Il Messaggero, 26 maggio 2016
Virginia Raggi propone una nuova moneta fantasy per Roma
Virginia Raggi ha ieri confermato che, in caso di vittoria al Campidoglio, i 5 Stelle potrebbero proporre e sostenere l’adozione a Roma di una moneta complementare e un po’ fantasy. Il nome non c’è ancora: chiamiamola sesterzio, visto che non immaginiamo vogliano tornare a scudi e baiocchi papalini. Il modello potrebbe essere quello del Sardex, ha detto la Raggi: «La stiamo studiando», ha precisato. È ancora solo un’ipotesi, dunque. Un’ipotesi comunque più fantasiosa che realizzabile. Ma vediamo di spiegarla.
Non può essere certo una sostituzione dell’euro. Nessuna moneta alternativa può avere corso forzoso legale. Né può oscillare di valore attraverso un cambio di mercato rispetto alla nostra moneta legale, appunto l’euro. Quel che il Sardex e altri esperimenti simili possono essere e sono, invece, è adempiere su base volontaria, tra chi vi si associa, alla funzione di strumento di mutua regolazione dei pagamenti. Tali strumenti, piuttosto improbabili in una società complessa come la nostra, possono rappresentare al massimo una sorta di buono sconto o carta fedeltà.
I criteri però, perché tale prassi di credito non sfoci in truffe penali o in evasione fiscale, sono molto aleatori e dipendono dalla serietà dei gestori, che sono chiamati a sorvegliare attentamente su ciascuna transazione e sulla copertura del credito del prenditore.
In altre parole, stiamo parlando di una mera unità di conto che nasce dall’idea di circuiti territoriali molto ristretti e solidali, dai quali sia bandito il profitto legato all’interesse, che alla moneta e ai suoi flussi è costitutivamente connesso. Qualcosa che assomiglia molto all’idea di baratto: non c’è convenienza economica, il negoziante non guadagna, nessuno fa profitti. È la rinascita dell’idea antica per la quale l’interesse sia espressione diabolica: una nozione che abbiamo superato da molti secoli, ma che inevitabilmente qualcuno vuole far riaffiorare a ogni grande crisi. Non confondete però le monete complementari locali con le cripto-monete digitali, come il Bitcoin: queste sono espressione di una comunità iperselettiva di associati che, per entrare nel circuito, devono essere capaci di acquisire Bitcoin attraverso algoritmi complessi, e per ogni scambio sono via via algoritmi sempre più complessi e automaticamente validati a generare catene di fiducia digitale dal basso si chiamano blockchains al fine di evitare fregature tra gli associati. Ma i Bitcoin hanno un limite quantitativo alla loro espansione, hanno un valore oscillante rispetto alle monete a corso legale cioè sono concepite davvero come valute alternative e nascono apposta per disintermediare le banche centrali, e levare armi alle politiche monetarie che sempre più si sostituiscono a quelle economiche.
I Sardex o i nuovi sesterzi non sarebbero affatto raffinati strumenti digitali di chi combatte la necessità delle banche centrali. Potrebbero essere paragonati alla versione solidale dei vecchi miniassegni che imperversarono in Italia negli anni 70, quando nell’inflazione a doppia cifra la zecca non ce la faceva più a coniare tutti gli spiccioli necessari.Questa volta non sarebbe un affare nemmeno per le banche, che allora ci guadagnavano ogni volta che la carta dei miniassegni diventava straccia. E di certo non ci guadagnerebbero i romani costretti a commerciare e a fare acquisti come in un antico villaggio sardo.