La Gazzetta dello Sport, 19 maggio 2016
Lippi & Ventura, i ragazzi della classe ’48
Tutto scorre e tutto ritorna. C’è la possibilità che Marcello Lippi e Giampiero Ventura si ritrovino insieme a Coverciano, l’uno da direttore tecnico delle selezioni azzurre e l’altro da c.t. della Nazionale. I due hanno vissuto vite parallele, a tratti convergenti.
Cose condivise da Lippi e Ventura: l’anno di nascita, il 1948 delle elezioni di frontiera, Democrazia Cristiana contro Fronte Popolare, Usa contro Urss, il 1948 dell’attentato a Togliatti e di Bartali che vince il Tour; l’amore per il mare, quello di Viareggio per Lippi e quello di Genova, tra Cornigliano e Nervi, per Ventura; la Sampdoria, dove tutti e due hanno giocato – Giampiero mai in prima squadra, Marcello in pratica soltanto lì – e allenato nelle giovanili.
Le vite dei due si incrociano per la prima volta alla fine degli Anni Sessanta. «Nella Primavera del Doria – ha raccontato l’anno scorso Ventura ad Avvenire – ho giocato con Lippi, Giuseppe Sabadini e Pietro Sabatini, ma non ho mai esordito in Serie A perché mi piaceva tirare tardi la sera». Ventura chiude presto col pallone per via di un’ernia del disco: «All’epoca la trattavano col machete». Lippi no, nel decennio dei Settanta impersona l’uomo simbolo della Samp: biondo, bello, bravo, libero di ruolo, Bobby Moore mediterraneo. Mentre Lippi diventa Lippi, una figurina di certa importanza sull’album Panini, Ventura – diplomato Isef e per tanto tempo insegnante di scuola media – fa le prime esperienze da allenatore nelle giovanili della Samp. Nel biennio 1977-79 comincia a bazzicare l’ambiente della prima squadra. Schede e almanacchi non ce lo restituiscono come secondo di Canali e Giorgis, gli allenatori in prima di allora, ma come collaboratore aggiunto per la parte atletica. Ci sta che in quel periodo Ventura abbia chiesto a Lippi di eseguire qualche ripetuta. È l’ultima Samp prima di Paolo Mantovani. Quando Mantovani arriva, nel luglio del ‘79, Lippi passa alla Pistoiese, ma il nuovo proprietario gli fa una promessa: «Quando smetti di giocare, torni da noi e mi dici che cosa vuoi fare». E così Lippi nell’estate del 1982 entra come tecnico nelle giovanili blucerchiate. Ventura ha già lasciato Bogliasco da un anno, si barcamena tra i dilettanti delle due riviere liguri, Albenga prima e Rapallo poi. Qui le vite dei due divergono di brutto. Lippi da allenatore arriva presto in A, a 41 anni col Cesena. Ventura siede su una panchina di A a 50 col Cagliari. Tutti e due fanno la gavetta, quella di Ventura dura molto di più.
Lippi non ha mai allenato la Samp, Ventura sì, ma gli è andata male, promozione in A sfumata per niente nel 2000: «Ho fatto un errore madornale – spiegherà Giampiero -, ho detto sì alla Samp, di cui sono tifoso, ma un allenatore genovese non può lavorare a Genova, città dove si vive di piccole grandi invidie». Il vero tratto comune tra i due è l’estrazione popolare, operaia. Lippi bambino, a Viareggio, giocava in una squadra chiamata Stella Rossa, allenatore l’anarchico Ilario Niccoli, detto Carrara, che aveva avuto una mano mutilata da una bomba e che finì stritolato da una bomba. Ventura è cresciuto a Cornigliano, la delegazione di Genova in cui l’Italsider sfornava acciaio: «Ho capito subito – ha detto alla Stampa – che cosa significava il lavoro: disperazione, sacrificio, le camicie bianche che per la fuliggine diventavano nere in dieci minuti». A quasi 70 anni la Nazionale, forse, e con Lippi co-pilota. Sì, tutto scorre e tutto ritorna.