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 2016  maggio 22 Domenica calendario

Sulle guardie svizzere

Ho letto la sua risposta a un lettore che auspicava una radicale riforma delle guardie svizzere. È certamente vero che hanno un ruolo quasi interamente estetico. Le loro armi sono desuete e le loro uniformi, disegnate da Michelangelo, appartengono ai costumi dei grandi spettacoli teatrali della Chiesa (ogni uniforme ha 154 parti separate e pesa 3,6 kg). Dopo il tentativo di assassinio di Giovanni Paolo II, hanno cominciato a ricevere un addestramento al combattimento corpo a corpo. La loro lealtà è al disopra di ogni sospetto da 500 anni. Si sono distinti in modo particolare durante il Sacco di Roma in cui sono morti quasi tutti contro i lanzichenecchi del Borbone per permettere a Clemente VII di rifugiarsi a Castel Sant’Angelo. Il giorno del loro massacro (6 maggio 1527) è quello in cui le nuove reclute prestano giuramento ancora oggi. Difficile immaginare un corpo di spagnoli, polacchi, filippini, o americani che possano prendere il loro posto a rotazione senza mettere fine a una storia cosi ricca di tradizioni e pittoresca.
Valerio Lancelletto
Roma
Caro Lancelletto,
Vi fu un’altra circostanza in cui gli svizzeri dettero prova del loro coraggio e della loro leggendaria fedeltà al sovrano di cui dovevano proteggere la vita. Accadde a Parigi il 10 agosto 1792, quando una folla di popolani, istigata dai sanculotti, marciò sulle Tuileries per impadronirsi del re. Luigi XVI e Maria Antonietta riuscirono a trovare rifugio nell’Assemblea nazionale, mentre gli svizzeri continuarono a combattere. Erano 900 e il loro comandante era il colonnello Karl Josef von Bachmann. Travolti da una massa inferocita, circa 600 morirono nei giardini o nelle scalinate del palazzo. Altri furono portati al Municipio di Parigi e lì vennero massacrati. Altri ancora morirono in carcere per le loro ferite, e von Bachmann fu ghigliottinato. I sopravvissuti sarebbero stati, più o meno, un centinaio. I corpi furono gettati in una fossa comune nelle catacombe di Parigi, dove una targa ricorda il loro sacrificio. A Lucerna vi è un monumento che rende onore alla loro memoria. Vi furono reggimenti svizzeri anche nel regno di Napoli, ma non erano più in servizio durante la spedizione di Garibaldi in Sicilia del 1860.
Forse è questa, caro Lancelletto, l’occasione per ricordare che nella Repubblica di Venezia il ruolo che fu degli svizzeri in molti regni europei venne attribuito agli schiavoni, come erano chiamati i sudditi slavi nei domini veneziani dell’Adriatico. Nel 1797, quando la Serenissima scomparve dalla carta geografica, formavano ancora parecchi reggimenti. Non combatterono contro i francesi perché il Gran Consiglio preferì la resa, ma furono fedeli alla Repubblica sino al suo ultimo respiro e lasciarono la città, ancora inquadrati nei loro reggimenti, soltanto quando vennero congedati. La Riva da cui partirono per l’Istria e la Dalmazia si chiama ancora oggi Riva degli Schiavoni.