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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

Il selfie ha ucciso l’autografo

È così, sappiatelo. Ogni volta che – emozionati, con il ditino tremolante o, ancora peggio, con l’odioso bastone colorato – cliccate sul cellulare sorridendo come idioti per restare immortalati in un selfie in compagnia del vostro Vip preferito, dovete sentirvi in colpa. Sì, e pure vergognarvi un po’: per la situazione sfigata (questo è ovvio), ma soprattutto perché in quel preciso istante diventate responsabili di qualcosa di tremendo che i baby non possono nemmeno comprendere, ma che noi delle generazioni del secolo scorso dobbiamo constatare con dolore e commozione. La morte dell’autografo (sigh sigh).
Già, l’hanno (abbiamo) ucciso senza che nemmeno ce ne rendessimo conto e la triste conseguenza è che ora – allo stadio, a un concerto, a teatro o dove diavolo volete – nessuno si presenta più dal proprio eroe con la biro e il pezzo di carta. No, roba da preistoria. Adesso c’è la fila di smartphone e tablet per un veloce e freddo selfie (fa figo chiamarlo così), che poi altro non è che un semplice autoscatto. Tristezza. Perché sì, questo non è altro che il risultato della tecnologia, della modernizzazione e dell’innovazione e bla bla bla, ma volete mettere cosa ci stava dietro un caro, vecchio autografo?
LA FIRMA SUL GESSO
La preparazione era fondamentale. Ovunque andassi, sapevi che non potevi farti cogliere di sorpresa. E così i cacciatori di firme, quelli seri, avevano sempre con sé blocchi di carta di qualsiasi dimensione e poi, ovviamente, la penna (ora quasi nessuno ce l’ha più in tasca: anche questo ha contribuito al cambiamento). Anzi due, perché sarebbe stato disdicevole – e da dilettante – arrivare di fronte al proprio idolo senza una biro di scorta in caso di cilecca. Per i più virtuosi, poi, la preparazione si trasformava in mania. C’erano i precisini che si attrezzavano di fotografie del Vip in questione – ovviamente immagini ufficiali su cartone tipo santini – e pennarello adeguato per una firma più in vista, c’erano i fantasiosi che per l’autografo sceglievano gli oggetti più strani (dischi, guanti da portiere, disegni, banconote) e poi c’era il classico dei classici: i fanatici disposti a farsi firmare la gamba o il braccio ingessato, possibilmente con dedica. Sì, le dediche. Parliamone. Assaliti da migliaia di fan, le Very Important Persons si trovavano spesso obbligati ad aggiungere – prima della firma – un pensierino improvvisato e così, stressati ed evidentemente privi di fantasia, partorivano degli imbarazzanti e insignificanti «Con affetto», «Con simpatia», «Un bacione». Indimenticabili. Ma comunque sempre qualcosa di meglio rispetto al sorriso finto, all’abbraccio forzato, al pollice alto solo per posa che troviamo in gran parte dei selfie. Perché comunque l’autografo richiedeva un impegno, anche se minimo: il protagonista non era solo passivo, ma doveva partecipare e con la sua grafia ci trasmetteva una sensazione, un’energia. Questioni emotive, ma non solo. L’altro grande pregio dell’autografo è che era un oggetto vero. Da custodire con cura e gelosia, da toccare, accarezzare, da sfoggiare tanto che i più fissati – ricordate? – mettevano insieme tutte le preziose firme facendole diventare una collezione da album; poi le mostravano agli amici con orgoglio senza rendersi conto che la visione (confessateglielo pure ora se non l’avete mai fatto in passato), inevitabilmente, diventava più pesante di quella del filmino del matrimonio. Ma li perdonavi, perché premiavi la meticolosità del lavoro e capivi che dietro quell’hobby c’erano una preparazione e una cura non da poco: ore di attese, file, faccia tosta e litigi. Nulla, in confronto a un semplice click mezzo rubato in una frazione di un secondo e a uno scatto che ti resterà nel cellulare o, al massimo, diventerà lo sfondo del computer.
I PREZZI ALL’ASTA
Il selfie ha ucciso l’autografo, la tecnologia ha ucciso la manualità, il futuro ha ucciso il passato. Non c’è niente da fare e non ci resta che adeguarci, commemorando un’abitudine che ci ha accompagnati per anni e difendendo quei rari nostalgici che non si arrendono alla realtà e ancora ci provano con carta e penna. Ma forse c’è qualcosa in cui l’autografo vince ancora sul selfie. Fatevi un giro su internet, magari su Ebay, l’asta pubblica più famosa della rete: sfogliate gli annunci, c’è da sbizzarrirsi. Autografo originale di Stanlio & Ollio: 700 euro. Vinile autografato di Michael Jackson: 350 euro. Cartolina di Mina con dedica autografata: 35 euro. Beh, siete così sicuri, tra qualche anno, di riuscire a vendere gli autoscatti tecnologici con i Vip a queste cifre?