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 2016  maggio 25 Mercoledì calendario

Intervista al premier. Renzi parla della Raggi («È una Co.co.pro»), di Verdini («Il solo modo per non fare accordi è vincere le elezioni»), dell’Anpi («Voglio bene ai partigiani»), delle riforme («Che piacciano o no si fanno»), del referendum («Alcuni parlamentari sono terrorizzati all’idea di tornare a lavorare») e della Libia («Non interveniamo»)

Il suo bersaglio principale è il Movimento 5stelle. «Virginia Raggi, a Roma, ha firmato un contratto quasi fosse una co.co.pro della Casaleggio associati, azienda privata milanese. Io invece ho scoperto la squadra del candidato del Pd Giachetti leggendo un post su Facebook. Questa è la differenza tra noi e loro». Matteo Renzi, in un videoforum con Repubblica Tv seguito anche attraverso la pagina Facebook del giornale, parla delle amministrative del 5 giugno e del referendum costituzionale di ottobre. Il Pd, però, a Napoli ha scelto un’alleanza controversa con la lista Ala che fa capo a Denis Verdini. Renzi la difende e per la prima volta rivolge pubblicamente un tributo all’ex coordinatore di Forza Italia per il suo appoggio. «Io sono grato a Verdini, come a tutti gli altri, per aver votato la fiducia sulle unioni civili». I rapporti con la minoranza interna restano tesissimi: «Vedo che la moratoria che avevo proposto per i prossimi sei mesi porta bene – ironizza il premier -. Ogni giorno ce n’è una, hanno un atteggiamento che considero incomprensibile». Per il referendum costituzionale Renzi annuncia 1000 professori per il sì e 10 mila comitati in tutta Italia. Non ci sarà un presidente nazionale ma un portavoce «del comitato scientifico». Sulle polemiche per l’uso di alcune figure scomparse della sinistra, da Berlinguer a Ingrao, a favore del quesito dice: «Nessuno può utilizzare quelle personalità. Ma alcuni di loro hanno preso delle posizioni sul bicameralismo che restano agli atti».
Lei ha firmato un protocollo d’intesa con l’Anac di Cantone per il recupero di Bagnoli. A Napoli il Pd è alleato in maniera organica con Ala, il gruppo di Verdini che si presenta con il suo simbolo tra le polemiche. Al netto del garantismo, non sono messaggi contraddittori?
«Dividerei l’aspetto istituzionale da quello politico. Il primo: ci sono decine di opere pubbliche in Campania, e più in generale al sud, che sono bloccate. Bagnoli ne è l’emblema, abbandonato da decenni di incuria di varie amministrazioni. Noi abbiamo scelto – e non c’entrano le amministrative ma la buona amministrazione – di dire: ci pensate voi o no? Altrimenti commissariamo. Metodo di lavoro già utilizzato altrove».
Il sindaco De Magistris.
«Quando siamo andati a Napoli, gli assessori della giunta erano con il corteo a manifestare contro di noi. Ci sono stati 11 poliziotti feriti. Chiunque vincerà, e spero che vinca Valeria Valente del Pd, lavoreremo con il sindaco se questo vorrà lavorare con noi. Noi siamo disponibili su tutto, perché siamo persone libere. Faccio l’esempio di Roma: Giachetti ha presentato la lista degli assessori e io l’ho scoperto su Facebook. Non gli ho mandato una mail anonima per dire che lo staff di Matteo Renzi indicava gli assessori, oltretutto con lui una mail del genere sarebbe finita direttamente nello spam».
Però a Napoli Ala candida figlio e nipote di un narcotrafficante. Un altro esponente verdiniano mette sul manifesto elettorale la foto di un consigliere uscente – deceduto – imparentato con un boss.
«Se un partito candida delle persone che sono tecnicamente candidabili ma non votabili, credo che quel partito dovrebbe fare grande attenzione. Poi gli elettori votano chi vogliono. Io faccio uno sforzo pazzesco dentro il Pd per cercare di candidare sempre persone presentabili, poi magari qualcuno mi scappa. Come quello trovato con non so quanti chili di droga. Allo stesso modo, lo scassinatore di armadietti dei Cinquestelle a Alessandria non posso imputarlo a loro».
E Verdini?
«Non svelo un segreto se racconto che il Pd non ha vinto le ultime elezioni. Io sono presidente del Consiglio per questo. Per essere ancora più chiari: non sono stato la prima scelta del presidente Napolitano, quando ci siamo accorti di non aver vinto. Enrico Letta è stato un anno al governo e le riforme non si sono fatte. C’è un modo infallibile per non fare gli accordi con gli altri. Ovvero, vincere le elezioni. Nel 2013, invece, abbiamo preso il 25 per cento. Ora qualcuno si sveglia all’improvviso, gli stessi che allora votavano la fiducia con Verdini e facevano con lui gli accordi elettorali, che per Forza Italia parlavano con la prima linea del Pd di Bersani».
Ma adesso non c’è bisogno dei voti di Ala, neanche al Senato.
«Ora le riforme si fanno. Qualcuno può dire “che belle” o “che brutte”. Ma il dato di fatto è che si fanno. Anche con i voti, in alcuni casi, di Verdini. E io sono grato ad Ala come a tutti gli altri per aver votato la fiducia sulle Unioni civili, perché se aspettavo i 5 stelle, la legge non c’era».
Il referendum costituzionale rischia di spaccare il Paese?
«Le riforme costituzionali non sono un giudizio di Dio, ma sono semplicemente un nuovo modello di establishment. Con il sistema che abbiamo oggi, l’inciucio è più facile, con le riforme abbiamo la possibilità di un governo che duri cinque anni. E questa riforma la voteranno migliaia di cittadini. Io li capisco i parlamentari: sono terrorizzati dall’idea di compiere l’esperienza mistica di dover tornare a lavorare. Ma l’elettore della Lega o dei 5 Stelle, che non mi ama, non mi sopporta, dovendo scegliere tra un sistema che costa meno, voterà sì, anche se alle elezioni non voterà Pd».
La polemica con l’Anpi è chiusa?
«Io voglio bene ai partigiani, ci credo nell’Anpi, mi sono emozionato quando ho visto che ci sono partigiani che votano Sì. Chi vota No lo rispettiamo».
Torniamo a Napoli. Secondo alcuni la serie tv Gomorra è diseducativa e dannosa per l’immagine del Paese. Lei che pensa?
«Diseducativa è la camorra, il fatto che si raccontino certe realtà è un bene. La camorra è il problema del Sud, è la criminalità che va raccontata. Bisogna raccontare anche le cose che funzionano. C’è molta parte positiva, che bisognerebbe valorizzare»..
L’Italia ha già mandato soldati in Libia, anche a sostegno del generale Haftar?
«Noi non interveniamo in Libia con il nostro esercito a meno che non ci sia una richiesta specifica e lavoriamo diplomaticamente affinché il governo del primo ministro Serraj possa essere messo in condizione di dare stabilità alla Libia».