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 2016  maggio 27 Venerdì calendario

«Mai vele più/ che rosse e zale/ nel golfo blu/ pareva farfale». Due mostre su Enrico Della Torre, stenografo della natura

Ritmico andante, scie, viaggio insidioso, vele-farfalle («Mai vele più/ che rosse e zale/ nel golfo blu/ pareva farfale»): versi di Biagio Marin e incisioni di Enrico Della Torre. La cartella d’arte esce nel 2003, a cura del Centro studi Marin (il poeta di Grado era morto nel 1985). L’artista lombardo aveva scelto sette poesie dai Canti de l’isola cui si era ispirato per altrettante acqueforti, riproposte adesso, assieme a una quarantina di collage, a Comabbio (Sala Lucio Fontana, sino al 6 giugno). Altri 70 lavori – oli, pastelli e grafica 1970-2015 – sono esposti a Milano (Galleria Marini, sino al 2 luglio). Un omaggio per gli 85 anni del pittore (Pizzighettone, Cremona, 1931).
Nel 1967 Lucio Fontana lascia Milano per andare a vivere a Comabbio, in provincia di Varese, dove è solito trascorrere lunghi periodi. Purtroppo muore l’anno dopo (viene seppellito nel piccolo cimitero locale). Nel 2015 il Comune gli intitola la «Sala mostre e convegni» dell’edificio che una volta ospitava la Cooperativa di consumo. Quale migliore occasione per avvicinare due artisti-poeti che, secondo Flaminio Gualdoni, tendono all’essenzialità dell’immagine?
Figure-paesaggi, castelli frequentati dal vento, nature morte, gazze (non quella ladra, di Gioacchino Rossini), sorgenti, suoni ( Omaggio a Fontana ), necropoli, albe, elfi, funamboli, a Comabbio (catalogo Vangelista con testi di Luigi Cavallo, Gillo Dorfles e Edda Serra); prati, paesaggi verde-viola, montagne come barche, prime nevi, alberi in fiore, marine, figure femminili con pesci e tante primavere, a Milano (catalogo Marini, a cura di Francesco Tedeschi).
Il risultato? Una panoramica su quasi mezzo secolo di lavoro di questo «stenografo della natura», capace di dare corpo e anima a sensazioni e scoperte che, in buona parte, gli derivano dalle letture (in proposito, qualcuno aveva ricordato Hölderlin e il Calvino delle Cosmicomiche), cui si può tranquillamente aggiungere il Puskin delle Fiabe in versi.
Figurativo? Astratto? Un po’ l’uno e un po’ l’altro. Non c’è mai stata in Della Torre una separazione netta fra i due generi; piuttosto elementi comuni. Si tenga presente il suo apprendistato: studi milanesi all’Accademia di Brera con Pompeo Borra e Achille Funi per la pittura e con Benvenuto Disertori per l’incisione. S’è già detto: il suo esordio scandisce le periferie di Milano, volti di ragazzi con grandi fiocchi in testa, fiori di campo, donne al caffè, cattedrali, capanne e barche sull’Adda, roseti, figure nel bosco che si fondono con l’erba alta, rami sull’acqua. Poi, man mano le silhouette si assottigliano, sino a scomparire.
Fiumi, pioppeti, tramonti, colline sostituiscono i personaggi d’un tempo. L’acqua scorre fra i canneti, lambisce i fusti degli alberi, si allarga a raggio quando il vento è forte e si torce mentre i rivoli-tratti si intersecano. Un po’ come avviene in Ennio Morlotti. Il segno diventa sempre più libero (fattura e titoli), anche quando Della Torre parla di necropoli, fantasmi, tunnel, rettili, viandanti, visioni notturne, sogni, brevi estati assolate. Ogni tanto l’artista occhieggia la vita occulta e il bianco-nero comincia a mischiarsi con i colori e con una luna piena che rimanda a Paul Klee (l’amato Klee del viaggio giovanile a Parigi, dove ne studia la tecnica, ne scandaglia il lirismo, ne aspira il profumo), Hartung e Klein.
Comunque, è il naturalismo il binario su cui si muove Della Torre. Nel momento in cui decide di lasciare l’Informale per la geometria («Quando mi accorsi che diventava accademico lo abbandonai e mi misi alla ricerca di una nuova sintassi»), la natura lo segue come una donna fedele e innamorata.
L’artista lombardo è nato là dove l’Adda si congiunge con il Po. E proprio i due fiumi paiono suggerirgli ritmi, immagini, passaggi segreti. Dualismo fra astratto e figurativo? «Soltanto generico», aveva scritto Guido Ballo, nel lontano 1958. Precisando: «Tutte le vie possono essere buone per un artista, purché coincidano con le più profonde esigenze della sua voce (…). In Della Torre il segno è diventato sempre più limpido, con risonanze chiaramente liriche: di un lirismo intimo. Morandi, Villon e Klee gli hanno offerto stimoli culturali e linguistici, per una purezza sempre più scarnita». Poi, quando l’artista si immerge nella natura, scopre che esistono due livelli: uno, in superficie; l’altro, sotterraneo. La passione viene sopraffatta dalla razionalità ed egli riesce a cogliere le pause piuttosto che il rumore dello sciabordio dell’acqua.