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 2016  maggio 22 Domenica calendario

Gli Stati Uniti consideravano Occhetto un pericolo. Ecco i documenti declassificati del Dipartimento di Stato Usa

Achille Occhetto, che ha festeggiato ottanta anni all’inizio di marzo, fu il primo segretario generale del Pci ad andare negli Stati Uniti. Una visita storica. La partenza avvenne il 15 maggio del 1989, l’anno fatidico del crollo del Muro di Berlino e della svolta della Bolognina. Occhetto, segretario del partito dal 1988, andò a Washington con la moglie Aureliana Alberici e il responsabile esteri del Pci, Giorgio Napolitano. Tre giorni prima, l’ambasciatore americano a Roma, Maxwell Rabb, mandò un lungo cablo alla Segreteria di Stato degli Stati Uniti. Una radiografia della missione di Occhetto. Il report fa parte dei documenti declassificati del Dipartimento di Stato di Washington e il Fatto ne ha visionati dieci, fino al novembre di quell’anno, grazie allo studioso Andrea Spiri, che ne ha curato la traduzione.
 
“Vuole influenzare la politica italiana”
Il documento intitolato “Scenario sulla visita di Occhetto negli Stati Uniti”, a firma di Rabb e con la data del 12 maggio 1989, comincia così: “Lunedì prossimo Occhetto inizierà la settimana di visita negli Stati Uniti, la prima di un segretario del Partito comunista italiano. La tempistica del viaggio indica che il principale scopo della visita è quello di influenzare la politica interna italiana. Sta per cominciare la campagna elettorale per le consultazioni europee del 18 giugno. Occhetto è impaziente di dimostrare che il Partito socialista rivale non è l’unica forza responsabile della sinistra italiana”. A Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio è Ciriaco De Mita, leader dc. Ancora per poco, però. De Mita si dimetterà il 19 maggio. C’è un nuovo patto di potere nella maggioranza di pentapartito: Craxi, Andreotti e Forlani. È il Caf.
 
La “disinvoltura” verso Nato e Washington
Continua Rabb: “Gli sforzi di Occhetto per convincere gli elettori italiani che il Pci non è un pericolo, ma rappresenta piuttosto una nuova alternativa al lungo predominio democristiano, lo hanno spinto ad abbandonare tanti vecchi dogmi comunisti. Ciò gli ha procurato molti commenti favorevoli presso la stampa internazionale. Dovrebbero comunque essere evitati giudizi frettolosi in merito alla questione se il Pci sia diventato o meno socialdemocratico. Il Pci ha una lunga tradizione sentimentale a sinistra – particolarmente disinvolta verso gli Stati Uniti e la Nato – con radici profonde tra le masse, che Occhetto non può abolire con un semplice pronunciamento ex cathedra”.
 
L’immagine “incolore”, la vis manageriale
Nell’analisi degli americani, il viaggio di Occhetto fa parte di un preciso disegno politico. Conquistare gli Stati Uniti e influenzare l’opinione pubblica italiana: “Occhetto spera di conquistarsi degli amici negli Stati Uniti, ma il primo obiettivo del viaggio è il desiderio di influenzare la politica interna italiana. Da quando ha assunto la guida del Pci l’anno scorso, Occhetto sta provando a rimuovere l’immagine incolore del Pci e a convincere gli elettori italiani a non avere paura, ma anzi a guardare al suo partito come a una nuova alternativa ai democristiani che hanno dominato l’Italia dalla fine della Seconda guerra mondiale”. Nella visione di Rabb compaiono i temi della modernizzazione che poi domineranno tutta la successiva dell’era del post-Pci: “Occhetto sta seguendo una doppia strategia. All’interno sta tentando di proiettare un’immagine di gradevole moderazione e competenza manageriale. E dunque ha ridimensionato l’utilizzo dei simboli tradizionali del partito (per esempio la falce e il martello) al Congresso di marzo. Ha anche proclamato l’adesione ai princìpi del mercato e sconfessato qualsiasi intenzione di ottenere ulteriori nazionalizzazioni. (…). Nel corso di una recente intervista televisiva, ha persino lodato gli Stati Uniti per il loro sistema di pesi e contrappesi che consentono di occuparsi della ‘questione morale’”.
 
