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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

È stato chiesto l’ergastolo per Bossetti

Bugiardo cronico, incapace di controllarsi con ragazze e donne di qualsiasi età, inconcludente nel suo comportamento processuale, inadatto a fornire «qualsiasi alternativa valida che possa supportare la sua estraneità» al delitto. Il ritratto di Massimo Bossetti che la pm Letizia Ruggeri dipinge nella parte finale delle dodici ore di requisitoria non ha nulla a che fare con l’immagine di amorevole padre di famiglia, con il muratore tutto casa e cantiere che lui ha tentato di cucirsi addosso nelle quaranta udienze del processo. «Ha ucciso Yara, un omicidio aggravato da sevizie e crudeltà, dalla minorata difesa e della calunnia. Non è meritevole di attenuanti, nemmeno quelle generiche. Per lui chiedo l’ergastolo con isolamento diurno per sei mesi», dice la pm ai giudici. E Bossetti, prima di essere portato via, si ferma davanti al magistrato e le scocca un’occhiata carica di odio.
IL FAVOLA
Per la morte di Yara Gambirasio, scomparsa la sera del 26 novembre 2010, la Procura di Bergamo vuole il massimo della pena. «L’imputato ha voluto finire la bambina, abbandonandola nel campo di Chignolo quella morte se la poteva immaginare. Le ha inferto ferite non mortali, ma ha infierito con sevizie e agito con crudeltà. Yara se ne è andata con una lunga agonia», afferma la pm. Ma perchè proprio lei? I motivi che avrebbero spinto l’imputato a braccare la ragazzina sono imperscrutabili. «Non c’è modo di individuare il movente, non si può fare alcuna ipotesi, non ci sono elementi per dire che si conoscessero, la ricostruzione più plausibile è che si siano incontrati per caso e che lui l’abbia convinta a salire in auto. Cosa sia successo dopo è solo frutto di immaginazione», dice l’accusa.
LA PISTOLA FUMANTE
Ma che sia stato il carpentiere di Mapello a uccidere Yara, sostiene la pm, non ci sono dubbi: c’è la pistola fumante del suo dna trovato sul corpo della ragazzina e una serie di elementi – le fibre sul suo corpo, la calcina nei polmoni, le ricerche sul computer, il furgone ripreso dalle telecamere – che lo incastrano. Lui nelle intercettazioni ricorda persino che la sera in cui Yara svanì nel nulla«"pioveva o nevicava, che il campo doveva essere impalciato», ma quando è in aula «o nega o si contraddice». Bossetti, afferma la pm, «è una vita che racconta bugie e lo ha fatto anche qui. Lo chiamavano “il Favola” a ragion veduta». In cantiere ha raccontato, nell’ordine: di essere sottoposto a obbligo di firma per aver picchiato la moglie, di un’operazione al naso, di avere due tumori al cervello. «Era capace di mettersi a piangere a comando». Ma in aula mostra l’altra faccia: mastica chewingum indifferente, sorride quando la pm ricorda che la teste Alma Azzolini l’ha visto nel parcheggio del cimitero con una ragazzina. «È un tripudio di fandonie», stigmatizza l’accusa.
I COMPUTER
Le stesse menzogne che avrebbe riferito a proposito delle ricerche sui computer di casa. Il 27 novembre 2013, poco dopo mezzanotte, viene digitata la frase «ragazze vergini rosse», il 29 maggio 2014, alle 9,55 di mattina, «ragazzine con vagine rasate». Spiega il magistrato: «Non è un suggerimento di google cliccato per pigrizia, la formazione della frase è progressiva». Il figlio maggiore, in quelle ore, o dorme o è a scuola, la moglie Marita prima nega qualsiasi visita a siti pedopornografici poi si accolla parte della responsabilità. «Pare incredibile che si sia messa al computer con il marito a fare quel tipo di ricerca e poi sia andata a farsi una bella piega dal parrucchiere», spiega la pm scorrendo i tabulati dei cellulari. Alle celle telfoniche e alle telecamere sono affidati gli ultimi istanti della vita di Yara. Viene avvistata per l’ultima volta intorno alle 18.40, quanto il furgone del muratore «ha fatalmente incontrato la bambina, sulla strada che porta verso casa. Cosa sia successo lì, non è possibile dirlo». Ma si sa cosa è avvenuto dopo: «Una morte lenta, dolorosa e piena di sofferenza». La difesa di Bossetti si prepara al contrattacco: «C’è solo un mezzo dna contro di lui, non c’è movente».