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 2016  maggio 26 Giovedì calendario

Le avventure antropologiche e sentimentali di Margaret Mead

Tutto era andato bene fino a quella maledetta griglia. Un gioco emotivamente pericoloso ma l’avrebbero scoperto troppo tardi. La prima volta dentro lo schema disegnato sul foglio erano i popoli della Nuova Guinea, quelli che l’instancabile Nell Stone, suo marito Fen e l’affascinante collega Bankson stavano esplorando lungo il fiume Sepik. Al Nord avevano trovato posto le tribù più competitive e determinate, al Sud gli arrendevoli, capaci di compassione. All’Est i creativi mossi da spirito artistico e a Ovest le popolazioni inclini al pragmatismo, o è bianco o è nero, nessuna sfumatura di grigio.E la classificazione era andata avanti senza intoppi perché i tre antropologi erano d’accordo su tutto ciò che riguardava le comunità indigene. Finché non ebbero l’idea di estendere la griglia alle persone – a se stessi, agli amici e ai conoscenti – e qui il gioco prese una brutta piega perché è come render visibili i legami segreti, le affinità elettive che sarebbe meglio nascondere, poi è più difficile dissimulare i sentimenti che fanno male, quelli inconfessabili per gelosia o per eccesso d’amore. E fu la griglia a innescare la combustione sentimentale che era già nell’aria tra Nell e l’intruso Bankson, mettendo fuori per sempre il coniuge malmostoso, l’eterno rompiscatole Fen.
La chimica è la chimica, diceva Umberto Eco a proposito dei film che stimolano le ghiandole lacrimali. Anche la vicenda d’amore costruita da Lily King tiene conto di meccanismi tradizionali che governano questo genere di storie, specie quando si tratta di un triangolo. Ma a fare la differenza – nel bel romanzo della scrittrice americana – è che i protagonisti sono tre intellettuali realmente esistiti, la pasionaria dell’antropologia americana Margaret Mead, il marito neozelandese Reo Fortune e il loro collega britannico Gregory Bateson, futuro compagno di lei. E davvero si ritrovarono a vivere giornate sentimentalmente complicate durante una comune avventura nel 1932 lungo il fiume Sepik. Poi la letteratura fa il suo mestiere, reinventando come le pare la storia e i destini dei personaggi. Ma la traccia suggerita dalla realtà è troppo potente per essere ignorata. E così la storia d’amore non può non coincidere con una storia di scoperta intellettuale, e la tensione erotica cresce con la progressione della conoscenza, sia dei protagonisti rivolti al mondo, sia dei personaggi rivolti a se stessi. Un doppio registro segnalato fin dal titolo, Euforia, «la più breve e la più pura delle illusioni», spiega Nell-Margaret Mead, «quando dopo otto settimane in un nuovo villaggio credi di aver capito tutto, e quindi di essere padrone del mondo. Per poi scoprire un momento dopo che non capirai mai niente fino in fondo». Vale per le civiltà, ma anche per le persone. Una carica intermittente di entusiasmo perfetto che è anche il perno della relazione sentimentale. Quando si spegne, cessa anche l’amore.
Se si volesse trovare l’oggetto simbolico di questo erotismo intellettuale non bisogna attardarsi nella foresta lussureggiante, tra stregoni incantesimi maledizioni tribali alberi del kapok e guizzanti corpi imbellettati che pure la King ricostruisce alla perfezione. Ma occorre cercare la macchina da scrivere di Nell, una raffica potente di tasti che restituisce la sua polifonica sinfonia mentale: colonna sonora dell’intera storia che provoca nel marito Fen un insopprimibile disagio, paura, senso di inadeguatezza – «Lavori, eh Nell Stone? Tu scrivi sempre, hai tanto da scrivere, hai tanto da dire, chissà come è stancante essere sempre Nell Stone» – e al contrario diventa nutrimento necessario per Bankson, il quale solo alla fine del racconto, a poche pagine dal bacio rivelatore, la supplicherà: «Non smettere mai. Il rumore della tua macchina mi fa ragionare meglio».
Il romanzo si traduce in un coinvolgente omaggio a Margaret Mead, l’antropologa statunitense contestata per i suoi studi assai poco accademici sulla sessualità adolescenziale e anche perché modello di una femminilità ribelle. Le fotografie ne restituiscono un viso intenso su una figura minuta, ma non la carica vitale e la gioia trabocchevole che trafisse una lunga schiera di adoratori. Nata nel 1901 da una famiglia intellettuale, fece clamore con un saggio che riconduceva il disagio delle ragazzine newyorchesi a condizionamenti culturali repressivi, messe a confronto con le coetanee dell’isola di Samoa più serene perché sessualmente assai più libere. Anche il romanzo della King accenna alle polemiche suscitate dal suo Coming of age in Samoa ma soprattutto ne mostra la straordinaria spregiudicatezza intellettuale e personale, sia sul piano delle metodologie di studio sia sul piano delle relazioni sentimentali, intessute con uomini e donne con pari intensità. Perché le funzioni sono interscambiabili, «e quasi tutto è cultura, quasi nulla biologicamente innato e universale», come sostiene in un suo celebre saggio, Maschio e femmina, ora riproposto dal Saggiatore: tutto è determinato dall’ambiente in cui ci si forma, «il carattere, i comportamenti, perfino i desideri e dunque il genere». La differenza in amore è data dal pane o dal vino, le fa dire Lily King citando una poesia di Amy Lowell: il vino è emozione e sensualità, il pane è famigliarità e necessità. Il guaio per Nell-Margaret è che tutti i suoi amori – il marito Fen, l’amante Helen ossia la maestra Ruth Benedict, la nuova fiamma Bankson – sono per lei il vino. E lei per tutti il pane.
In realtà non sarebbe stato così per sempre. Quasi volesse rivendicare la propria autonomia artistica, il romanzo di Lily King si chiude con un epilogo tragico che niente ha a che vedere con la vera vita di Margaret, la quale due anni dopo l’avventura in Nuova Guinea si sarebbe sposata con Bankson-Bateson: quindici anni di felice sodalizio coniugale interrotto dall’amore del suo compagno per una donna più giovane. Lei ne fu come spezzata, incapace di recidere quel legame nato in condizioni di assoluta eccezionalità. E fino alla fine avrebbe tenuto accanto al letto la fotografia di Gregory, anche sul comodino della clinica dove nel 1978 morì di cancro.
In un emozionato libro di ricordi, la figlia Mary Catherine Bateson li ritrae sempre più solidali e intellettualmente intrecciati soprattutto nell’ultima stagione della vita, quella della comune malattia, quando Margaret si fa quasi un vanto del suo tumore al polmone: lo stesso male che avevano diagnosticato a Bateson, ulteriore traccia di una catena indissolubile. E insieme non smisero mai di tracciare sul foglio le loro griglie, geografie di popoli e sentimenti dove la storia era cominciata.