la Repubblica, 28 maggio 2016
Quando parti e lasci il cane a qualcuno
«Accarezza il primo cane che passa per strada: quello sono io». Lo scrive Anna Maria Ortese, e chi ha un cane lo sa. Specie quando parti. Se hai un cane e lo lasci a qualcuno, anche solo per qualche giorno, per strada non fai altro che vedere cani. E hai la sensazione che tutti quei cani ti guardino, e facciano parte di una milizia composta da tutti i cani del mondo, che ti tiene d’occhio.
Che possano comunicare tra loro e riferire al tuo che te la stai cavando abbastanza bene, nonostante lui sia lontano. E allora ogni volta ti fermi, e li accarezzi. E ci parli con quella vocetta che usi col tuo. Il padrone di quel cane sa cosa ti sta accadendo, ed è indulgente. Se parti e lasci a casa il tuo gatto, lui ti appare in sogno. O di colpo in un pensiero, o la mattina quando apri gli occhi. Perde il suo corpo, torna a essere quello che vorrebbe davvero essere: una metafora. Il gatto, quando non sei a casa, scompare.
Proprio come quello di Alice. Si smaterializza e rimaterializza al tuo ritorno, con la solita imperturbabile eleganza, come se il tempo che avete trascorso separati non fosse esistito. Il cane, quando torni a casa, ti lecca, ti sbava, ti salta addosso, ride, piange, si butta per terra. Fa un’enorme quantità di cose perché vuole essere sicuro che tu capisca quanto è felice e che, sì, lo sa quanto ti è mancato.