la Repubblica, 19 maggio 2016
«Erano giochi brutti». Così le bimbe di Caivano raccontano gli abusi davanti al giudice
Sì, Titò stava così. E poi questo. E poi un’altra volta. E giù dettagli che fanno rabbia e orrore. Tanto che un avvocato è colto da lieve malore, dopo. Occhi di bambina che si abbassano. «Erano giochi brutti». E dove stavi?, le chiede il giudice con calma, attraverso l’intermediazione di una rassicurante psicologa. «Noi? Stavamo nella camera». E la tua mamma, dov’era? «Stava in cucina, faceva i servizi». E Chicca? «Sì, come, me la ricordo. Chicca la conoscevo. Stava nel palazzo. Giocava con me, e con le sorelle mie».
Laura (nome di fantasia) non ha ancora sei anni. Li compirà tra pochi mesi. Viene ascoltata in audizione assistita, con speciali cure e protezioni da parte del Tribunale di Napoli Nord. Lei parla e nell’aula accanto, dove quella voce infantile piomba in videoconferenza con il peso di un macigno, resta immobile il suo patrigno e presunto pedofilo, Raimondo Caputo detto Titò. Accusato di violenza sessuale e dell’omicidio di Fortuna Loffredo detta Chicca, 6 anni, scaraventata nel vuoto, nel giugno 2014, dall’ottavo piano del Parco Verde di Caivano. Lui ha il volto cupo e sibila una specie di imprecazione: «Mi vogliono buttare la benzina addosso a me, ma non so niente». La madre di Laura, invece, Marianna Fabozzi indagata anche lei, si copre le mani e piange, ma in silenzio. Non è solo la mamma di tre bambine abusate, non solo è accusata di aver coperto l’omicidio di quell’altra bimba, ma è anche madre di quell’Antonio, 3 anni, che solo un anno prima era caduto giù dallo stesso palazzo, in circostanze misteriose.
Laura non è il suo nome, tutto il resto è drammaticamente vero: il suo ruolo di vittima e insieme testimone d’accusa, gli abusi che ha subito in tenerissima età come le sue sorelle Anna (la più grande, 11 anni) e Franca (la più piccola, 4 anni e mezzo), e l’assassinio della loro amichetta Chicca. Parla e conferma tutto, Laura. Le violenze, le attenzioni morbose e reiterate di Titò, il clima di quella casa.
È solo il primo atto dell’incidente probatorio forse più duro e difficile per il gip Alessandro Buccino Grimaldi. Si tratta dell’acquisizione della prova che sarà cristallizzato per il processo. Il gip conduce con speciale sensibilità – a detta di tutte le parti, lo riconosce perfino il legale di Caputo, Salvatore Di mezza – l’audizione protetta per Laura e la sorellina Franca. Che parlano dentro la stanza con la psicologa. Intorno, giochi, libri, fogli, colori, pastelli.
Conferma tutto, Laura. È un risultato importante per la pubblica accusa, rappresentata in aula dal procuratore aggiunto Domenico Airoma, e dal pm Claudia Maone. Poco dopo, tocca a Franca, ma la piccola riesce solo a rispondere alle prime domande: «Nella casa vecchia non stavo bene». No, non le piace ricordare, ha solo 4 anni e mezzo. Suda, Franca. Si distrae, vuole disegnare. Giudici e avvocati di parte civile, Angelo Pisani e Gennaro Razzino, sono d’accordo: sospendiamo. In aula c’è anche Mimma Guardato, la mamma di Chicca, e ora che ascolta di altri abusi, non trattiene il dolore. Ma è calma: «Li ho visti in aula Caputo e la moglie, li odio ancora di più. Per me, ci sono altri segreti, altri bambini».