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 2016  maggio 23 Lunedì calendario

L’arte del rifiuto. Quando la spazzatura è al centro dell’opera

È noto che James Joyce fa iniziare a Leopold Bloom la sua giornata-viaggio dublinese alzandosi dal water. È appena nato, almeno dal punto di vista letterario, e già scarta qualcosa. Ora grazie a “Non tutto è da buttare”, eccellente saggio di Alessandro Zaccuri (La Scuola, 168 pagine, 14,50 euro) scopriamo che l’intera arte non fa altro che gettar via e subito dopo riafferrare, riutilizzare, riciclare. Operazioni compiute ad esempio da Don DeLillo che in “Underworld”, capolavoro del postmoderno uscito nel 1997, mette la spazzatura al centro del racconto come già aveva fatto Dickens oltre un secolo prima nel “Nostro comune amico”, ultimo libro da lui completato prima della morte. E che dire dell’arte contemporanea? Si va dalle scatolette di Manzoni al letto sfatto dell’inglese Tracy Emin per planare quindi sulla Biennale di Venezia dello scorso anno dove lo svizzero Thomas Hirschhorn ha portato “Roof Off”, un cumulo di cartacce “di lusso”. Si trattava di pagine strappate dai capolavori della cultura classica. Che così trattate diventavano scarto, rifiuto, immondizia.
COMPONENTI
Zaccuri propone un’analisi interdisciplinare spostandosi con naturalezza dalla filosofia al cinema, dalla narrativa alle serie televisive. E arriva a stabilire che la spazzatura costituisce una componente fondamentale dell’opera di Calvino (in “Le città invisibili” figura Leonia che simboleggia la società dei rifiuti) e di Pasolini che a partire da “Ragazzi di vita” ha utilizzato lo squallore urbano per mostrare il volto più visibile della rovina moderna. A volte sono gli stessi libri ad essere smaltiti o distrutti come accade in “Una solitudine troppo rumorosa” del praghese Hrabal dove il protagonista si guadagna da vivere come operaio al macero di Praga. «Per 35 anni ho pressato la carta vecchia – dice Hant’a – e se dovessi nuovamente scegliere, non vorrei fare nient’altro che quello che ho fatto in questi 35 anni».
Il contrario accade in “Fideg” di Paolo Colagrande dove un operaio salva dal macero, per leggerlo e diffonderlo, il volume di un autore poco noto garantendogli nuova vita. In “Stramonio” di Ugo Riccarelli al centro c’è l’accettazione per nulla rassegnata dell’impossibilità di escludere la spazzatura dall’orizzonte della nostra umanità, mentre in “La discarica” Paolo Teobaldi assume il punto di vista di Tiziano Rossi, insegnante di lettere che le assurdità burocratiche del pubblico impiego finiscono per assegnare ai servizi di nettezza urbana.
STELLE
Sulle foto dell’immondizia hanno costruito la loro fortuna Bruno Mouron e Pascal Rostain, paparazzi poi riciclatisi in artisti d’avanguardia che portano in giro per il mondo una mostra intitolata “Autopsie” dove esibiscono ai curiosi le immagini dei rifiuti prodotti dalle star. Il primo ad essere stato messo nel mirino fu il cantautore Serge Gainsbourg, seguito da Arnold Schwarzenegger, da Jeff Koons, Damien Hirst e molti altri. Con la particolarità che le bottiglie immortalate fuori da una villa di Madonna sono anche raggruppate in ragione della marca.
Impossibile poi dimenticare che nel reality Grande fratello a partire dal 2007 la produzione ha deciso di aggiungere nella casa dei concorrenti una “discarica” dove rinchiudere i peggiori della settimana, un colpo di trash tv che però non si rivelato utile per risollevare gli ascolti.
Naturalmente Zaccuri nel corso della sua indagine ci ricorda che i rifiuti sono un “bene di valore negativo": possono essere riciclati e quindi tornare a produrre profitti ma la raccolta differenziata ha un costo al pari del loro trattamento. A seconda delle condizioni la spazzatura può costituire un ottimo o un pessimo affare, almeno per gli imprenditori.
Ma basta far un piccolo passo di lato, precisa il saggista, ed ecco che “a munnezza è oro”, come teorizzava nel 1992 il boss della camorra Nunzio Perrella. E i rifiuti sono il “core business” dell’azienda amministrata dal corpulento Tony (ovvero l’attore James Gandolfini) nella serie tv dei Soprano andata in onda per sei stagioni sino al 2007 con un enorme successo negli Usa e nell’intera Europa.
ORIZZONTE
Impossibile, insomma, escludere la spazzatura dall’orizzonte della nostra umanità. L’immondizia, ribadisce Zaccuri dopo aver chiamato in causa, letteratura, economia, arti visive, cinema e tv, fa parte del reale. «Chi prova a negarlo – aggiunge in conclusione – è condannato a trasformare in scarto la sua esistenza. Chi invece lo comprende scopre quello che osserva lo spettatore del film American Beauty dove negli ultimi fotogrammi il regista cattura l’immagine di un rifiuto e trasmette la vitalità di ogni cosa, la forza alla quale, in mancanza di meglio, diamo il nome di bellezza, ovvero quel che rimane quando nient’altro resta».