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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

Boschi, De Angelis, De Siervo: per i renziani Publiacqua è una seconda casa

Per tutti è la spa dell’acqua. La società che da un quindicennio ha mandato in pensione il vecchio sistema degli acquedotti municipali, l’acqua del sindaco di 50 Comuni della Toscana centrale. Ma per i renziani Publiacqua è qualcosa di più, perché per loro in quegli uffici tira aria di casa.
È qui che il ministro Maria Elena Boschi fece il suo debutto nel 2009: il deputato e tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, allora capogruppo a Palazzo Vecchio, presentò al neo eletto sindaco Matteo Renzi una giovane collega avvocato esperta di diritto societario il sindaco la nominò nel cda della società. Che come presidente poi aveva Erasmo D’Angelis, poi direttore dell’Unità.
Di acqua da allora ne è passata. L’aria di casa no: l’attuale presidente della spa da 29,5 milioni di euro di utili (così nel 2015) è Filippo Vannoni, marito di Lucia De Siervo, renziana della prima ora e attuale dirigente dello sviluppo economico di Palazzo Vecchio, figlia di quell’ex presidente della Consulta Ugo che oggi non fa mistero di dubbi e perplessità sulla riforma costituzionale.
D’altra parte sono i Comuni, cioè la politica, a detenere il controllo del 60% di Publiacqua fin dalla sua nascita, nel 2002. E con Acea, che controlla attraverso una propria società il restante 40, i rapporti sono sempre stati molto formali. I movimenti toscani per l’acqua pubblica ne chiedono da tempo la defenestrazione. Acea è però un partner privato anomalo, visto che il 51% delle sue azioni fa capo al Comune di Roma. E tra lo stesso presidente Vannoni e l’amministratore delegato Alessandro Carfì, espressione di Acea, non si è mai andati oltre una cordiale stretta di mano: stessa spa, diversi mondi cui rendere conto, visto che Carfì è sposato con Alessandra Cattoi, assessore alla scuola nella giunta di Ignazio Marino. Così che quando il sindaco di Firenze ha chiesto le dimissioni dell’ad di Publiacqua, Vannoni non ha speso una parola in difesa del suo amministratore: si è barcamenato come ha potuto tra le ragioni di Publiacqua e quelle renziano doc.
«Errore umano», è stata la sentenza del successore di Renzi a Palazzo Vecchio. Perché, a suo parere, la spa non avrebbe valutato attentamente il rischio di un aumento eccessivo della pressione nella tubazione, che poi ha svuotato il sottosuolo provocando il collasso del lungarno a due passi dal Ponte Vecchio. Sufficiente, per Nardella, a chiedere la testa di Carfì. Che però ieri, davanti al Cda di Publiacqua, ha puntato i piedi. E poche ore dopo non si è trattenuto: «Non credo che il sindaco abbia dichiarato che c’è stato un errore umano anche perché noi siamo in grado di dimostrare che gli interventi sono stati fatti con regolarità, con puntualità, con capacità tecnica». Smentita e tono di sfida insomma. Mentre il presidente Vannoni trascorreva la giornata sull’orlo della voragine, attaccato al sindaco.
Il bello è che ci si è messo pure l’ex sindaco di Roma a peggiorare le cose, difendendo Carfì con un attacco a Nardella: «È evidente che non è stata fatta manutenzione e in situazioni del genere la responsabilità è del sindaco. Del sindaco Nardella o del sindaco Renzi», dice Marino a proposito della voragine nel centro Unesco di Firenze. È la foto di un conflitto destinato a creare una nuova voragine. Stavolta dentro Publiacqua.