la Repubblica, 24 maggio 2016
Abbiamo la libertà di sbagliare da soli: lasciamo perdere gli avi illustri sul voto alla Costituzione
Tutto questo scomodare gli antenati, per il sì o per il no, è in parte scorretto, in parte rivelatore. Di una debolezza. Di una insicurezza. Di quanto sia difficile, per figli e nipoti, sentirsi abbastanza autorevoli, abbastanza grandi, soprattutto abbastanza liberi dall’eredità del passato. Ha ragione Chiara Ingrao, irritata per l’utilizzo “renziano” del volto (amatissimo) del padre scomparso: bisogna che ci mettano la faccia quelli di adesso. Lasciando in pace i padri costituenti, i partigiani, Berlinguer, il Pci, il partito d’Azione e tutto l’ognissanti della Repubblica nata dalla Resistenza.
Nessuno si domanda se Cavour, Mazzini e Garibaldi fossero per il bicameralismo o per il premio di maggioranza. Uguale riverito riposo tocchi ai fondatori della Repubblica, che se potessero parlare direbbero, probabilmente, cose sorprendenti, che né Carlo Smuraglia né Giorgio Napolitano (venerabili testimonial del no e del sì) sono autorizzati a interpretare. Io molto probabilmente voterò sì, lo dico con molti dubbi, e rassegnato in partenza agli ululati di sdegno di qualche amico e di qualche nemico. Ma sia chiaro che la colpa della scelta sarà solo mia, non di questo o quell’avo illustre. Mi sono conquistato, negli anni, la libertà di sbagliare da solo. Facciano lo stesso, per cortesia, gli altri contemporanei, quelli del sì come quelli del no.