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 2016  maggio 24 Martedì calendario

Disneyland è accusata di discriminare arabi e africani

Domani è il grande giorno. Dopo quasi dieci anni di palpitante attesa, arriverà finalmente la risposta all’inquietante interrogativo che leva il sonno a grandi e piccini: ma Topolino e Paperino sono degli spregevoli razzisti oppure no? A dare l’atteso responso sarà la giustizia francese, chiamata a mettere la parola fine all’annosa vicenda dell’accusa di discriminazione razziale mossa contro Disneyland Paris, il mega-parco altrimenti noto come EuroDisney.
Inizia nel settembre del 2006, quando il parco divertimenti transalpino si trova nella necessità di reclutare nuovo personale: servono tre dipendenti. All’uopo, il management produce un apposito annuncio a pagamento sui giornali, dove si specificano durata dell’impiego (contratti a tempo determinato), tipo di mansione da svolgere (ballerini, marionettisti e trampolieri) e caratteristiche richieste ai candidati. Tra queste, il requisito del passaporto: i tre posti sono riservati a persone in possesso della cittadinanza di un qualsivoglia Paese europeo.
Apriti cielo: i professionisti dell’antirazzismo insorgono come un sol uomo e sfoderano le carte bollate. Ad andare a buon fine sono gli sforzi dell’associazione Sos Racisme: i magistrati decidono infatti di accoglierne la denuncia («I metodi del gruppo sono illegali e rivelano la volontà della Disney di diminuire il proprio personale non europeo, in particolare di origine magrebina e africana, per adeguarsi alla propria clientela, di maggioranza europea») e ne accoglie la costituzione in parte civile. Da lì il procedimento inizia il proprio tortuoso iter, destinato a concludersi oggi (e poi ci lamentiamo se i tempi della bistrattata giustizia italiana sono elefantiaci...) con la definitiva parola sull’annosa vicenda.
Non che le indagini preliminari non abbiano regalato momenti di un certo spessore. La palma di momento più surreale spetta con ogni probabilità all’ispezione ordinata in data 4 novembre 2009 dal tribunale di Meaux. In seguito ad un’altra denuncia del solito Sos Racisme, i magistrati avevano infatti ritenuto di inviare un ufficiale giudiziario a spulciare nelle carte dell’amministrazione del parco per appurare ove sussistessero evidenze di pratiche discriminatorie attuate nei confronti del personale di origine araba, africana o caraibica. Superfluo dire che l’ispezione si era rivelata un flop sanguinoso: dopo ore di infruttuose ricerche nei meandri degli archivi dell’ufficio personale, il povero ufficiale giudiziario si era visto costretto a venire fuori e a concludere che no, non esistevano riscontri circa le presunte condotte razziste: «Non è stato trovato», dichiarò l’amministrazione del parco, «nessun documento o file di carattere etnico o razziale». Da cui la conclusione: «Il resort non sceglie il suo staff in base a criteri etnici o razziali».
Ma nemmeno il lieto fine della vicenda ispettiva ha potuto interrompere il corso della giustizia. Sordi alle rimostranze del management che invano ha provato a spiegare che loro assumono persone di tutte le etnie purché in possesso di cittadinanza europea e che se vengono richieste informazioni aggiuntive (come ad esempio l’identificazione del personale proveniente dai territori d’oltremare), questo avviene per motivazioni pratiche tipo garantirgli la copertura delle spese di viaggio, i magistrati hanno tirato dritto per la propria strada. Niente tentennamenti e niente ripensamenti: il processo per razzismo a Topolino e Paperino deve farsi e si farà. Macchia nera è già lì che si frega le mani.