Corriere della Sera, 22 maggio 2016
L’ultima ora del volo MS8o4 dell’EgyptAir
Le 2.26. È in quel momento che è iniziata la fine del jet egiziano. Nell’arco di tre minuti una rapida sequenza di anomalie registrate dagli apparati di bordo, compreso fumo a bordo e, forse, da uno dei motori. Quindi lo schianto in mare. Gli investigatori hanno in mano parametri importanti, ma che da soli non sono sufficienti a dire cosa abbia provocato la catastrofe. Può essere stata un’avaria come una bomba celata in un punto critico dell’Airbus.
Ripercorriamo l’ultimo segmento di rotta del volo MS804 in viaggio da Parigi al Cairo. Fondamentale l’Acars, invia in automatico i dati dell’aereo. Il sito Avherald è riuscito ad ottenere alcuni, non tutti. Dunque è una «fotografia» parziale.
1.24: l’Airbus entra nello spazio greco.
1.48: contatto radio con i controllori.
2.26: l’Acars segnala un problema al sistema antighiaccio del finestrino destro, quello del copilota.
2.26: seconda segnalazione al finestrino, non chiaro se sia chiuso o aperto.
2.26: fumo nella toilette anteriore.
2.27: fumo nel comparto avionica, sotto la cabina di pilotaggio.
2.27: i controllori chiamano senza ottenere risposta.
2.28: nuova anomalia, ad un altro finestrino destro, sempre quello del copilota.
2.29: problemi all’autopilota.
2.29: problemi al sistema che controlla gli spoiler sulle ali (sono quelli che si alzano al momento dell’atterraggio).
2.29-40: perso il contatto radar.
In una prima ricostruzione il pilota ha compiuto una virata a sinistra, di 90 gradi, manovra indicata dai manuali per le situazioni d’emergenza. Quindi l’aereo ha perso rapidamente quota. E in questo quadro si inserisce l’indiscrezione della rete Cbs che riferisce di fumo uscito da uno dei motori.
La lettura di quelli che potremmo definire sintomi cambia in base alle esperienze. I tecnici, abituati a gestire velivoli, forniscono una serie di ipotesi compatibili con quella di un guasto, di un incendio a bordo innescato non da un gesto criminale. Ricordano i precedenti del Valujet nel 1996 e dello Swissair 111, entrambi caduti a causa delle fiamme. Il primo venuto giù in tre minuti, il secondo in 21, con la prima scintilla nel comparto che gestiva video-musica. Infine rammentano che l’Airbus del disastro aveva avuto un guasto al motore nel 2013.
Diversa l’analisi dei poliziotti, sospettosi per mestiere e consapevoli delle capacità dei terroristi. Il sabotatore potrebbe aver piazzato una piccola carica nel bagno anteriore, sapendo che una deflagrazione anche ridotta avrebbe provocato la reazione a catena. Uno scoppio che ha investito piloti e cuore elettronico del velivolo. E rimarcano come la rapidità con la quale l’MS804 è andato fuori controllo possa essere spiegata proprio da un’emergenza di natura dolosa. Torna dunque la teoria degli attentatori. Uomini capaci di costruire un ordigno di ridotte dimensioni (magari fatto passare attraverso i controlli in parti scomposte) o che hanno elaborato un modus operandi che gli permette di sabotare un jet parcheggiato. Una tattica così importante che porterebbe i responsabili ad evitare la rivendicazione per non fornire alcuno spunto a chi indaga.
Per questo ora si riesaminano con attenzione i video e i rapporti per capire chi è entrato in contatto con l’aereo durante i 90 minuti di sosta al Charles de Gaulle. Un calcolo approssimativo parla di non meno di 40 persone da scrutinare, però potrebbero essere di più. Un contributo potrà arrivare dai reperti recuperati in mare, con eventuali tracce su corpi e rottami che sostengono la tesi dell’attentato. E c’è anche spazio – secondo alcuni – per uno scenario all’Ustica: nella zona della tragedia erano in corso esercitazioni navali con la partecipazione di molti paesi, manovre legate alla lotta ai traffici illegali. Al momento, però, non c’è nulla che provi un legame con la sciagura.