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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

Ci siamo dimenticati di Mazzini

Caro Augias,
sono un mazziniano, classe 1943. Ho vissuto i decenni della politica condotta da uomini come Ugo La Malfa, Giovanni Spadolini, Bruno Visentini e Leo Valiani. Nel solco dei valori tramandati da Alcide De Gasperi. Statisti che nell’editoriale dell’11 maggio Scalfari ha riproposto come modello per rafforzare l’Unità europea. Colgo l’occasione per ricordare che le prime radici dell’Europa sono nel Risorgimento: in Giuseppe Mazzini e in coloro che vissero con lui l’ideale di un progresso per l’intera umanità! Ritengo che queste radici meritino di essere riscoperte e richiamate all’attenzione dell’opinione pubblica, credo che Matteo Renzi potrebbe fare qualcosa per risvegliare questo spirito come a suo tempo fece il presidente Ciampi. Animavano il pensiero di Mazzini ideali di progresso e di equilibrio dei popoli che potrebbero aiutare in un momento opaco per l’Italia e per l’Europa, ferma a metà del suo cammino.
Avvocato Gino Alessandro Andreini – Livorno

Questa lettera ha uno slancio inconsueto nella sua evidente lontananza dalla modestia (eufemismo) della discussione politica contemporanea, in Italia e fuori. La figura di Mazzini pare ormai persa nel tempo, condensata in qualche pagina nei manuali di storia per le scuole, circondata da un alone opaco che la relega ai suoi anni. È un errore, anche se Mazzini è ormai un’icona un po’ sbiadita di cui non è facile parlare perché si rischia da una parte una stanca retorica, dall’altra un’ingiusta indifferenza, soprattutto tra i più giovani. Questa vecchia Italia disincantata e spesso incline al cinismo, ha certamente poco a che vedere con la Giovane Italia piena di ideali che lui aveva in mente, un’entità dove il patriottismo sconfinava nella religiosità – anche al di là del dovuto. Non siamo i soli a constatare una frattura netta tra tempi non tanto remoti, a ben guardare. Nemmeno gli Stati Uniti di oggi hanno molto a che vedere con lo slancio di un Abramo Lincoln che dall’alto del suo mausoleo di Washington vede sfilare scolaresche non meno annoiate di quelle italiane chine sulle imprese di un uomo molto nobile e molto austero. Tra i tanti episodi della sua vita, ne riferisco uno che lo illustra in un’ostinata coerenza. Quando la capitale d’Italia era a Firenze (1866) Mazzini venne eletto al Parlamento. La nomina non poté essere ratificata dato che sul suo capo pendevano ben due condanne per atti insurrezionali, una in Italia una in Francia. Dopo qualche mese ci furono altre elezioni e di nuovo venne eletto ma sempre senza seguito. Alla terza elezione la Camera dovette risolversi a convalidare il mandato. A questo punto però, ecco la sorpresa, fu Mazzini a respingerlo rifiutandosi, lui repubblicano, di giurare fedeltà allo Statuto concesso da un re. L’uomo era contro la monarchia per una scelta filosofica prima che politica. I popoli, scriveva, devono lottare per la propria indipendenza ma anche cercare forme federative per marciare insieme verso il progresso. La forma repubblicana è quella in cui la volontà popolare più compiutamente si esprime. Come si vede, parlare oggi di Mazzini non è facile.