la Repubblica, 1 giugno 2016
Di Maio parla di sesso
Negli odierni processi di selezione della classe dirigente, l’intervista ad alto tasso di intimità accompagnata dal servizio fotografico di posato narcisismo è da considerarsi, più che una scelta, un dovere e una necessità.
Finora si poteva pensare il MoVimento 5 stelle fosse o almeno si volesse mantenere lontano dalla trafila, ma le cospicue anticipazioni diffuse ieri da Vanity Fair dicono che Luigi Di Maio è finalmente candidato alla presidenza del Consiglio. Per la verità, le parole e ancor più le immagini lo collocano più precisamente sulla scia e nel ruolo dell’anti-Renzi, leader uguale e contrario, e non solo per via dell’uniforme camicia bianca (pure con maniche arrotolate).
L’attuale premier apparve come una profezia su queste stesse pagine nel novembre del 2013, immortalato dal fotografo-artista danese Marc Hom, specialista in moda e pubblicità. A Di Maio è toccato il glamour più mediterraneo di Ilaria Magliocchetti Lombi, che ritrae con crescente successo cantanti di tendenza, attori di grido, super pianisti cinesi e scrittori fichissimi.
Così il giovane esponente M5S, che compirà trent’anni a luglio e li festeggerà con un party in una chiatta sul Tevere e “il dj giusto”, sorride soddisfatto e orgoglioso dalla sua Mini d’epoca, col braccetto sul finestrino, e poi in poltrona di pelle marrone e in piedi davanti a un muro, sebbene qui un po’ a disagio.
Quanto ai contenuti, per quel che alle esigenze politiche è consentito di esprimere, segnano il superamento e la dissoluzione dell’anomalia grillina. In altri termini, tutto è detto per piacere, e rassicurare, e indicare al vasto pubblico che si tiene lontano dai meet-up la ricorrente figura del Bravo Ragazzo. Questo non vuol dire che Di Maio non lo sia, tanto meno che sia cattivo. Ma l’impressione è quella abbastanza stucchevole della recita a soggetto.
Il padre severo e di destra con cui si è riconciliato. Il romanzo di formazione liceale («Ovunque andassi sentivo il bisogno di far funzionare le cose, di migliorarle») e la promessa, anch’essa piuttosto gettonata, di non fare più di due legislature. I limiti calcistici, gli hobby, i progetti per il futuro, la fede in Dio («Sa, io sono credente, non super praticante, ma la presenza di Dio la sento molto»). E fin qui si resta nell’ordinaria amministrazione della Seconda Repubblica. A costo di risultare sgradevoli e pettegoli, sia pure in un tempo non troppo denso di idee e progetti, il contributo su cui maggiormente si concentrerà l’attenzione riguarda quella che un tempo ormai lontano si definiva «sfera» o «vita privata».
Qui Di Maio sembra allinearsi al generale flusso turbo-confidenziale, per non dire alla corrente impudicizia, figlia dei talk-show. Passi per il racconto del «primo bacio», ma considerato che la donna, Silvia Virgulti, è una delle coach televisive del MoVimento, che oltre che intelligente è anche definita «appariscente», e ha diversi anni più di lui, beh, il messaggio sull’importanza del sesso nelle relazioni interpersonali – non proprio una rivelazione assoluta non solo si raddoppia, ma al tempo stesso rivendica una sua necessità di costruire un personaggio.
Lui certamente lo è, ma pare di capire che i mezzi sono quelli stessi di tutti gli altri. Anche in fondo a quella via lievemente impervia, d’altra parte, si intravede la voglia di fare figli, e metter su famiglia, come è giusto, anche se francamente non è che sia così importante ai fini delle tante difficoltà del momento e in generale degli orizzonti collettivi.
Ma questa è oggi la politica, e se il Mulino Bianco ha esteso le sue propaggini su una comunità cresciuta a colpi grida e di vaffa, beh, è difficile capire se sia un progresso o un ripiegamento, o chissà che altro. Intanto l’icona Di Maio si prepara davanti ai taccuini e alla macchina fotografica.