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 2016  maggio 22 Domenica calendario

La gara di cucina selvaggia, nelle Langhe

Lo chiamano Wild Food e consiste nel mettere nel piatto tutto ciò che vive o cresce spontaneo in natura: bacche, erbe e fiori, insetti, pesci e selvaggina, radici, muschi e alghe. Direte: roba da profondo Nord sofisticato – dove infatti spopola lo chef danese René Redzepi – o da profondo Sud tribale. In effetti pensare che le Langhe, dove il gesto più selvaggio in cucina è tagliare la carne cruda al coltello o dare un plin all’agnolotto, possano diventare la capitale del cibo selvatico, può sembrare un’idea un po’ stramba. Ma non è così. E il Local Wild Food Challenge che va in scena oggi tra i vigneti ben pettinati di Verduno è lì a dimostrarlo.
Una trentina di cuochi in arrivo da tutto il mondo – professionisti o appassionati – si lanceranno in una competizione culinaria senza limiti. Caldi, freddi, liquidi, cotti, crudi, marinati o affumicati, i piatti dovranno rispettare una sola regola: avere come ingrediente principale uno o più prodotti selvatici. Ci sarà un indiano che proporrà una rivisitazione del «thali» e una ragazzina di Verduno che si cimenterà in una «omelette spontanea», chi realizzerà un piatto crudista con radici, erbe e fiori e chi un «local sushi» con pesce ligure.
L’idea, manco a dirlo, è venuta a uno chef neozelandese che si chiama Bill Manson e si divide tra Eastbourne, piccolo centro nei pressi di Wellington, e Martha’s Vineyard, sulla costa Nord-Est degli Usa. «Viaggiando molto – dice – sono rimasto impressionato nello scoprire quanto buon cibo selvatico si possa trovare appena fuori la soglia di casa. Così, ho deciso di incoraggiare le persone a immergersi nel proprio ambiente e scoprire gli ingredienti che la natura mette a disposizione attraverso caccia, pesca, ricerca e raccolta».
La prima gara si è svolta in Nuova Zelanda, poi è arrivata negli Usa, in Finlandia e in Francia. Quella che va in scena oggi a Verduno è la prima volta in Italia, grazie all’incontro tra Bill Manson e Alessandra Buglioni di Monale, chef e titolare del Real Castello dove trascorreva le sue estati Nuto Revelli. «L’idea – dice Alessandra – mi ha subito conquistata. Le Langhe di oggi, dominate dalla bicoltura della vite e delle nocciole, possono sembrare un luogo insolito in cui celebrare il cibo selvatico. Ma non è sempre stato così. Sulle nostre colline c’è una grande tradizione nell’uso di erbe spontanee, fiori e radici, per non parlare della caccia. Rivalutare questi ingredienti significa recuperare nozioni, rispettare l’ambiente e valorizzare la biodiversità».
Tajarin verdi in brodo selvatico, zuppetta al silene, crescione e borraggine, risotto alle ortiche e menta, sfilacci di faraona e podagraria, fragole con il sambuco sono solo alcuni degli esempi che potrete trovare nei piatti. Perché se la competizione avrà dei giudici integerrimi che valuteranno impegno, ingredienti, presentazione e gusto con la collaborazione di Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, il Local Wild Food Challenge è soprattutto una festa dove per tutto il giorno si mangia, si beve e s’impara divertendosi. Il «pranzo selvatico» sarà servito direttamente in strada, su una tavolata unica per 250 persone. Prima si scoprirà cos’è il «foraging» andando alla ricerca di erbe spontanee con gli studenti dell’Unisg e si faranno workshop con i bambini sulle verdure e sul lievito madre. In serata, si accenderà un gran falò conclusivo. Se oggi vi sentite un po’ «wild», Verduno è il posto che fa per voi.