Il Sole 24 Ore, 22 maggio 2016
La jihad e l’esercito di ingegneri estremisti
Scritto da due autorevoli studiosi, Diego Gambetta (Istituto universitario europeo) e Steffen Hertog (London school of economics), Engineers of Jihad è un libro che presenta una tesi curiosa e in qualche modo sconcertante.La Jihad, che nel gergo comune è la guerra santa degli islamici, non è di solito combattuta da ignoranti o analfabeti, ma al contrario spesso e volentieri da persone con buon grado di istruzione, cosa che già rappresenta una curiosità. Ma è ancora più strano che tra costoro prevalgono in maniera inequivoca gli ingegneri.
Gli autori presentano questa tesi sorprendente servendosi di un ricco apparato statistico accompagnato da un ragionamento serrato e nel complesso convincente. Si parte dal fatto che è interessante cercare di comprendere se ci sono categorie sovra-rappresentate tra i terroristi islamici. Un’indagine del genere non è facile data anche la varietà dei gruppi esistenti e le difficoltà definitorie legate al fenomeno.
Proprio per ciò Gambetta e Hertog scelgono di partire dal dato della «education», cioè il grado di istruzione dei membri delle bande terroristiche. Un motivo per farlo consiste nella relativa facilità con cui i dati sull’istruzione sono reperibili, un altro dal fatto che il livello accademico raggiunto riflette un fatto e non un atteggiamento magari riportato da se stesso o da altri.
Seguendo questo tipo di evidenza, la prima cosa che si scopre è che le condizioni socio-economiche dei terroristi islamici non sono legate alla miseria e alla mancanza di educazione. Al contrario, la percentuale più alta di terroristi ha alle spalle una famiglia di medie condizioni e un buon livello di istruzione. Questo fatto accertato si spiega con la tesi della «deprivazione relativa»: spesso i terroristi sono individui che hanno fatto sacrifici e investimenti su se stessi, sacrifici e investimenti che – per la generale crisi economica e per altri motivi – non hanno ottenuto i risultati sperati.
Spiegazione plausibile, si può pensare a prima vista, ma con un dubbio che sorge immediato: perché la stessa spiegazione non vale pure per i dottori o gli avvocati che pure sovente hanno fatto simili sforzi privi di successo? La risposta chiama in ballo da un lato le specifiche abilità tecniche degli ingegneri, ma soprattutto le loro attitudini mentali diffuse. E qui l’indagine diventa giocoforza più soggettiva: il mind set degli ingegneri sarebbe più incline all’estremismo di quello dei comuni mortali. Questo vale – ci mostrano con dovizia di statistiche gli autori – sicuramente per gli estremisti islamici e in una certa misura anche per gli estremisti di destra. Non vale invece per i radicali di sinistra, tra cui prevalgono gli umanisti e i letterati.
A questo punto, non resta che insistere sul carattere specifico degli ingegneri che – timorosi di ogni ambiguità – sarebbero propensi ad adottare quella che Adorno chiamava una «personalità autoritaria». Quest’ultima conclusione mi pare in realtà quantomeno discutibile, pur nell’ambito di un libro interessante, intelligente in cui ogni tesi viene accuratamente discussa e quando è possibile diligentemente provata.
Diego Gambetta and Steffen Hertog, Engineers of Jihad, the Curious Connection between Violent Extremism and Education, Princeton University Press, 2016, pagg. 192, $29.95