Libero, 22 maggio 2016
Va in palestra, legge il Corano, si confida con l’Imam, guarda le partite in tv e scherza con i secondini. Ecco la dura vita di Salah che costa alle casse dello Stato francesi 6mila euro al mese ma che ancora non parla
Su queste pagine, qualche giorno fa, abbiamo raccontato che Salah Abdeslam, il terrorista islamico e membro del commando che ha commesso le stragi di Parigi, attualmente rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Fleury-Mérogis, costa 6.000 euro al mese alle casse dello Stato francese. Uno sfregio inaccettabile per i genitori delle vittime degli attentati del 13 novembre, una situazione intollerabile per il deputato dei Républicains Guillaume Larrivé, che infatti, nel deplorevole immobilismo generale, è stato l’unico ad annunciare la presentazione di un emendamento per costringere i detenuti a pagare almeno una parte delle loro spese di detenzione.
Conoscevamo le cifre, dunque, grazie alla denuncia di Larrivé, ma non eravamo ancora al corrente dei dettagli di queste spese, non sapevamo cosa realmente coprissero quei 6.000 euro al mese, pari a 200 euro al giorno. Lo scopriamo ora: una televisione con l’abbonamento ai canali satellitari per vedere i principali campionati di calcio europei, una palestra per allenarsi, una biblioteca con tutti i libri che desidera a disposizione, un account personale per comprare e consultare quotidiani, e naturalmente un imam con il quale confidarsi. Nel giorno in cui si è tenuto il primo interrogatorio sul territorio francese, e durante il quale Salah ha rifiutato di rispondere a tutte le domande dei giudici, emergono dunque i particolari della vita del detenuto più famoso e sorvegliato di Francia. Particolari che non faranno certo sorridere i genitori delle vittime, già profondamente scossi dall’idea di dover contribuire con le loro tasse al mantenimento del jihadista belga, così come al pagamento della parcella del suo legale, Frank Berton. Nel trattamento carcerario cui è sottoposto Salah, è inclusa anche la possibilità di ricevere visite, previa autorizzazione dei magistrati, nonché il permesso di ricevere posta. Durante il giorno, ha due ore a disposizione per scendere in cortile o andare in palestra, da solo e senza contatti con altri detenuti, prima di ritornare nella sua cella di nove metri quadrati, sorvegliata 24 ore su 24 da due telecamere e tre agenti con gli occhi incollati su più schermi situati in una sala adiacente. «Abdeslam riposa spesso, legge il Corano e guarda molto la televisione», ha raccontato Arnaud Arame, sindacalista degli agenti penitenziari. Ed è proprio la presenza della televisione, inserita in un involucro di plexiglass per scongiurare incidenti, a suscitare le reazioni più scomposte qui a Parigi, l’abbonamento ai canali satellitari offerto dal carcere che gli permette sia di seguire le notizie che lo riguardano in prima persona sia di vedere le partite di calcio. «Gli è capitato di scherzare con i secondini sulle ultime partite», ha affermato Arame. A dir poco inquietante se si pensa che proprio allo stadio, il commando di cui Salah faceva parte, voleva commettere la strage più eclatante lo scorso 13 novembre. Salah avrebbe inoltre chiesto più volte di incontrare un imam per pregare e di poter fare il ramadan il prossimo giugno. Richieste accettate, con il carcere, dove metà dei detenuti sono musulmani, che si è detto disponibile a servirgli un unico pasto dopo le 19:00 a partire dal 6 giugno. «È un suo diritto», ha detto Farid Grine, capo dei cappellani musulmani dell’istituto penitenziario più grande d’Europa, che si è già intrattenuto con l’unico terrorista islamico rimasto in vita dopo il 13 novembre, ma non ha voluto rivelare il contenuto delle loro conversazioni.
Sono in molti in Francia a puntare il dito contro il trattamento carcerario permissivo riservato a un individuo come Salah. Il quale, dopo essere state accolto dagli altri detenuti al grido di «vigliacco», perché all’ultimo momento ha deciso di non farsi esplodere, non si aspettava tutte queste attenzioni e tutto questa prontezza ad accogliere le sue richieste. Senza contare che venerdì, nonostante il suo avvocato Berton avesse assicurato che «non resterà in silenzio» e che «collaborerà», ha fatto scena muta per un’ora.