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 2016  maggio 23 Lunedì calendario

Al Mugello la fortuna di Jorge e la iella di Vale

La nuvola bianca che si sprigiona all’improvviso dalla Yamaha di Valentino è un veleno che intossica i cuori, un fumo che fa piangere di rabbia il Popolo Giallo e il loro eroe sfortunato. Il motore s’è rotto al nono giro, quando tallonava Lorenzo giocando al sorpasso come il gatto col topo: Rossi al Mugello cercava giustizia, un’esemplare rivincita sui due spagnoli che lo scorso anno gli hanno rubato un sogno. Che amarezza. Tradito da un misterioso accidente nel momento migliore, perché era chiaramente il più veloce e i centomila del Mugello già ringhiavano di piacere. «Se avessimo continuato insieme, alla fine avrebbe vinto lui», confessa Jorge.
Invece questo ritiro è la più crudele e dura delle sconfitte per il Dottore: perché poi Lorenzo ha beffato Marquez di 19 millesimi, superandolo 5 metri prima del traguardo, e ora la coppia iberica ha preso il largo in classifica. A un terzo del campionato “quei due” sono in fuga: il pesarese insegue a 37 punti il campione in carica, da Marc lo separano 27 lunghezze. Troppe. E questa volta non c’è nemmeno qualcuno con cui prendersela. A parte il destino, doppiamente baro: perché ieri anche il motore del maiorchino è esploso, però è successo proprio al termine del warm up e la Yamaha lo ha facilmente sostituito prima del via, senza preoccuparsi di fare lo stesso con la M1 di Rossi. Giacomo Agostini lo aveva detto: «È un segno». La buona sorte di Jorge, la iella di Vale.
«Al momento è presto per capire dove sia il guasto», sostiene Lin Jarvis, managing director della casa di Iwata. Che come tutte le altre dispone di 7 motori per pilota, e ieri aveva montato per entrambi il terzo. «Quello di Rossi aveva meno chilometri dell’altro». E allora? Non sarebbe una questione di surriscaldamento. Piuttosto, un difetto di serie: forse un errore in qualche componente, o nel montaggio. «Dobbiamo venirne subito a capo», s’inquietano i diretti interessati. I restanti 4 esemplari a testa, tutti ‘congelati’ ma sui quali si può intervenire in caso di lacune di produzione, non possono più lasciarli a piedi.
Peccato, poteva essere una gara indimenticabile. Lo è stata comunque, con Marquez che nonostante i limiti della Honda ha recuperato sul maiorchino, ingaggiando un esaltante duello nell’ultimo giro. I due si sono anche toccati, al catalano è saltata la protezione del gomito sinistro e potevano cadere entrambi. Fuoriclasse Jorge: «Quando mi ha passato, mi ero ormai rassegnato al secondo posto. Poi mi sono ricordato di una manovra che avevo fatto qui 11 anni fa, quando correvo con la Honda 250 cc: riuscii a bruciare De Angelis e chiusi secondo, dietro Pedrosa. È andata di nuovo bene. Anzi, meglio». Ha detto è stata una delle migliori prove della sua vita: «Anche perché partivo dalla seconda fila e sono andato subito davanti, ma il passo non era buono. Sono stato bravo, sì. E fortunato, a differenza di Rossi».
Anche Iannone aveva le carte in regola per vincere: ha firmato il record mondiale di velocità a 354,9 kmh, e nel finale il giro più veloce. Ma ha clamorosamente fallito al semaforo verde, passando dalla prima fila all’undicesimo posto: «È scivolata la frizione». Un altro guaio meccanico? Però la Ducati è potente da fare paura, e l’ultimo gradino del podio è comunque una bella soddisfazione. «Sono contento, anche se ho il dubbio di avere sprecato una occasione incredibile».
La prefettura sosteneva fosse un “evento a rischio”, ma 600 tra agenti e militari si sono limitati all’ordinaria amministrazione. Quello dei motociclisti è un pubblico di appassionati veri, che ha risposto ai timori degli altri con una grande festa. «A dire il vero, al momento della premiazione ho visto volare un pomodoro e altri oggetti», si è lamentato Marquez. I fischi agli spagnoli ci sono stati, molti, però mischiati agli applausi. La folla è rimasta a lungo in attesa che Valentino facesse a sua volta capolino sul podio. Non era giornata. Sul traguardo, invaso dalla folla, hanno acceso dei fumogeni gialli. Ma il ricordo di quella nuvola bianca non se n’è andato.