13 febbraio 2015
Tags : Aggressioni con l’acido
Martina, Alexander e Andrea descritti dai genitori
• A parte le nozze con la splendente Gorana, quando aveva 22 anni, con cui condivide casa e una passione per il kajak, c’è solo un’ombra oscura nel passato di Alexander: un tentativo di suicidio quando aveva 14 anni, mamma lo sgrida perché non si impegna a scuola, lui minaccia di buttarsi da una finestra. Lo ferma la polizia, che per questo episodio, tempo dopo, gli negherà il porto d’armi. Ha detto di lui la signora Patrizia: «Mi ha regalato una vita piena di magia. Ma nell’ultimo periodo era cambiato. Irascibile, forti sbalzi d’umore, ossessionato dal fisico. Sarà un caso ma coincide con l’arrivo di Martina. Era lei quella forte e dominante». Ha detto il padre di Martina: «La nostra gioia, da sempre. Poi si è innamorata di Alex, si è chiusa, ha smesso di pensare con la sua testa, si consumava di gelosia, si imbottiva di anabolizzanti per dimagrire». Il padre di Andrea Magnani, il terzo uomo, il complice più o meno succube, si chiama Giorgio, ha 69 anni, la quinta elementare, una vita onorata all’Atm, l’azienda tramviaria, da bigliettaio a impiegato di prima categoria. È un uomo mite, scosso, spezzato come gli altri genitori dalla sventura imprevedibile di ritrovarsi davanti un figlio che non immaginavi. Anche in questo caso, l’unico figlio. Andrea è un marziano rispetto al giro della Milano rampante. Laureato pure lui (Lingue straniere) ma alla Statale, impiegato alla filiale di Basiglio della Mediolanum, così solerte da meritarsi un premio per il monte di straordinari effettuati, sposato da due anni con una bielorussa, Yuliya (dottore in economia europea, 4 lingue parlate e scritte), un mutuo da 60mila euro per comprarsi casa, è stato l’ultimo ad essere arrestato e il primo a fornire a chi indaga, sia pure con una montagna di contraddizioni, una versione che lega tutta la saga dell’acido e la ascrive a vario titolo alla responsabilità del terzetto. La Punto nera del 2007 che compare sui luoghi di molti delitti è quella del padre, che gliel’ha passata in dono perché Andrea aveva la patente ma non la macchina. «Mio figlio è buono come il pane», dice il signor Giorgio, con gli occhi bassi. «Non fuma, non beve, mai andato in discoteca. Le sue uniche sue passioni sono la musica e la Juve, mai stato un ultrà, figurarsi». A Opera, dove l’hanno rinchiuso, non mangia, passa i giorni in branda sotto le coperte perché ha freddo, sembra smarrito a se stesso.
E se Stefano Savi, la seconda vittima, confermerà quello che sembra stia mettendo a fuoco, e cioè che la secchiata d’acido gliel’avrebbe tirata uno che, come corporatura, somiglia più ad Andrea che ad Alex o Martina, la situazione per Magnani figlio diventerà pesantissima. Il signor Giorgio fa un respiro lunghissimo, a buttar fuori l’ansia. «Da ragazzo Andrea era obeso, 120 chili, e per lui dimagrire è un’ossessione. Si allenava come un matto ma non scendeva, non abbastanza. Un anno e mezzo fa ha incontrato al parco Ravizza, dove ci sono gli attrezzi ginnici, questo Alexander, una specie di dottore a livello corporeo, che l’ha messo sotto di brutto: esercizi, diete, corse anche di notte, sotto l’acqua. Mio figlio vedeva i miglioramenti, e così si è legato a quel tipo lì, ma credo che fosse un’amicizia a senso unico. Andrea lo seguiva, l’altro guidava. Ti manca l’autostima, glielo dico sempre». [Carlo Verdelli, la Repubblica 14/2/2015].