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 2016  maggio 24 Martedì calendario

La Erg dice basta al petrolio e si dedica all’energia eolica

«In Italia ci possiamo ormai considerare l’Eni del vento». A volte basta una semplice frase per descrivere una rivoluzione industriale: i Garrone sono nati petrolieri, mestiere che hanno esercitato per oltre 70 anni, ma negli ultimi dieci si sono riconvertiti completamente alle energie rinnovabili. Erano il numero tre in Italia nella raffinazione del petrolio (e nella stessa posizione con la loro rete di distributori di benzina), mentre ora sono in cima al podio per megawatt di elettricità prodotta grazie agli impianti eolici. Nell’Italia che si è divisa sul futuro degli idrocarburi da estrarre dai fondali marini, la famiglia genovese dei Garrone ha scelto da tempo da che parte stare. Edoardo, il presidente che è stato pure alla guida della Sampdoria, non nasconde la soddisfazione di aver saputo vederci lungo: «Leggiamo che ora molti gruppi petroliferi, anche di livello mondiale, investono nelle rinnovabili. Ci fa piacere, vuole dire che avevamo visto giusto qualche anno fa». Una trasformazione che nel giro di un paio di stagioni – ed è la notizia di ieri – potrebbe addirittura portarli a vendere l’elettricità a milioni di famiglie italiane: il marchio Erg è stato associato per anni al pieno della benzina e dal 2018, con la completa liberalizzazione del settore, potrebbe comparire sulla busta della bolletta della luce.
Non è stato un passaggio facile quello dall’oro nero alla green economy. Da inquinatori a sostenitori – al fianco di Legambiente, come avvenuto di recente – di una politica del governo più favorevole all’energia eolica. Perché, raccontano i due fratelli Edoardo e Alessandro (il vice-presidente esecutivo), non è stato facile convincere il padre, Riccardo, che ereditò il gruppo dal genitore, Edoardo pure lui, che fondò il gruppo nel 1938 e iniziò l’attività di raffinatore con l’impianto di San Quirico nel capoluogo ligure subito dopo la guerra, cui si sarebbe poi aggiunta la rete di distributori a metà anni ‘60 e il grande impianto siciliano di Priolo nel 1975. A Genova ricordano interminabili cda per far accettare alla famiglia la proposta avanzata dal colosso petrolifero russo Lukoil. Non si trattava solo di chiudere con il passato, che pure aveva portato prosperità e ricche cedole ogni anno agli azionisti (dal 1997 Erg è anche quotata in Borsa). Ma anche di capire quanto fosse aleatoria la scelta di reinvestire quanto incassato nella nascente industria delle rinnovabili. «Solo ora che è andato tutto bene – ammette onestamente Alessandro Garrone – possiamo dire di aver avuto ragione, ma solo ora…». Di sicuro, hanno avuto anche un po’ di fortuna chiudendo la vendita a Lukoil per 2,5 miliardi a un passo dal crollo delle Borse e del fallimento Lehman.
Dalla cessione della raffineria e dalla joint venture con i francesi di Total, cui è andata la metà della rete dei distributori (e che i Garrone vorrebbero vendere se ci fosse una offerta adeguata), sono entrati nelle casse del gruppo in sei anni 3,3 miliardi. E ne sono stati reinvestiti 3,9, di cui la metà in Italia: ultimo acquisto, il complesso di sette dighe e 16 centrali idroelettriche in Umbria, messe in vendita per oltre 900 milioni dal gruppo tedesco E.on e di cui fa parte anche il complesso della cascata delle Marmore.
Ma oltre a essere il numero uno in Italia nell’eolico, i Garrone ora sono anche al settimo posto in Europa, con parchi dalla Bulgaria alla Scozia. Perché l’Italia non è abbastanza ventosa e negli ultimi anni l’assenza di una strategia del governo sta spingendo tutti gli operatori fuori dai confini: «Abbiamo ancora 400 milioni da investire nel piano al 2018 – sottolinea l’ad Luca Bettonte ma sarebbe necessario avere regole più flessibili per la sostituzione degli impianti più vecchi: con le nuove tecnologie potremmo semplicemente mettere pale e rotori più efficienti e abbattere una parte di quelli più vecchi. Ma è impensabile che si debbano iniziare procedure da zero».