L’Illustrazione Italiana, 16 gennaio 1916
Necrologi
Lo svizzero, ingegnere Alfredo Ilg, morto il 7 gennaio a Zurigo, nell’età di 62 anni, fu per parecchio tempo Ministro e confidente del Negus di Abissinia.
Egli ebbe un periodo di notorietà internazionale, e specie in Italia, nel fiorire della sua influenza sulla corte abissina, alla vigilia degli avvenimenti che condussero alla guerra italo-etiopica. L’Ilg era stato uno dei pionieri commerciali e politici europei nel paese dei Negus. Insieme col russo Leontieff, col francese Chefneux, e altri viaggiatori commercianti e semi-avventurieri, era riuscito a guadagnarsi il cuore ambizioso di Menelik, alle cui forniture di armi lavorava e apriva la via fino da allora. Divenne consigliere intimo di Menelik, e ne ebbe il titolo – puramente onorifico, del resto, – di ministro, come il famoso Leontieff lo ebbe di ras. La politica di questi consiglieri fu naturalmente antitaliana; per i consigli e per gli aiuti di questi consiglieri sorsero nell’animo di Menelik il sogno di potenza all’europea, e la politica di formali riforme, o meglio, di scimmiottature europee; quel che di reale però ne risultò fu l’esasperazione dell’orgoglio del Negus e l’accrescimento della sua forza d’armi, l’una e l’altra cosa indirizzate contro l’Italia, di cui si cercava di ingrandire ai suoi occhi il pericolo e la minaccia. Fu dovuta all’opera subdola di quei consiglieri stranieri la denunzia del trattato di Uccialli, per l’improvvisa interpretazione del testo messa da loro innanzi a Menelik, interpretazione diversa da quella espressa dal testo italiano. Venne la denuncia, venne la guerra, venne Adua!...
Negli ultimi anni del regno del morto Negus, l’Ilg, il Leontieff, il Chefneux erano caduti in disgrazia e non osavano più far capolino in Etiopia. Ilg si era ritirato nel suo paese, in Turgovia, nella giusta dimenticanza di tutti; Leontieff aveva tentato qualche anno prima della morte del Negus, di far ritorno, ma appena sbarcato a Gibuti, il Negus gli fece telegraficamente sapere che non gli permetteva di entrare in territorio abissino. Chefneux era ancora – ed è, forse ancora – al Ghebì, ma... in degitanat, vale a dire in penitenza e in ostaggio, perché la corte abissina non lo lascia partire e lo tiene al servizio, in sconto di somme troppo lautamente... fattesi anticipare.
Con l’Ilg è scomparso un avventuriero audace e tenace, che dell’Italia, probabilmente anche ora, non era, certo, amico!...
Uno scultore milanese, originalissimo, salito in bella fama a Parigi, è ivi scomparso ora drammaticamente – Rembrandt Bugatti, il popolarissimo scultore di animali. Andò a Parigi giovanissimo col padre – che già a Milano, a Torino, in tutta Italia ed anche all’estero era noto per la costruzione di certi suoi mobili d’arte caratteristici ai quali sapeva unire genialissimamente gli elementi più disparati, come il legno, il cuoio, il rame. Rembrandt Bugatti era appena sedicenne quando espose a Parigi le sue prime opere. Tra coloro che, notatone il forte ingegno, si diedero a proteggerlo, fu l’editore artistico Adriano Hebrard, ora succeduto al padre nella direzione del Temps. I gruppi animaleschi di Bugatti formavano oramai una delle attrattive del salone della Società Nazionale. Colti dal vero, all’aria aperta, rivelavano doti pregevolissime di osservazione scrupolosa, d’esecuzione facile e di composizione originale, che erano le caratteristiche di questo artista – e 1’Illustrazione in occasione delle grandi esposizioni di Venezia, ne diede ripetutamente riproduzioni. Per avere i modelli più strani Bugatti si era recato ad Anversa, ove possedeva due studii nelle vicinanze del famoso giardino zoologico. Si trovava colà quando scoppiò la guerra. Volle rimanere sul posto durante l’assedio. Soltanto pochi giorni prima della resa, per mezzo del console francese, ottenne di rifugiarsi in Olanda, donde, più tardi, fece ritorno a Parigi, aspettando qui il momento di essere richiamato sotto le armi in Italia. Apparteneva alla terza categoria di una classe non ancora richiamata.