Napolitano “moderato” ma contro gli F-16
Il cablo dà conto anche delle divisioni interne del Pci: il “centro” togliattiano, la sinistra, infine la destra migliorista che viene definita “ala moderata”. In questo quadro è critico il giudizio sul “moderato” Giorgio Napolitano, in merito alla questione dei missili Cruise a Comiso e al trasferimento dei 401ST TFW dalla Spagna: “Di grandissima importanza per gli Stati Uniti è la predisposizione del Pci nei confronti del nostro Paese e dell’Alleanza Atlantica. Su questo punto, il Pci mostra una considerevole ambivalenza. (…). Il parlamentare Giorgio Napolitano, un moderato, questa settimana ha riconfermato le posizioni del Pci sulla Nato, mentre presentava al Comitato Centrale la piattaforma programmatica per le elezioni europee. Napolitano, comunque, nutre ancora delle riserve sui 401ST. A suo dire, il Pci trova ‘ingiustificabile la tendenza del governo italiano a non esplorare strade che rendano non necessaria l’installazione degli F-16 in Calabria’”.
 
“Se lo accogliamo bene indeboliamo Bettino”
Il passaggio su Napolitano è il preludio al suggerimento finale dell’ambasciatore Rabb che ravvisa “alcuni pericoli” nel viaggio di Occhetto. Lo scongelamento del Pci potrebbe indebolire il Psi di Bettino Craxi e cambiare radicalmente gli equilibri. E un Pci ambiguamente moderato può allearsi sia con la Dc contro i socialisti, sia con lo stesso Psi. Conclude l’ambasciatore: “Per riassumere, noi intravediamo alcuni pericoli nel viaggio di Occhetto. Nella misura in cui egli può rivendicare che il Pci è adesso ricevuto in modo amichevole e sereno negli Stati Uniti, egli potrà indebolire la posizione di coloro – in special modo Craxi – che si sono realmente misurati con il test dell’amicizia. È nell’interesse del nostro governo ridurre, se non possiamo evitare, l’impressione che noi consideriamo il Pci esattamente alla stregua di un altro partito democratico”. Fin qui, il primo report. Il secondo ha la data del 22 agosto 1989. A Roma, all’ambasciata americana di Via Veneto, è stato nominato Peter Secchia al posto di Rabb. Le comunicazioni agostane sono firmate da John Holmes, incaricato d’affari e numero due dell’ambasciata, e hanno questo titolo: “I comunisti rinunciano al passato stalinista”.
 
Togliatti stalinista: i conti di De Giovanni
Al centro dell’analisi c’è un articolo del filosofo Biagio De Giovanni, esponente della direzione del Pci, pubblicato dall’Unità per i 25 anni della morte di Palmiro Togliatti. De Giovanni fa i conti con Togliatti e lo stalinismo e si sofferma sul riformismo che rese diverso il Pci dal partito sovietico. Ecco il commento di Holmes recapitato a Washington: “Questo è l’ultimo tentativo della nuova leadership del Pci di andare oltre l’eredità stalinista del partito. Alcuni veterani del partito che hanno lavorato con Togliatti hanno rifiutato di rinnegarlo. Un esponente della vecchia guardia, Giancarlo Pajetta, ha riferito ai giornalisti che l’articolo di De Giovanni offre semplicemente munizioni ai nemici e rappresenta un ‘errore’. Ma il gruppo della giovane leadership attorno a Occhetto è unanime nel proprio desiderio di chiudere i libri sul passato stalinista del partito, un passato in cui Togliatti ha giocato un ruolo cruciale. L’articolo di De Giovanni, secondo la segreteria del Pci, ‘riflette pienamente l’opinione del gruppo dirigente’ del partito”.
 
