La Stampa, 30 maggio 2016
Intanto a Teheran il nuovo presidente del Parlamento è un conservatore. Un’altra sconfitta per i moderati
Il parlamento iraniano ha rieletto ieri come speaker provvisorio Ali Larijani in quella che appare una nuova sconfitta dei moderati dopo l’elezione dell’ayatollah ultraconservatore Jannati alla guida dell’Assemblea degli Esperti, l’organo che elegge la Guida Suprema.
Il voto definitivo per il presidente del Parlamento si terrà tra qualche giorno, dopo l’approvazione delle credenziali dei deputati, ma la notizia che Aref ha deciso di non partecipare rende il risultato scontato. Ali Larijani, 59 anni tra pochi giorni, figlio di un noto ayatollah fa parte di una famiglia molto influente che occupa posti di rilievo nella Repubblica islamica. Conservatore pragmatico, già speaker uscente, è stato segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, l’istituzione che sotto gli occhi vigili della Guida Suprema Ali Khamenei decide la politica nucleare del paese.
La vittoria di Larijani arriva pochi giorni dopo la presentazione della sua coalizione parlamentare che ha avuto il sostegno del generale dei pasdaran Qasem Soleimani, capo dell’unità Quds per le azioni all’estero, uno degli uomini più popolari in Iran.
Nel nuovo Majles che conta 290 seggi, Larijani ha vinto con una maggioranza di 173 voti. Il leader riformista Mohammad Reza Aref, considerato il vincitore delle recenti elezioni, ha ottenuto soltanto 103 voti. Quando durante l’ultima campagna elettorale La Stampa aveva chiesto ad Aref se in caso di vittoria sarebbe divenuto presidente del Parlamento, lui rispose con un certo ottimismo negli occhi: «Dipende, se avremo la maggioranza». Ieri, nonostante la maggioranza relativa, non ce l’ha fatta.
Quando si parla di politica iraniana è tuttavia prudente diffidare delle interpretazioni troppo nette: la valutazione di sconfitti e vincitori spesso non tiene conto degli accordi sottobanco tra i vari poteri dello Stato e le forze politiche. In questo voto sullo speaker si è visto quanto possano contare gli indipendenti (una settantina), addirittura come alcune schede siano passate dallo schieramento moderato a quello conservatore. Aref, pur sconfitto, si è fatto un’idea realistica sulla sua base di potere. È possibile che Rohani invece non sia insoddisfatto del voto. I buoni rapporti con un conservatore come Larijani potrebbero essere importanti per varare un governo che sia incisivo. Cosa di cui il presidente ha assolutamente bisogno per ottenere quei risultati economici che la gente comincia a essere stufa di aspettare. Senza contare che il prossimo anno ci saranno le elezioni presidenziali e un sondaggio ha appena dato il 30 per cento dei voti al «vecchio», impresentabile Ahmadinejad.
Soltanto sabato Hassan Rohani aveva lodato Larijani per avere sostenuto l’accordo nucleare, chiedendo una maggiore interazione tra il governo e il Parlamento «per risolvere i problemi e le crisi del Paese».
In un messaggio per l’apertura del Parlamento, la Guida Suprema Khamenei ha messo in guardia i deputati: «Lo stato turbolento della regione e del mondo e l’avventurismo internazionale degli oppressori e dei loro vassalli mettono l’Iran islamico di fronte a scenari sempre più complicati».