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 2016  giugno 01 Mercoledì calendario

Tutte quelle ore di ansia e di trucco per non dire niente di che. Il confronto dei cinque su Sky

L’ultima telefonata con Beppe Grillo, prima di andare al trucco.
Sarai sola contro tutti, Virginia.
Ti accerchieranno.
Ti provocheranno.
Ti attaccheranno.
Mantieni la calma.
Ripeti le cose che hai imparato (l’hanno allenata due giorni di seguito a rispondere: su tutto, a tutto; simulate feroci aggressioni dialettiche, affettuoso e pieno di consigli Rocco Casalino, ex strepitoso protagonista del Grande Fratello e ora uno dei responsabili comunicazione del Movimento 5 Stelle).
Virginia Raggi muta, le labbra sottili strette e gli occhi spalancati davanti allo specchio. Le luci bianche accentuano il suo pallore. La truccatrice ci prova con il fard. Serve più fard. E piano con il rimmel. Ha già uno sguardo bellissimo, così glielo scavate e sembra che abbia anche più paura di affrontare questo suo primo confronto pubblico con gli altri candidati alla poltrona del Campidoglio (un tipo basso, tarchiato, ronza intorno alla candidata grillina: non si capisce se sia un ruvido portavoce o un piccolo gorilla di scorta).
Passa l’economista Stefano Fassina, un comunista chicchissimo (cravatta bordeaux su abito blu), calmissimo, con le mani in tasca. «Oh, da che parte è lo studio?».
Lo studio è magnifico. Modernità ed efficienza. Sarah Varetto, capo supremo delle all-news di Sky Tg 24, osserva in silenzio; quando impartisce un ordine, la sua voce è un soffio delicato e definitivo.
Alfio Marchini entra salutando un paio di giornaliste: alto, muscoloso, abbronzato, con il sorriso largo che conoscete, perfettamente pettinato, anche stasera ha preferito non arrivare a bordo della sua scintillante Ferrari (di solito, la parcheggia in un autogrill sul Grande raccordo anulare e scende in città con una macchina da piccolo borghese: dice che lo fa per non ostentare, così gli hanno insegnato da bambino).
Le truccatrici hanno fatto un bel lavoro e la Raggi ha intanto preso un colorito accettabile. Giorgia Meloni le sorride ironica e furba, ma lei si volta, fingendo di essere chiamata da qualcuno. Rilegge gli appunti. Roberto Giachetti, il candidato del Pd (unico senza cravatta): «Ragazzi, non è che qui cominciamo in ritardo?». Giorgia Meloni si siede sullo sgabello con un sospiro. La Raggi tiene le gambe immobili.
Sigla.
Conduce il giornalista Gianluca Semprini.
Primo giro di domande sui grandi problemi di Roma: buche, debito dell’amministrazione, sicurezza. Rispondono a turno così come deciso dal sorteggio. Sensazioni: Meloni, grande tensione. Giachetti, grande tensione. Fassina: forse il più convincente, ma penalizzato dalla tonalità della voce. Marchini: emozione pura. Raggi: attenta, concentrata a non sbagliare.
Il confronto continua serrato. Altre sensazioni: ciascun candidato pensa a se stesso, a ciò che dice, a come lo dice; la Meloni, lentamente, si scioglie, e un paio di volte si accarezza dolcemente la pancia di mamma in attesa (mossa studiata o casuale?). Marchini acquista sicurezza. Giachetti, quando si entra nel dettaglio dei problemi, sfoggia la tranquillità di chi in Campidoglio ha già lavorato. Però la prima ad uscire dalla tana è la Raggi, che prova a rifilare una zampata alla Meloni. «Lei che si vergogna del suo passato di fascista...». Risata della Meloni con dentro anni di tivù, di talk-show, di politica vera.
Dopo cinquanta minuti, la trasmissione decolla.
È il conduttore che mette la Raggi nell’angolo: perché non ha detto subito di aver lavorato nello studio di Cesare Previti? E perché ha poi dimenticato di dirci che è stata presidente di una società, operante nel settore del recupero crediti, vicina a Gianni Alemanno?
La Raggi deglutisce.
Due domande scontate: ma non si aspettava che a porle fosse proprio Semprini.
Comunque risponde subito, ripete a memoria la sua spiegazione (traballante, in un partito che ha fatto della trasparenza e della lealtà una religione), sbaglia un verbo, la frase non le viene tonda, si capisce che è in difficoltà.
Ghigno della Meloni.
Sorrisetto di Giachetti.
Semprini dice che siamo arrivati agli appelli finali.
Ecco, ora chissà cosa diranno. Chissà quali promesse, quali solenni giuramenti. E invece no. Sinceramente, tutti e cinque, niente di che.