
A parte il caso di Gagnaveita Reykjavíkur, la società che vuole portare la fibra a tutti gli islandesi entro il 2018, non si registrano esempi di successo nel mondo che possano rassicurare gli azionisti di Enel. Mischiare energia e infrastrutture (come sono i cavi della fibra Ftth, cioè fino alle case) è rischioso: sono entrambi business regolati, dove i margini di profitto dipendono in gran parte da regole fissate proprio per evitare che una singola azienda possa controllare troppo il mercato.
La prova è arrivata giovedì scorso: l’Autorità dell’energia ha espresso la sua linea su Enel e banda larga, chiarendo che “intende prevedere forme di condivisione dei benefici derivanti da sinergie con altri servizi con i clienti del servizio elettrico, mantenendo un incentivo per l’impresa distributrice a utilizzare l’infrastruttura anche per servizi diversi da quello elettrico, condividendone comunque i vantaggi con l’utente elettrico”.
Tradotto: Enel non può pensare di lucrare sul suo doppio ruolo, fornitore di contatori digitali e costruttore di fibra, se ci sono dei risparmi devono beneficiarne anche i consumatori di energia che attraverso la bolletta remunerano gli investimenti di Enel sulla distribuzione (con ricavi di 152 euro a utente, secondo i calcoli di Enel a fine 2015 a fronte di una media europea che, pur a fronte di situazioni non omogenee, stimano a 250).
Da bambino, massimo ogni due anni, la famiglia di Starace si trasferiva per il lavoro del papà, ufficiale di Marina: “Arrivavo in una classe, ero sempre quello nuovo, avevo una visione rilassata della simpatia o antipatia delle persone, tanto sapevo che sarebbe durato poco”. Chi conosce bene il manager spiega che non ha mai cambiato approccio: arriva, smonta, rilancia e quando arriva il momento dei bilanci è già altrove.
Starace ha scalato l’Enel con la sua creatura, Enel Green Power: quotata in Borsa nel 2009, è stata riassorbita nella capogruppo nel 2015. Partita a 1,60 euro per azione è arrivata al massimo a 1,92, gli utili erano in calo (da 359 milioni a 166), i debiti a quasi 7 miliardi. Ma Starace ad di Enel ha riportato il Green dentro il gruppo prima che si manifestasse il declino.
“Uno dei cambiamenti che stiamo cercando di portare avanti è la consapevolezza che a volte sbagliamo. Credo che sia importante ammetterlo e imparare dai nostri errori, capaci di andare avanti in maniera più consapevole”, ha scritto ieri ai dipendenti dell’Enel, scusandosi per le frasi pronunciate alla Luiss.