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 1916  gennaio 16 Domenica calendario

Corriere. Italiani, sottoscrivete al Prestito!... Il ritiro dai Dardanelli. Gli alleati a Castellorizzo e a Corfù. L’America e l’affondamento del Persia. Gli austriaci sul Lovcen. La carestia del latte a Vienna. Un vescovo tedesco nel Lazio. Francis Charmes. Il giubileo della Nuova Antologia

Se tutto procederà nel 1916 come ha proceduto sin qui – e speriamo che duri – la soleggiata luminosità della stagione, sarà certo un anno men triste di quello testé travolto nel cumulo dei secoli. Ora ferve fra noi la nobile gara per la sottoscrizione del terzo prestito nazionale di guerra. Da per tutto si sono formati comitati per stimolare le sottoscrizioni, per rendere popolare – come è in Inghilterra ed ancora più in Francia – questa forma d’impiego non solo delle grandi, ma anche delle piccole fortune.
A Roma, nel gran Comitato Nazionale, un uomo che in molte discipline, e in quelle economiche e finanziarie specialmente, è maestro – Luigi Luzzatti – così ha detto:
«Il primo semestre dell’esercizio provvisorio di quest’anno si chiude con 200 milioni di maggiori entrate: e non si avvertono ora tutti gli effetti delle nuove imposte. Questo splendido risultato dedico ai detrattori dell’Italia, e aggiungo un’altra lieta novella: nonostante i prestiti recenti, il risparmio è crescente, il che significa che il patriottismo scopre e snida i tesori occulti della ricchezza italiana. In tali condizioni il nuovo Prestito riuscirà trionfalmente e sarà la più eloquente risposta alle voci nemiche ed ai freddi amici».
Chi sono i «freddi amici»?...
Non voglio indagare – ma rimando i lettori al discorso che un altro uomo altamente collocato, Guglielmo Marconi, fece lo scorso dicembre in Senato sul contegno dell’Inghilterra verso i suoi alleati!...
Frattanto gl’inglesi – vinta nella Camera dei Comuni la battaglia per la coscrizione obbligatoria degli scapoli – si sono ritirati completamente dalla penisola di Gallipoli, dai Dardanelli. Non ne parlo qui distesamente. Sono altrove, in questo numero, notizie, articoli, illustrazioni. Il primo ministro inglese, Asquith, ha respinta alla Camera dei Comuni ogni idea di inchiesta parlamentare sulla non fortunata impresa – che ha costato non meno di cinquantamila morti e centocinquantamila feriti all’Impero Britannico. Il temperamento inglese, ha appunto, di mirabile, questo: non perdersi mai in eccessive recriminazioni di fronte al fatto compiuto ed immutabile.
Ma gli errori degli Alleati durante i primi dieciotto mesi di guerra appaiono ogni giorno più evidenti. Io non li sciorinerò qui; me ne guarderò bene. Ho sotto gli occhi un fascicolo della francese Revue, dove appunto un articolo del suo direttore, Finot, sugli errori degli Alleati è talmente arieggiato da ampie, innumerevoli finestre apertevi dalla censura, da far passare ogni idea di imitare Finot nell’argomento e nello spirito critico. Ma l’articolo, anche così ampiamente sequestrato, corre alla conclusione logica: mutare stile; e pare appunto che l’abbandono dei Dardanelli voglia dire questo.
Gli Alleati franco-britanni, venuti via dai Dardanelli, si vanno però allargando altrove nel Mediterraneo. La settimana scorsa sbarcarono nell’isola di Castellorizzo, di fronte alla costa turca nell’Asia Minore. Ieri sono sbarcati a Corfù, nell’isola greca dove il Kaiser tedesco ha la sua grande villa dell’Achilleion. Non è certamente questo possedimento imperiale l’obbiettivo degli alleati. Essi cercano di scuoprire i punti di rifornimento nel Mediterraneo di quei terribili sottomarini tedeschi, austriaci ed anche turchi, che continuano inesorabilmente ad affondare innocue navi commerciali inglesi, francesi, italiane. Dove hanno le loro basi codesti insidiosi nemici spietati, affondatola di donne e di fanciulli?...
