Il Sole 24 Ore, 19 maggio 2016
Il Giappone torna a crescere. Ed è un problema per molti
Troppa grazia per Shinzo Abe. Fino a ieri gran parte degli economisti scommetteva su un Giappone sostanzialmente in recessione, salvato magari in extremis da un Pil trimestrale negativo solamente dal giorno addizionale dell’anno bisestile. I dati preliminari sul Pil superiori a ogni attesa finiscono per complicare le strategie del premier in vista del G-7 di Ise-shima della settimana prossima, che viene in buona parte preparato in questi giorni dal summit dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali, da stasera tutti alla cerimonia inaugurale ad Akiu Onsen, area termale vicino a Sendai.
Il problema è che una performance economica non particolarmente preoccupante del Giappone, coniugata a segnali di irrobustimento dell’economia Usa, rende ancora più difficile che sia raggiunto un consenso sulla necessità di un ruolo di leadership del G-7 nello spronare la debole congiuntura globale, a fronte del rallentamento di vari Paesi emergenti a partire dalla Cina.
Questa presunta necessità era stata proclamata durante il suo recente tour europeo da Abe, che a Palazzo Vecchio aveva parlato di «rischi di crisi» per l’economia globale e ottenuto da Matteo Renzi un pieno via libera a «mostrare leadership nell’indirizzare il G-7 verso un chiaro messaggio in favore della crescita». Dopotutto, l’ultimo G-8 finanziario tenutosi in Giappone passò alla storia per il suo irresponsabile ottimismo: il comunicato finale emesso a Osaka il 14 giugno 2008 sottolineò la «resilience» delle economie avanzate e il «recente miglioramento» delle condizioni sui mercati finanziari internazionali (solo Giulio Tremonti fece le sue filippiche contro gli eccessi speculativi): peccato che giusto tre mesi dopo crollò la Lehman Brothers e con essa le Borse e l’economia mondiale.
Anche in vista della scadenza elettorale di luglio, Abe intenderebbe farsi dare una copertura internazionale all’introduzione di nuovi stimoli fiscali e alla decisione di rinviare per la seconda volta l’aumento dell’Iva. Ma a Sendai, oltretutto, gli organizzatori sono proprio la «quinta colonna tedesca» in Giappone, ossia i mandarini del ministero delle Finanze di Tokyo, che al pari dei colleghi germanici sono propensi a evitare di «comprare crescita con maggiore debito». Lo stesso ministro delle Finanze Taro Aso ha già riconosciuto che «non sarà facile» per il G-7 concordare in maniera coordinata di sostenere la crescita globale attraverso una maggiore «flessibilità fiscale». L’opposizione di Berlino è netta e anche la Gran Bretagna non è in favore di un via libera a più spesa pubblica e più debito. Gli Usa hanno di recente messo sotto accusa la Germania per il suo eccessivo surplus, ma il recentissimo rilancio della prospettiva di un rialzo anche multiplo dei tassi americani fa il gioco dei tedeschi: se gli Usa si avviano a pigiare il freno, perché mai sarebbe così essenziale che Berlino debba accelerare controvoglia? Quanto al mercato valutario, dove di recente si è aperta una breccia tra Washington e Tokyo per le reiterate minacce giapponesi di intervento diretto sul mercato dei cambi, anche in questo caso gli sviluppi recenti (con il rientro parziale del rapido apprezzamento dello yen dopo una lunga fase di debolezza) sembrano rendere la questione meno scottante. Ad ogni modo, già domani banchieri e ministri potranno confrontarsi con autorevoli economisti prima di riunirsi in un conclave che ha molti altri punti in agenda. Tra questi spicca come affrontare il problema dell’evasione fiscale internazionale, dopo che i Panama Papers hanno rimesso l’annosa questione sotto i riflettori. Probabilmente sarà annunciato anche un “Action Plan” per la lotta al finanziamento delle attività terroristiche.