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 2016  maggio 22 Domenica calendario

Che aria tira a Napoli a due settimane dal voto

La domanda potrebbe essere: se a Bologna e Torino si testa l’egemonia Pd; se Roma e Milano sono laboratori di due destre diverse (una disintegrata, l’altra moderata), allora che diavolo di test va in scena a Napoli?Domanda non oziosa, e dalla risposta multipla.Perché tra esperimenti, tensioni e improbabili rivincite, nell’antica capitale del Mezzogiorno si combatte una sfida che, se pare scontata per quel che riguarda il vincitore finale, presenta comunque aspetti assai interessanti. E il primo riguarda proprio lui, Luigi De Magistris, il sindaco-Masaniello, primo cittadino uscente, protagonista con Pisapia, Doria e Zedda della declinante stagione dei «sindaci arancioni», impegnato – come un atleta, potremmo dire – in una sfida contro se stesso. Nella primavera del 2011, infatti, al ballottaggio sconfisse (col 65% dei consensi) Gianni Lettieri – anche stavolta in campo per il centrodestra -, ottenendo però la «miseria» di 260mila voti, su 812mila cittadini che avevano diritto al voto e 410mila che quel diritto lo esercitarono: ebbe il sì, insomma, di poco più di un napoletano su quattro.Per tentare di migliorarsi, De Magistris ha scelto una via magari pericolosa per la città ma probabilmente fruttuosa per lui: la contrapposizione totale (e in alcuni casi perfino greve) nei confronti di Matteo Renzi. Parolacce durante i comizi, riunioni col premier disertate e una campagna tutta giocata «contro Roma», come non di rado è accaduto nella difficile storia di questa città (Achille Lauro insegna). Obiettivo: stravincere e portare alle urne più cittadini di quanti ne andarono cinque anni fa.Può farcela: soprattutto considerando il lotto degli sfidanti. Fosse un western, potremmo definirli «il perdente» (Gianni Lettieri), «lo straniero» (Matteo Brambilla, Cinque Stelle) e «la condannata» (Valeria Valente, Pd). Condannata, quest’ultima, a correre con l’handicap dopo aver vinto (per 452 voti...) primarie velenosissime e contestate contro Antonio Bassolino.E fosse solo questo... L’altra condanna, se vogliamo chiamarla così, è essere sostenuta da un pacchetto di liste che chiunque, in verità, farebbe fatica a definire di centrosinistra: Ncd, Udc, Pli, Pri, Centro Democratico e – naturalmente – l’Ala assai poco protettrice di Denis Verdini. Che ieri è stato appunto a Napoli per presentare i propri candidati, finendo – come puntualmente capita – al centro dell’ennesima polemica.La faccenda è piuttosto delicata: nella sua lista, infatti, si è scoperto siano presenti figlio e nipote di Vincenzo Calone, pluripregiudicato con rapporti con la camorra. Valeria Valente ha assicurato che saranno fatte verifiche (e magari sarebbe stato il caso di farle prima...), mentre Verdini non ha battuto ciglio: «Le persone rispondono per quello che hanno fatto loro, non per quello che hanno fatto gli altri». E per far capire meglio come vede la situazione, ha aggiunto: «Mille giorni di carcere preventivo per Cosentino non sono una cosa seria».Se «la condannata» ha i suoi problemi, non è che Gianni Lettieri – «il perdente» – sia messo poi tanto meglio. Tutti i sondaggi lo indicano, nuovamente, come sfidante al ballottaggio del sindaco-Masaniello: ma le buone notizie – per lui – si fermano qui. Nella sfida testa a testa con De Magistris, infatti, è dato perdente da tutti gli istituti di sondaggio. Una sorta di sparring partner, insomma, destinato alla seconda sconfitta in cinque anni. Devoto a Berlusconi, ha accettato la candidatura e combattuto: con quali speranze di vittoria, però, e quale stato d’animo, è difficile dire.Infine «lo straniero», Matteo Brambilla, brianzolo, la cui candidatura a sindaco per conto del Movimento Cinque Stelle è prima apparsa una stramberia e poi, quando il Brambilla si è fatto conoscere, peggio ancora. Forestiero (vive sotto il Vesuvio avendo sposato una napoletana), dispensa discutibili citazioni di Totò e fa professione di fede juventina: dunque, lo si può dare tranquillamente per spacciato.Un piccolo successo personale, però, potrebbe centrarlo: e cioè, raggranellare più voti di quanti ne ottenne il candidato di Grillo cinque anni fa. Chi era? Non ci credereste: Roberto Fico. Quanti voti prese? Non ci credereste: seimilaquattrocento, pari all’1,3 per cento. Fu battuto anche dall’evergreen Clemente Mastella... Tanta acqua, e non sempre buona, è però passata sotto i ponti. Quanta lo scopriremo solo domenica 5 giugno.