A Salonicco, di cui gli Alleati sono effettivamente padroni – a tutte spese della avvilente neutralità greca – l’arresto, ordinato d’un colpo dal generale Serrail, dei consoli tedesco, austriaco, bulgaro e turco – ha portato alla scoperta di tutta una fitta cospirazione, altri fili della quale sono stati poi scoperti a Mitilene. La Grecia era ed è neutrale, ma il suolo greco era propizio quanto mai alla germinazione di tutte le complottazioni nemiche assicuranti agli austro-tedeschi, con l’aiuto dei turchi, una certa libertà d’azione nelle acque dell’Egeo e del Mediterraneo.
Anche ieri è arrivata notizia di un altro grande piroscafo inglese affondato, il Mac Clan Farlane. Non vi furono, per fortuna, che tredici vittime. Quelle del Persia sono state definitivamente accertate in 335!... La maggior strage dopo quella del Lusitania, e fra queste vittime parlasi anche di un console nord-americano.
Che farà l’America? Che volete che faccia? Tutto al più un altro paio di note!... Il presidente Wilson è ora in luna di miele, e quale dono di nozze l’ambasciatore tedesco, Bernstorff, ha presentata alla Casa Bianca una proposta del governo tedesco, il quale offre di pagare una indennità per gli americani periti nell’affondamento del Lusitania, e ha date assicurazioni che i sommergibili tedeschi nel Mediterraneo non attaccheranno senza preavviso navi non combattenti, quali che esse sieno.
Quanto alla guerra dei sommergibili nel mare del Nord, la Germania dichiara che le garanzie da essa offerte valgono soltanto per i piroscafi per passeggeri, ritenendo impossibile che cittadini americani si trovino anche a bordo di altre navi.
Bernstorff ha inoltre informato il governo americano che la Germania apprese la notizia dell’affondamento del Persia soltanto dai dispacci della stampa!...
Ed il corrispondente dell’Associated Press assicura che la Germania si è dichiarata d’accordo con gli Stati Uniti nel ritenere che i canotti non garantiscono sempre la sicurezza dei passeggeri delle navi che stanno per essere affondate.
L’America, e si comprende, non ha altro desiderio che di accontentarsi di tali note, e di altre che, occorrendo, verranno.
Le note dell’Austria per l’affondamento barbaro A^W Ancona l’hanno già placata!...
Non vanno niente affatto bene le cose per gli austriaci e pei tedeschi, di fronte ai russi, in Volinia ed in Bucovina, ma, disgraziatamente, l’impeto con forze preponderanti contro il Montenegro ha portati gli austriaci sul Lovcen. La cosa, purtroppo, riguarda anche 1’Italia. La nostra politica balcanica aveva sempre mirato a tenere l’Austria lontana dall’agognato Lovcen, dalla cui vetta (1759 metri sul livello del mare) si dominano completamente le Bocche di Cattaro ed anche tutta la strada che scende a Gettigne, capitale del Montenegro.
Tenuto dai Montenegrini, il Lovcen rappresentava una grave minaccia per le Bocche di Cattaro, avrebbe potuto costituire una grande limitazione alla libertà degli austriaci di servirsi di quella meravigliosa base navale. Disgraziatamente, questa minaccia fu sempre potenziale, non si tradusse mai nella realtà. E pure la trasformazione sarebbe stata facile. Poche bocche da fuoco moderne e potenti avrebbero paralizzata l’azione austriaca da Cattaro. Il Montenegro non le aveva. Nei primi mesi della guerra europea la Francia ne mandò alcune; ma erano vecchi cannoni, e la polvere nera con la quale venivano caricati li fece individuare, esponendoli alle offese delle assai più potenti artiglierie della flotta austriaca. Tale azione fu abbandonata – come ora quelle della penisola di Gallipoli e dei Dardanelli – e l’Austria continuò a servirsi liberamente delle Bocche di Cattaro. Ora ha voluto garantirsi anche contro quella minaccia «in potenza» che era rappresentata dal Lovcen disarmato e ha preso il monte agognato!...