Altro che alternativa, la guerra con il Psi
L’Ottantanove segnò la fine del totalitarismo sovietico nell’Europa dell’Est. Simbolo di quell’anno fu il Muro di Berlino picconato il 9 novembre e che divideva le due Germanie. Il 12 novembre, Achille Occhetto era a Bologna per i 45 anni della battaglia partigiana della Bolognina. Fu lì che annunciò il cambio di nome. Il 15 novembre dall’ambasciata Usa viene spedito un lungo cablo firmato da Secchia: “L’Europa orientale costringe i comunisti italiani a un cambio di passo”. Secchia associa alla svolta della Bolognina anche un altro evento: “Stimolato dagli inesorabili cambiamenti nell’Europa orientale, Achille Occhetto, muovendosi lungo una rotta rifiutata lo scorso aprile, ha annunciato la propria intenzione di cambiare nome al Partito comunista italiano. Nel corso del Congresso del partito ad aprile, egli non aveva preso in considerazione gli inviti a modificare nome al Pci. (…). Oltre al crollo del Muro di Berlino, l’evento che forse ha maggiormente influenzato Occhetto è stata la decisione del partito ungherese di assumere la denominazione socialista; questo fa il paio con l’entusiastica reazione di Bettino Craxi, leader del Psi, e con l’interesse dimostrato dallo stesso partito ungherese ad associarsi all’Internazionale socialista. In antitesi a ciò, Craxi non ha fatto mistero della propria opposizione all’ingresso del Pci nell’Internazionale”.
 
Le forze del progresso, il malessere della base
Secchia descrive in questo modo la svolta della Bolognina: “Nel corso di un incontro a Bologna con i veterani della Seconda guerra mondiale, egli ha detto con tipica ellissi che il crollo del Muro di Berlino rende necessario percorrere nuove strade per dare linfa alle ‘forze del progresso’. Quando i giornalisti gli hanno chiesto se ciò implicasse anche un cambiamento del nome, ha risposto per la prima volta che ‘tutto è possibile’”. L’ambasciatore riassume anche il dramma dei tormenti interni, dai vertici alla base (“il vecchio stalinista Cossutta” e il “malessere” degli iscritti che hanno “sommerso di chiamate” la sede nazionale del Pci), e soprattutto dà voce ai sospetti e alle speranze dei socialisti di Craxi. Più che l’alternativa di sinistra, da una parte (Occhetto) e dall’altra (Psi) è l’incipit di una nuova competizione.
 
“Restano reazionari e conservatori”
Il report prosegue con questi toni: “Sia la Dc che il Psi si sono affrettati a sottolineare che, contrariamente ai partiti progressisti in Ungheria e Polonia, il Pci è un partito reazionario e conservatore. Un dirigente socialista ci ha confidato che il Psi guarda con favore ai cambiamenti nell’Est europeo, dal momento che essi rappresentano un’opportunità per il Psi di soppiantare il Pci. Né il Psi né tantomeno la Dc permetteranno al Pci di cavarsela con un semplice cambiamento cosmetico nel nome. Essi chiederanno al Pci di mostrare la sostanza dietro ai proclami di appartenere alla famiglia della sinistra democratica europea. L’abilità del Pci dovrà consistere nel cambiare senza perdere lo zoccolo duro del suo elettorato. Il successo dell’operazione resta questione aperta, ma è un dato di fatto che il partito abbia deciso che è giunto il momento di provarci”.
 
“Non facciamoci trovare impreparati”
Nel tipico commento finale, Secchia dimostra una lungimiranza maggiore di quella a carattere “domestico” di Dc e Psi. Non a caso il suo è un invito a Washington a prepararsi per il futuro: “Quanto sta avvenendo è assolutamente rilevante per la politica americana di lungo periodo, perché investe tematiche quali l’opposizione alla partecipazione del Pci al governo e la conseguente freddezza nei contatti ad alto livello con lo stesso Pci. Un cambiamento nel nome significherebbe poco, ma se il Pci dovesse riuscire ad associarsi all’Internazionale socialista, il che non è per niente certo, noi dovremmo essere preparati. Non si tratta affatto di dare un giudizio prematuro su come potrebbe evolvere il nostro indirizzo politico, ma di richiamare, ci auguriamo, l’attenzione sul tema”. La collocazione futura del partito di Occhetto ricorre nel report del 18 novembre in cui si dà conto anche di un incontro dell’ambasciatore Secchia con Massimo D’Alema, all’epoca direttore dell’Unità. È da lì che partiremo nella seconda puntata.
1. continua