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 2016  maggio 23 Lunedì calendario

Anche gli scienziati vanno al pub e bevono birra, solo che tra una pinta e l’altra spiegano l’astrofisica

L’iniziativa, che ha scopi divulgativi, s’intitola “Pint of Science” e si svolge da oggi in dodici Paesi, comprese quattordici città italiane
Nel 2012 Michael Motskin e Praveen Paul, ricercatori all’Imperial College di Londra, diedero vita a Meet the researchers. L’idea era quella di far visitare a persone affette da malattie neurodegenerative i propri laboratori, per mostrare che ricerca facessero. Il successo dell’evento suggerì a Michael e Praveen l’idea contraria: portare i ricercatori fuori dai laboratori, ad incontrare le persone. Nacque così Pint of Science, in cui a parlare è chi la Scienza la fa. Il tutto in un contesto come quello di un pub, sorseggiando birra, per far capire che gli scienziati non vivono in un mondo astratto tutto loro. O almeno fnon sempre. La prima edizione del festival si svolse nel maggio 2013: un successo strepitoso.
Da allora, 12 nazioni hanno aderito all’iniziativa, con sempre più locali, ricercatori e pubblico. In Italia,
Pint of Science giunge nel 2015: sei città, più di sessanta ricercatori, 2400 persone ad ascoltare. Quest’anno abbiamo deciso di ingrandirci: quattordici città, trenta pub, 122 relatori. “Abbiamo” perché, nell’organizzazione, ci sono anche io. Siamo novanta in tutto, a creare e gestire l’evento. Tutti volontari, tutto gratis. Nemmeno i proprietari dei pub ricevono un compenso. Ognuno mette a disposizione tempo, spazi ed impegno perché consapevole dell’importanza del progetto. Sempre più spesso i ricercatori si ritrovano a dover fronteggiare la domanda «Ma in fondo, la tua ricerca, a cosa serve?». Il quesito, sebbene possa sembrare irritante, è in realtà legittimo: sono le tasse dei cittadini ad essere reinvestite nella ricerca, è quindi un dovere di noi ricercatori spiegare come vengano impiegati tali soldi. E illustrare come anche le ricerche all’apparenza più astruse abbiano spesso ricadute su tutta la società. Perché se non rendiamo la comunità della ricerca un tutt’uno con quella dei cittadini, non possiamo poi lamentarci e cercare appoggio per fronteggiare i tagli dei fondi. Ma, in realtà,
Pint of Science ha un altro obiettivo, forse addirittura più arduo da raggiungere: far appassionare le persone alla scienza. È per rendere partecipe il pubblico della bellezza di ciò che ci circonda, dell’emozione provata nell’inseguire la curiosità, che ricercatori conosciuti e di livello internazionale spiegheranno le ultime ricerche di chimica, fisica, astronomia, neuroscienze, psicologia, psichiatria, biologia umana, scienze della terra, evoluzione, zoologia, tecnologia, scienze politiche e più o meno tutto ciò vi venga in mente. E l’idea che muove Pint of Science (trovate tutto sul sito omonimo) è che tali argomenti debbano essere resi comprensibili anche ai non addetti ai lavori. Alla presidentessa italiana Ilaria Zanardi piace dire che la scienza deve risultare “sexy”, che ogni tipologia di pubblico deve uscire soddisfatta da quel pub. È un compito realmente difficile, ma i ricercatori sono gente strana e spesso si esaltano nelle difficoltà. Ecco il perché dei volontari. Per darvi l’occasione di innamorarvi della Scienza. Al pub. Dove si discuterà di come il cambiamento climatico influenzi la produzione della birra ( Santeria Social Club di Milano), di vaccini ( Il Palio, a Siena), di come ingannare le percezioni corporee ( Birrificio Torino), delle tecniche per potenziare l’attività del cervello ( Moltivolti, Palermo). E anche: delle tecnologie per l’arrampicata ( Cafe’ de la Paix a Trento) della sicurezza informatica ( Black Bull Pub, Pavia) e della psiconcologia – disciplina all’interfaccia tra oncologia e psicologia – allo Slash di Napoli, fino allo studio del cancro attraverso le analogie con i funghi (al Beba do Samba di Roma). Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Sono certo ce ne sia anche per i vostri.

(L’autore dell’articolo è astrofisico dell’osservatorio di Milano Brera e dell’università dell’Insubria)