Sono tutti pegni che la nemica gente si affretta ad afferrare per il giorno, che dovrà pur venire, delle trattative di pace. In difetto di una vittoria, disputeranno attorno alle conquiste fatte coi ricatti, e con le sopraffazioni a danno dei piccoli.
Mentre le forze austriache sono riuscite a dare tutto il suo valore al Lovcen, Vienna, la città che conta per la raccolta, l’elaborazione e la distribuzione del latte uno degl’istituti più celebri e meglio ordinati del mondo, dal giorno 15 di questo mese sarà ridotta al «weiss Regime» – al regime bianco… Chi sa poi per quale mistero filologico, viene così chiamato nella capitale austriaca, il nuovo regime pel quale l’unico alimento bianco, il latte, è soppresso o poco meno.
In fatto, l’entrata in vigore delle Milchkarten, o moduli che regolano la fornitura del latte, comincerà mercoledì venturo. Il latte non sarà più concesso se non ai bambini inferiori ai sei anni od, in loro vece, alle madri che li allattano, ed agli infermi ricoverati nei pubblici ospedali. Ed occorreranno una infinità di pratiche burocratiche per essere ammessi ad ottenere un po’di latte!
La Camera politica e commerciale di Vienna ha subito deplorato vivacemente il ritardo frapposto all’esecuzione del weiss Regime, osservando che si avrebbe dovuto organizzare il consumo del latte fin dal marzo scorso, evitando così un grande sperpero di foraggi in erba. I fattori di campagna, infatti, per la cupidigia di vendere ad alto prezzo tutto il prodotto delle loro mucche, le alimentarono abbondantemente coi fieni appena tagliati portando gravissimo pregiudizio all’alimentazione invernale del bestiame. Dal settembre si sono vedute più volte, per l’assoluta mancanza di foraggi secchi, portare al macello vacche da latte che ora sarebbero preziose.
Vienna ha ora a propria disposizione poco più di duecentomila litri di latte al giorno, cifra che diminuirà senza dubbio in seguito. «Se si tien conto – dice la nota della Camera – che soltanto negli ospedali della città sono degenti 89 500 militari infermi, i quali tutti hanno bisogno di una giornaliera razione di latte, assai poco ne resterà per i 60 000 bambini inferiori ai due anni e per i 120 000 inferiori ai sei anni. È dunque prevedibile, fin d’ora, una prossima restrizione di misure».
Se si rifletta che Vienna è già a razione per il pane, per lo zucchero, per il burro, per le uova, è facile immaginare quale genere di rivoluzione vada compiendosi nella città, dove, per antica abitudine, fra le 15 e le 18, tutti erano soliti fare la immancabile merenda – la jause – con dolci, ova, zucchero, burro e latte!...
La guerra, non colpisce soltanto coloro che combattono sul fronte; i sagrifici sono duri, pesanti e gravano sulle spalle di tutti.
Si rendono minori avendo della preveggenza; e questa mostrano di avere i governanti italiani coi decreti che ordinano per questo mese il censimento del frumento e del granoturco e disciplinano le requisizioni militari per questi prodotti di primissima necessità.
Gli alleati, come ho detto, vanno cercando complottazioni austro-tedesche nelle isole dell’Arcipelago greco, e noialtri italiani avevamo in casa un vescovo tedesco, e non lo sapevamo, se non fosse stato un giornale popolare di Roma a fargli rumore attorno con le corrispondenze mandategli da Sutri e da Nepi, dove, precisamente, è vescovo. da anni un monsignor Doebbing, tedesco dei più genuini!...
Italianizzatosi in venticinque anni di residenza nel nostro paese, ed ottenuta, per avere l’exequatur, una cittadinanza italiana, che, per quanto scritta sulla carta, non poteva certamente essere penetrata nel suo sangue tedesco, il degno prelato lavorava fervidamente – sia pure col semplice apostolato religioso e con la sola autorità del suo ministero – in favore dei suoi più cari connazionali, i tedeschi – e non c’è da fargliene eccessivo carico.
Ma l’inconcepibile è che un tedesco sia riuscito ad insediarsi vescovo in una diocesi italiana, senza che nessuno, mai, se ne sia dato pensiero. Noialtri italiani, con tutto il nostro sentimento o sentimentalismo nazionale, siamo della gran buona gente!... Questa guerra è venuta a svegliarci un poco, ed è bene, ma siamo facili assai, per certi aspetti, ad addormentarci.
