Il Messaggero, 23 maggio 2016
Guardare un film da dentro. Nel primo cinema che proietta la realtà virtuale. Ma senza pop corn
Le mani diventano fredde dopo un paio di minuti, il senso di vertigine è reale. Se il capogiro persiste, ci si aggrappa ai braccioli delle poltrone. È un riflesso condizionato. Mentre il corpo cerca un appiglio per non cadere, la mente trova conforto nel contatto con la materia. Quella vera, non virtuale. Dopo anni di episodiche sperimentazioni pop up (l’ultima alla scorsa Berlinale), il cinema virtuale ha finalmente trovato casa. In poco più di un mese l’olandese &SamHoud Media ha aperto due sale cinematografiche dedicate esclusivamente a film VR, prodotti e pensati per i visori Samsung Gear. La prima ha aperto ad Amsterdam il 2 marzo, la seconda il 14 aprile a Berlino. Altre tre inaugurazioni sono previste nel 2016: la prossima a Colonia, poi forse a Parigi, la terza certamente non sarà in Italia. «La strategia punta alle capitali europee. Ma Roma è ancora troppo tradizionale – spiega un’addetta del cinema berlinese – Milano potrebbe funzionare meglio».
IL TEAMA gestire il cinema nella capitale tedesca è un team di otto persone, che in 15 giorni di attività ha già accolto quasi un migliaio di spettatori. «La maggior parte sono trentenni – spiega Michael Yosef, manager del cinema – e arrivano anche molti genitori con bambini. Le reazioni? Stupore e sorpresa, non tutti sanno cosa aspettarsi». All’ultimo piano di un ex stabile industriale a pochi passi da Alexanderplatz, riconvertito a factory che ospita numerose realtà artistiche, il VR Cinema si raggiunge percorrendo una scala che si avvita lungo muri scrostati, grate di ferro e piccole finestre affacciate sulla Sprea. Il foyer funziona da bar, biglietteria, “sala di decompressione” per gli spettatori che hanno bisogno di ritrovare, letteralmente, l’equilibrio dopo la proiezione. L’atmosfera è rilassata, le luci basse, i mobili vintage, un paio di vecchi proiettori penzolano dalle pareti in funzione ornamentale. Al bancone servono bibite gassate, alcolici e superalcolici, ma manca il pop corn: «Con il visore – dice Yosef – è impossibile mangiare». Assumere alcol o stupefacenti prima della proiezione, a Berlino come ad Amsterdam, è sconsigliato.
Il cinema propone nove proiezioni al giorno, a partire dal primo pomeriggio fino a sera. Con 12 euro e 50 si acquista un pacchetto di cinque corti in realtà virtuale della durata complessiva di mezz’ora: «Sono solo trenta minuti, ma valgono come 90». Ogni spettatore pagante ha diritto a una poltrona girevole, una cuffia e un visore. Si entra in sala tutti insieme, per un massimo di 45 spettatori, ma il “viaggio” è personale e personalizzato in base al pacchetto scelto: video musicali, cartoni, video-arte, film dal vero, horror. Le sedie sono disposte in cerchio, intorno a una specie di altarino hipster decorato con esemplari di tecnologia del Novecento, qualche vinile, un vecchio telefono, una macchina fotografica.
NESSUNO SCHERMOLa sala è luminosa e il grande schermo, naturalmente, non c’è. Prima della proiezione l’house instructor, il corrispettivo VR del proiezionista, spiega al pubblico le poche regole della casa: una rotellina per aggiustare il fuoco e un tasto per il volume sugli occhiali, mentre per segnalare un problema basta alzare una mano. O levarsi il visore, se l’esperienza risulta troppo intensa: volare in VR produce una vertigine molto reale, e tre corti su cinque (gli oniriciDreams of Dali e The Cryogenian e il cartoonSent) giocano su questo effetto. I film si succedono in sequenza, separati da un cartello che invita lo spettatore a rimanere seduto e attendere il corto successivo. Si perde facilmente il senso del tempo, impossibile mantenere l’orientamento nel mondo reale. «I bambini sono i più bravi, capiscono subito che non devono guardare un film in VR come si fa con la televisione. Si muovono, cambiano prospettiva, esplorano gli ambienti. Gli adulti, invece, tendono a rimanere più fermi». Anche se i film in VR non hanno ancora un rating, cioè un divieto in base all’età, il cinema offre un pacchetto speciale per i più piccoli. «Ma i genitori devono sapere che non possono controllare i bambini durante il film, e se lo fanno si rovinano l’esperienza». Al termine della proiezione gli addetti ritirano i visori, estraggono i Samsung S6 dagli occhiali, ne puliscono lo schermo, controllano la batteria. Per mezz’ora di cinema il telefono ha consumato appena il 20% della carica.
Si esce dalla sala in silenzio, ognuno con i propri ricordi e il proprio virtuale applauso nella testa. Niente di strano, commenta Yosef, «in fondo è la stessa cosa che succede nei cinema tradizionali. Ognuno ha il suo modo di vedere i film, ognuno prova emozioni diverse. Certo, ogni tanto ci si distrae e si parla col vicino. Ma se la storia è coinvolgente gli spettatori sono completamente assorbiti. Proprio come capita qui dentro».