Quando tornò a Parigi non era più lo stesso di quando erane partito. I terribili spettacoli a cui aveva assistito nel Belgio lo avevano profondamente turbato. Non poteva togliersi dalla mente le immagini dolorose delle sventurate vittime dell’invasione tedesca. La sua pietà si esprimeva in tutti i modi. Molte volte, discorrendo con gli amici, indicando il nastrino rosso della Legion d’Onore che da alcuni anni gli ornava l’occhiello, diceva: «Ho vergogna di portarlo: io non ho fatto nulla: dovrei cedere la mia onorificenza a qualche mutilato belga».
Ultimamente la sua melanconia era venuta assumendo una forma morbosa che impressionava vivamente gli amici. Contribuiva a turbarlo anche il rammarico di aver dovuto abbandonare ad Anversa tutte le sue opere d’arte.
Da qualche settimana si era accinto a modellare un crocifisso che doveva esprimere le sofferenze della umanità torturata. Ma egli, poveretto, non era più in grado di vincere le sue, e sabato scorso si suicidò, nel proprio studio, in via Bara, nel quartiere del Montparnasse, abbandonandosi sul pavimento col rubinetto del gas completamente aperto.
Tra le ultime opere esposte dal Bugatti prima della guerra, fu ammirato un suo busto dello scultore Troubetzkoi col quale era in istretta amicizia e col quale aveva non poca affinità artistica.
Il Daily Telegraph di Londra ha perduto il vecchio proprietario lord Burnham, decano dei giornalisti inglesi. Di modesta origine israelita, egli ereditò dal padre la proprietà del Daily Telegraph allora organo di importanza puramente locale e che in pochi anni divenne, sotto la guida di lui, uno dei principali giornali, modernamente fatto, d’Europa. Re Edoardo, che era di lui amico personale, gli conferì la baronia in riconoscimento delle sue molte benemerenze.
La più importante delle iniziative di lord Burnham fu l’invio, nell’Africa Centrale, di Stanley, nel 1871, alla ricerca dell’esploratore Livingstone, impresa che fu poi narrata in volumi divenuti popolarissimi. Nel 1875 le sorgenti del Nilo erano ancora ignote ed al posto della parte occidentale dell’Africa Centrale rimaneva sulle carte geografiche uno spazio bianco. Lord Burnham, d’accordo col direttore del New York Herald,mandò Stanley a completare l’opera di penetrazione della civiltà nel centro dell’Africa, narrata in volumi ancor oggi ricercatissimi.
Altra famosa spedizione ideata e condotta a termine per volontà di lord Burnham, fu quella archeologica del 1873 nell’Assiria, dove furono scoperti un prezioso racconto del diluvio universale in caldeo e frammenti della grande epoca solare trovati fra le rovine di Ninive. Infine lord Burnham diede valido appoggio nel 1884 alla spedizione di Johnston nell’Africa Orientale per l’esplorazione della vasta catena di montagne del Kilimanjaro.
A lord Burnham, morto a 82 anni, succede il figlio, colonnello Lawson, deputato unionista alla Camera dei Comuni, che già da qualche anno ha assunta la direzione del Daily Telegraph.
Alle Grazie, vicino a Mantova, è morto il fratello del fu pontefice Pio X, Angelo Sarto, ricevitore postale: l’assunzione del fratello al pontificato, non lo fece in verun modo insuperbire, né mutare vita. Aveva 79 anni. Aveva sposato Eleonora Siliprandi, figlia di un cospiratore, e nel 1870 aveva potuto ottenere l’ufficio di collettore postale: da allora visse sempre coi suoi modestamente alle Grazie. Dall’agosto 1903 al settembre 1914, andò appena due volte l’anno a trovare in Vaticano il fratello Papa e spesso con arguzia narrava di quelle visite, dicendo che Pio X era sempre allegro e disposto a ridere delle barzellette ch’egli gli raccontava, talvolta accogliendole con un: «La metaremo a repertorio!».
Mario Bottigeli, sottotenente nell’11° bersaglieri, di cui abbiamo riprodotto il ritratto nel N. 1 di quest’anno, merita un cenno speciale. Non più nuovo ai duri cimenti della guerra, perché già milite in Cirenaica ed a Rodi delle invitte falangi del generale Ameglio che a Psitos gli tributava l’encomio solenne, e perché dal maggio era fra coloro che fronteggiavano e frangevano l’ostinato ma inutile urto nemico oltre l’antico confine, donava serenamente alla Patria l’entusiasmo ed il vigore dei suoi baldi 25 anni. Il dolore che la sua fine eroica ha procurato agli stessi suoi compagni d’arme fra i quali è caduto, traspare dalle lettere pervase da profonda ed intima commozione, che il colonnello del suo reggimento ed il suo capitano hanno dirette alla famiglia per annunciare la perdita dolorosa. Cadde fulminato il 15 novembre mentre incuorava con la voce e con l’esempio i suoi soldati nelle operazioni sul Carso.