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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

Salvini con Fassina, Gasparri con Capanna e Meloni con Pecoraro Scanio. Così il fronte del No ha messo assieme gente che di notte si sarebbe sparata alle gambe

Il piccolo e simpatico patto Molotov-Ribbentrop siglato dal capo dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta, e dal capo della Cgil, Susanna Camusso, è stato così spiegato dal primo: «I nemici dei miei nemici sono miei amici». Una considerazione con molti e solidi precedenti storici, e per la quale l’alleanza di Brunetta va estesa al terribile pubblico ministero di Mani pulite, Piercamillo Davigo, che in effetti si batte spalla a spalla con Silvio Berlusconi contro le riforme costituzionali. Interessante: Brunetta sta con Camusso che sta con Davigo che sta con Berlusconi che sta con Antonino Ingroia, che dalla procura di Palermo cercava di fondare la tesi sulle origini mafiose del partito berlusconiano. Poi da quella parte della barricata referendaria c’è un altro celebre pm impegnato lungo i tortuosi sentieri della Trattativa, Roberto Scarpinato, affiancato dal più marmoreo degli avvocati silvieschi, Niccolò Ghedini, insieme con l’intera Magistratura democratica, e cioè le Toghe Rosse. In caso di vittoria dei No, nemmeno a Yalta si riuscirebbe a definire un equilibrio post bellico.
Lo si scrive non per irridere l’assortito schieramento, ma per sottolineare come i casi della vita abbiano messo assieme gente che di notte si sarebbe sparata alle gambe. E in altri tempi anche di giorno, se volessimo ripetere la bizzarria di Casapound al fianco dell’Associazione partigiani, i quali considerano «vergognosi gli avvicinamenti a organizzazioni di stampo fascista», avvicinamenti dichiarati incidentali, e irrilevanti nel merito della questione. Però nessuno si deve sentire privato dei diritti democratici se scappa un sorriso: in fondo non è meno stravagante trovare mano nella mano Mara Carfagna e Sabina Guzzanti, condannata in tribunale per aver sostenuto che l’altra fosse diventata ministro per meriti essenzialmente notturni, diciamo così; e la tregua fra rossi e neri è una cosetta in paragone a quella fra Luigi De Magistris e Clemente Mastella, protagonisti di una spettacolare guerriglia che portò alla caduta del governo di Romano Prodi nel 2008. Ora collaborano alla caduta di quello di Matteo Renzi. Un obiettivo così alto, perché comprende la salvaguardia della sacra Carta, che è perseguito dal massimo della rettitudine, il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky, insieme col massimo dell’adattabilità, il leghista Roberto Calderoli. Tutto davvero straordinario, nel senso preciso del termine. Matteo Salvini marcia verso la Liberazione con Stefano Fassina, Maurizio Gasparri con Mario Capanna, Corrado Passera con Maurizio Landini, Ignazio La Russa con Rifondazione comunista, Altero Matteoli con Dario Fo, Roberto Benigni con Carlo Giovanardi, Giorgia Meloni con Alfonso Pecoraro Scanio, ricomparso chissà da dove. E avanti così, fino alla meravigliosa accoppiata Augusto Minzolini – Marco Travaglio, che nell’Ottocento si sarebbero regolati all’alba dietro al convento dei cappuccini. Ma il nemico del mio nemico è mio amico, e anzi molto di più, il nemico del mio nemico può essere persino Gianfranco Fini: anche lui con Brunetta e Camusso, Berlusconi e Davigo, partigiani e fascisti, perfetta incarnazione di sintesi.