Corriere della Sera, 23 maggio 2016
Vent’anni senza la poesia di Dario Bellezza. Lo ricorda un libro che lascia perplessi e disorientati
Dario Bellezza è morto a 52 anni a Roma, di Aids, alle 3.25 di domenica 31 marzo 1996, all’ospedale per malattie infettive Spallanzani. Per il ventennale, Maurizio Gregorini ha pubblicato Il male di Dario Bellezza. Vita e morte di un poeta (Castelvecchi, pagine 210, e 18,50). In realtà si tratta della ristampa di un testo uscito – in forma ridotta – nel ’97 e, poi, nel 2006 per il decennale della morte, adesso riscritto e ampliato, la cui lettura lascia molto perplessi e disorientati.
Ci sono pagine bellissime, chiosate con maestria e affetto per un amico di cui l’autore è testimone diretto degli ultimi due mesi di vita e, al contrario, pagine di diario che Gregorini avrebbe fatto meglio a non scrivere o, almeno, a non pubblicare: operazione, quest’ultima di revisione, su cui forse sarebbe stato necessario un intervento di editing della casa editrice. L’autore narra circostanze intime e private, note a chi ha avuto la ventura di assistere dei malati, ma che non si vanno a raccontare in giro, tantomeno si scrivono. Non per censura – si badi – ma per buon gusto, per non superare certi limiti di decenza.
Passi il fatto che, oddio come sono bravo, «Dario mi stimava come poeta» et similia. D’altronde Gregorini mette le mani avanti: «Per molto tempo sono stato accusato di essermi fatto pubblicità sfruttando l’occasione della sua morte».
Non manca qualche aspetto, come dire?, quasi patetico. Sentite: «Ho portato con me la copia della ristampa di Morte di Pasolini, il libro Gatti dove ha voluto includere una mia intervista e Colosseo. Apologia di teatro; vorrei che ci scrivesse sopra qualcosa. Leggo sul primo: “A Maurizio, grazie per la sua amicizia”; sul secondo: “A Maurizio. W i gatti”; sul terzo: “A Maurizio, auguri per la sua poesia”. Mi accorgo così che la sua grafia è incerta, ha perso il tratto forte e sicuro» (20 febbraio). E via di questo passo.
Fra l’altro non si riesce a capire come l’amico di un moribondo possa ininterrottamente tenere aperto un registratore: «Il magnetofono registra tutto, ma il nastro è finito. Lo scatto dello stop lo insospettisce e mi domanda che cosa sia quel rumore. Rispondo che è caduto il telecomando del televisore» (18 marzo). Insensibilità o calcolo?
Giorni terribili, con la malattia che devasta il povero Bellezza, che gli fa confondere il giorno con la notte e lo lascia in preda a vaneggiamenti, sconforto, angosce, deliri in cui parla a ruota libera, chiede di essere sepolto al cimitero inglese, trancia giudizi che non risparmiano nessuno; neppure gli amici più cari come Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Elsa Morante; o anche il Sandro Penna di qualche anno prima, talvolta assistito dallo stesso Dario negli ultimi giorni della sua agonia (gennaio ’77).
Interessante la seconda parte del libro di Gregorini, che riguarda la ristampa di una serie di interviste dell’autore allo stesso Dario Bellezza (quando era ancora in sé); a Renzo Paris, Velio Carratoni, Paolo Mosca, Elio Pecora, Carlo Struglia, Antonio Veneziani, Barbara Alberti, Adele Cambria, Luca Canali, Antonio Porta, Enzo Siciliano, Maria Luisa Spaziani. Emerge un ritratto vero del poeta di Invettive e licenze che, prima di trasferirsi a Trastevere, viveva all’ultimo piano di via Pettenari 75, fra Ponte Sisto e il Monte di Pietà, in una casa una volta abitata da un rabbino in odore di stregoneria. «Luogo di rinascita» e di «folgorazione esistenziale» – ha scritto Dario – dove si aggiravano «gatti e umani alla ricerca del vero che solo il sorriso di Budda» poteva «cancellare in armonie di sogno».