Corriere della Sera, 30 maggio 2016
Prima Cuba poi il Vietnam, ma cosa vuole fare Obama?
Il presidente Barack Obama, sta cercando di eliminare dei tabù che hanno bloccato gli Usa per decenni. La visita a Cuba e quella di questi giorni in Vietnam sono state molto apprezzate sia localmente che dalla stampa internazionale. Ciò contrasta con la situazione Russia-Ucraina, lasciata marcire, senza una possibilità di sbocco, malgrado i risentimenti di parecchi Paesi, fra cui il nostro. Intravede una strategia in questo comportamento? Cosa si sta aspettando?
Valentina Micillo
Cara Signora,
Non metterei nello stesso paniere la visita a Cuba e quella degli scorsi giorni a Hanoi. Con il viaggio all’Avana Barack Obama ha definitivamente chiuso un vecchio capitolo della Guerra fredda, ormai privo di qualsiasi interesse politico e strategico. Vi fu effettivamente un momento in cui Cuba sembrò rappresentare un modello rivoluzionario per molte sinistre latino-americane, se non addirittura una centrale operativa per il comunismo del terzo mondo. Ma quella fase storica si è ormai completamente esaurita e gli unici fautori dell’embargo, negli Stati Uniti, erano ormai i nostalgici della Guerra fredda.
La riconciliazione con il Vietnam, invece, risponde a una linea politica che non è priva di risvolti militari. Washington assiste con qualche preoccupazione alla crescita della potenza cinese. Sa che il Paese è ormai indispensabile alla economia mondiale, ma constata che la sua politica in Asia, negli ultimi anni, è diventata sempre più nazionalista e aggressiva. La Cina ha messo gli occhi su tutti gli arcipelaghi che costeggiano il continente e ne rivendica la proprietà in nome del suo lontano passato imperiale. Questi isolotti sono quasi sempre disabitati, ma emergono spesso da fondali ricchi di petrolio e hanno un valore strategico. Il contenzioso più serio è quello con Tokyo per isole che i giapponesi chiamano Senkau e i cinesi Diaoyu; ma esistono anche le isole Spratly, nel Mare Cinese Meridionale, che la Cina contende al Vietnam e alle Filippine.
In questa ingarbugliata situazione non è difficile comprendere perché i nemici della Cina possano essere amici degli Stati Uniti. Durante il viaggio di Obama a Hanoi non vi sono stati soltanto brindisi alla ritrovata amicizia fra due Paesi che si sono duramente combattuti. Il piatto forte delle conversazioni è stato la revoca dell’embargo che gli Stati Uniti avevano lungamente applicato alle forniture di materiale bellico per il Vietnam. Sembra che i vietnamiti abbiano già preparato una lista degli acquisti che ammonterebbe a 17 miliardi di dollari.
Come vede, cara Signora, fra le due visite di Obama, esiste una importante differenza. La prima chiude una fase conflittuale, la seconda apre una fase in cui il Vietnam, dopo essere stato il più combattivo dei nemici degli Stati Uniti in Asia, potrebbe diventare, insieme al Giappone, il loro principale alleato.