L’Illustrazione Italiana, 23 gennaio 1916
Libri di guerra
Lettere dalla Germania
Una serie di lettere, mandate dalla Germania al Secolo di Milano, da Mario Mariani, i primi mesi della guerra, ricompare, accresciuta d’alcune pagine dettate dai recenti avvenimenti, tra i «Quaderni della guerra» dei Treves, col titolo: La Germania nelle sue condizioni militari ed economiche, dopo nove mesi di guerra. Il Mariani riesce assai bene dove si lascia a narrare e commentare con una sua vena spontanea e popolaresca, con i criteri della sua personale educazione democratica, pagana e carducciana, gli aspetti immediati e particolari della grande crisi germanica.
Ha avuto la possibilità di girare a Lindau, Romanshorn, Berlino, i giorni della mobilitazione e ha reso l’ansietà, il chiuso furore di quei giorni, in alcune pagine vivaci. Visita i grandi campi di concentrazione, dove sono sporcamente ammassati i prigionieri di San Quintino, di Tannemberg. Al ministero degli esteri, sotto gli occhi dei diplomatici e degli alti ufficiali prussiani, è costretto a sfogliare i voluminosi incartamenti con i quali lo Stato Maggiore tedesco s’illude di dimostrare la perfidia belga, e la necessità pei tedeschi di violare il regno di Re Alberto. Parla con ufficiali e soldati reduci dal fronte. Eccovi il sergente di artiglieria che attesta il valore inglese nella Fiandra; il giovanissimo sottotenente aristocratico, che ha avuto un braccio spezzato alla Marna, e si degna riconoscere che Joffre deve essere un uomo di talento; il massiccio popolano avvinazzato che, in una taverna infima, narra con dettagli di leggenda, una delle vittorie di Hindenburg ai Masuri.
Il libro, dicevamo, importa specialmente per questi colori. E anche dove l’assunto dimostrativo di tesi troppo giuste è ciò che assorbe completamente il Mariani, il suo frizzo schietto e l’aria sbarazzina portano più del ragionamento; o meglio completano e autenticano un ragionamento che sarebbe valido anche taciuto.
Il Golfo d’Italia
In un altro dei «Quaderni» citati: L’Adriatico golfo d’Italia L’italianità di Trieste, Attilio Tamaro, triestino, raduna, rielaborati largamente e in parte rifatti, articoli e studi nei quali contribuì a dare un fondo di solida documentazione e di storia all’irredentismo italiano. Sono scritti che appartengono al periodo della propaganda nazionale per la guerra; ma non riusciranno meno utili quando si ripiglierà la trattazione del Problema Adriatico, nel Congresso della Pace, allorché le armi vittoriose avranno imposto nel fatto la situazione che qui si prospetta il diritto.
Dopo l’asserzione storica e documentaria della tradizione romana, nelle regioni della nostra guerra, e accanto alla narrazione di quanto Trieste ha compiuto nei secoli per affermarsi degna della libertà, il Tamaro ha vagliato minutamente tutti quei problemi, di natura specialmente economica, che concernono i porti adriatici di Trieste e Fiume, e gli altri minori della Dalmazia, nei rispetti dell’interesse italiano.
Decadrebbe il porto di Trieste, passando nel possesso nostro? Nuocerebbe a Venezia? Sono interrogativi (per sceglierne due su mille) comuni sulla bocca di tanti, e vogliono una risposta. Il Tamaro dimostra la infondatezza delle cattive previsioni, che a volte si celano sotto coteste domande; e delinea il programma necessario e legittimo dell’Italia, per la messa a frutto dell’Adriatico e la penetrazione nei Balcani.
Chiudono il libro un discorso sulla «Missione dei veneti», e un proclama: «Per la unità della patria», segretamente diffuso a Trieste nella imminenza della guerra; non che la riproduzione degli indirizzi che, nel febbraio 1914, i triestini mandarono ai deputati del Parlamento italiano.
(La Tribuna)