la Repubblica, 26 maggio 2016
Perché sono quarant’anni che un tennista italiano non vince uno slam? Indagine
Dove sia la vittoria, l’Italia del tennis non lo sa, non lo sa da quarant’anni. 1976, Panatta vince nello stesso anno Roma, Parigi e la Davis. Nell’anno del Signore 2016 di ragazzi italiani sul rosso del Roland Garros non c’è già più nulla dopo tre giorni di partite. Se un tempo l’obiettivo negli Slam era arrivare alla seconda settimana, per gli italiani, gli uomini soprattutto, l’obiettivo è rapidamente diventato vincere almeno una partita.
Il disastro è totale, con tratti di profondità mai avvertiti in un quarantennio comunque senza una soddisfazione che, almeno restando agli uomini, fosse una. Zero Slam e anche zero semifinali nei quatto Majors, zero vittorie nei Master 1000 (istituiti nel 1990), zero Davis (con una sola finale, persa nel 1998 dalla Svezia). Zero, e mille anni zero, mentre i tornei maggiori li vincevano anche cileni, brasiliani, ecuadoregni, austriaci, sudafricani, olandesi, per non dire di svizzeri, russi e serbi. Nonostante, almeno negli ultimi anni, la Federtennis italiana abbia iniziato a stampare tessere come fossero francobolli. Il trend è impressionante: dal 2001, l’anno col più basso numero di tesserati dell’ultimo ventennio italiano (129.797), si è passati agli attuali 329.897 (223.468 dei quali sono atleti), record di tutti i tempi, un numero inferiore solo a quelli di Figc (1.400.000), Federvolley (451.936), Federbasket (364.206). Le tre federazioni prese in esame, almeno negli ultimi vent’anni, hanno vinto e rivinto: un Mondiale di calcio (uomini 2006), tre di volley (uomini 1998 e 2002), un argento olimpico nel basket maschile nel 2006, più l’esportazione di sei giocatori in Nba.
Nel tennis non solo non è nato un nuovo Panatta, ma nemmeno un nuovo Barazzutti. Il miglior ranking degli ultimi quarant’anni di tennis azzurro è stato il 13° posto agganciato da Fabio Fognini nel 2014. Nonostante, anche, l’enorme numero di tornei organizzati dalla Fit, 8.427, quattro volte più i 2.600 circa del 2001, l’anno di inizio dell’attuale gestione, indicata da una orgogliosa linea verticale tirata nei grafici forniti dalla Fit.
Perché l’Italia della racchetta maschile non riesce a produrre talenti? Una spiegazione prova a darla l’attuale allenatore di Milos Raonic, Riccardo Piatti: «A livello federale c’è un errore di fondo. Nonostante l’ottima situazione economica attuale, visti anche i numeri degli Internazionali di Roma, un torneo da 50 milioni di ricavi globali, si seguita a propugnare un’idea vecchia di tennis. Si continua a pretendere risultati, risultati e solo risultati dai giocatori, anche in categorie giovanili, anche dagli under 12. Vanno avanti solo i giocatori che vincono i tornei, gli altri vengono immediatamente bocciati. È una selezione innaturale che non tiene presenti le possibilità di evoluzione, anche fisica, che possono avere i ragazzini. Non c’è un’idea “canterana” alla base».
Una cantera, questo la Fit, secondo Piatti, dovrebbe creare. «Servirebbero scout seri e tecnici molto preparati dal punto di vista della crescita fisica dei giocatori. Il tennis sta diventando uno sport con una base fisica notevolissima, sulla quale deve installarsi la tecnica. Ma senza la prima, la seconda non serve a nulla. Una volta, ai tempi di Panatta era diverso. Piacerà poco, ma il tennis è così. Sapete quanti tornei vinceva Raonic da ragazzino? Zero. In Canada avrebbe dovuto mettersi a fare un altro lavoro».
Pochi risultati ha prodotto l’attuale modello messo in piedi dalla Fit, quello della delocalizzazione dell’attività, con la nascita di quattordici centri federali su base regionale, tra i quali spicca Tirrenia, il centro tecnico nazionale, una sorta di Coverciano del tennis. Da lì però non sono usciti fenomeni, nonostante l’impiego di uno dei migliori tecnici a livello mondiale, l’argentino Eduardo Infantino, antico scopritore di Camporese e Pescosolido, che nel 2011, disse: «Ho stilato una lista di ragazzi da tenere d’occhio, tra due, tre anni vedrete i risultati». Ne sono passati cinque.
Nel settembre 2012 l’Italia vinceva la sua prima e unica finora Coppa Davis juniores. A Barcellona Quinzi e Baldi battevano 2-1 l’Australia di Kokkinakis. Quinzi avrebbe anche vinto la versione juniores di Wimbledon. Dove sono, oggi, Quinzi e Baldi? Il primo, a vent’anni, l’età in cui Nadal aveva già vinto due volte sul rosso di Parigi, è attualmente il numero 436 Atp. Baldi, anche lui classe 1996, è addirittura numero 726, praticamente costretto a fare le qualificazioni anche nei Futures. Una generazione bruciata.