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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

Ritratto di Giampiero Ventura, che ha finito la gavetta a 68 anni

Giampiero Ventura ha cominciato a realizzare le sue ambizioni dopo aver smesso di essere ambizioso. «Ormai alleno per libidine», disse dopo il biennio di Bari e prima del quinquennio di Torino. Quando arrivò, al campo c’erano i fumogeni, le camionette della polizia e i tifosi che gli davano un consiglio: «Se ne vada prima che può, qui non c’è niente da fare». Nei cinque anni che seguiranno, invece, il calcio gli ha restituito quasi tutto e gli ha dato stabilità fino a innalzarlo, a 68 anni suonati, alle soglie della Nazionale. La leggenda racconta che lo chiamarono al Bari perché il suo 4-2-4 somigliava a quello di Conte, e che nell’armadietto trovò i dvd delle partite del suo Pisa: la fonte d’ispirazione del futuro ct, che aveva levato le tende convinto di andare incontro, con una squadra così scarsa, a retrocessione sicura. Con Ventura i pugliesi arrivarono decimi, il picco della loro storia. E nacque la storia della libidine, della «palla che frulla», del «se vuoi, puoi»: fu, in definitiva, il colpo di coda di una carriera che sembrava ormai sfiorita, tra scelte sbagliate e occasioni perse, anni fantastici (le due promozioni consecutive con il Lecce, poi quella con il Cagliari anche se Cellino lo licenziò con livore: «Con Ventura, morte lenta ma sicura») e pessime idee, prima di tutto quella di accettare la Samp in B: «Quell’annata mi ha cancellato. È davvero impossibile essere profeti in patria». Forse per questo ci è riuscito a Torino e al Toro, città e squadra con cui ha vissuto un rapporto intenso e controverso, quasi sospettoso ma tremendamente fruttuoso per la squadra, tornata all’onor del mondo dopo due decenni indegni, ma anche per lui, che ha avuto la grande piazza che non aveva mai avuto, ha conosciuto l’Europa e anche la popolarità: davanti ai microfoni ci sa fare, ha una buona parlantina, sa essere ironico e dissacrante. A telecamere spente, però, è molto più spigoloso, spesso intransigente, talora permaloso e senz’altro esigente. Ma ci sono giocatori che per lui si butterebbero nel fuoco, tipo Darmian, Ogbonna, Immobile, Bonucci, Ranocchia. Ed è stato l’unico a tirar fuori da Cerci il fuoriclasse che è in lui. «Io cerco le password per entrare dentro le persone». C’è chi dice che stia già cercando la chiave d’accesso a Balotelli.
In azzurro verrà quasi certamente affiancato da Cannavro, orientato ad anteporre la carriera federale alle ricche proposte cinesi. Fino a una settimana fa il candidato numero uno era Montella, che però s’è bruciato gestendo malissimo il disastroso finale di stagione della Samp. Ventura ha invece la pelle spessa e forse ha finalmente imparato a vendersi, lui che da giovane invidiava un certo Vittorio Brogi, allenatore di dilettanti liguri: «Sa mettersi la cravatta, parlare bene: farà strada, io no». Il 1° giugno, tra l’altro, sposerà (con Cairo testimone di nozze) Luciana, conosciuta a Bari, trent’anni meno di lui. Stanno mettendo su casa in Puglia, «perché ho bisogno di sentire l’odore del mare». Scoprirà che è buona anche l’aria di Coverciano.