Ma dove mai, in Inghilterra, in Francia, in Germania, tollererebbero un vescovo italiano?... Altro che «donne e buoi dei paesi tuoi»!... Amici, possibilmente, con tutti – ma ognuno a casa sua. E non ci apra gli occhi, questa gran guerra, soltanto da una parte – c’insegni a tenerli aperti verso tutte le parti, e gl’insegnamenti impressionanti d’oggi valgano anche pel domani e pel dopo domani, verso i nemici e verso gli amici!...
Quanti morti anche in questo principio d’anno!... Il romanamente eloquente Guido Baccelli, l’originalissimo scultore di animali Rembrandt Bugatti, milanese di nascita, parigino di elezione; quella buona lana dell’elvetico ingegnere Ilg, che col russo Leontieff e col francese Chefneux – «dagli amici ci guardi Iddio!...» – aizzò il negus Menelik alla guerra anti-italiana, che culminò fatalmente in Adua! Di questi e di altri scomparsi si parla altrove. Qui lasciatemi ricordare Francis Charmes, l’elettissimo direttore della Revue des Deux Mondes, alla quale diede per tanti anni quelle sue cronache «de la quinzaine» che gli valsero un seggio di Accademico.
L’ultima di quelle sue cronache era il saluto fra il vecchio anno ed il nuovo. Uditelo:
«Quali pensieri diversi si affollano in questo momento nei nostri spiriti!... Ecco ora diciasette mesi che siamo in guerra, senza che nessuno possa dirsi ora per quanto ancora vi saremo... Una grande incertezza, non sullo scioglimento, ma sulle peripezie e sulla durata della guerra, continua a pesare su noi, e le preoccupazioni che fa nascere aumentano ancora sulla soglia di questo anno novello, nel quale non possiamo nemmeno sostare un giorno per raccoglierci... Il primo gennaio non può essere un giorno di fermata e nemmeno un giorno di riposo: non è che una data. Ma questa data, nella quale è tanto mistero, non susciterà in noi riflessioni inspirate da una particolare gravità?... Convien credere che il 1916 vedrà grandissimi avvenimenti decisivi senza dubbio: possa esso finire meglio che non comincia! In ogni modo, esso lascerà nella storia del mondo una traccia che molti secoli non arriveranno a cancellare. Per ciò noi ne salutiamo l’aurora, disgraziatamente sanguinosa, con profonda emozione».
E Francis Charmes è morto poco dopo avere dettato il suo augurio commovente!...
Al lutto della vecchia Revue des Deux Mondes, che entra nel suo settantaseiesimo anno, si contrappone il giubileo della nostra Nuova Antologia, che festeggia in questo mese di gennaio il suo giubileo semi secolare!...
Quanta strada, da quando la fondò, dirigendola, il professor Francesco Protonotari, a Firenze !... Protonotari, che la tenne per ventidue anni, la portò e la piantò a Roma, nella cui università io che scrivo l’ho visto e udito, e goduto, diciamolo pure, come professore di economia semplicemente... sbalorditiva!... A noi studenti vendeva i sunti litografici delle sue fenomenali lezioni, ed ai collaboratori della Nuova Antologia pagava gli articoli una miseria, dando un terzo in danaro, e due terzi in fascicoli arretrati della sua rivista, che allora usciva una volta al mese!... Cominciò nel gennaio 1878 ad uscire due volte al mese, crebbero le tribolazioni per Protonotari, ed anche per noialtri, che eravamo suoi studenti e, alle volte, anche suoi galoppini amministrativi; ma la Nuova Antologia si piantò. Protonotari sparì dal mondo dieci anni dopo con la sua terribile economia politica, e lasciò la Nuova Antologia a suo fratello, alla cui morte la rilevò, venti anni sono, Maggiorino Ferraris, che l’ha portata alle attuali altezze. Essa celebra ora il giubileo d’oro nella sua vera età dell’oro. Auguri sinceri!...
12 gennaio