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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

Come cambia la legge elettorale, spiegato bene

Il 18 gennaio del 2014 Silvio Berlusconi varcò per la prima volta l’ingresso della sede del Pd, al largo del Nazareno, per incontrarsi con il segretario del Pd, ma non ancora premier, Matteo Renzi. In quell’incontro, che ha dato il via ad una valanga di sospetti e polemiche, fu siglato il cosiddetto “patto del Nazareno”: un accordo tra il partito di maggioranza relativa e una importante forza dell’opposizione per far decollare le riforme istituzionali e archiviare la Seconda Repubblica. Nel concreto un patto per una nuova legge elettorale che superasse il Porcellum (bocciato dalla Consulta pochi giorni prima) e per una nuova Costituzione che mandasse in soffitta il bicameralismo perfetto. Le due riforme dunque vengono concepite e portate avanti insieme, anche dopo la rottura di quell’accordo avvenuta con l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Tanto che l’Italicum, nome scelto dallo stesso Renzi, contiene solo le regole per eleggere la Camera, dando per scontato che il vecchio Senato scomparirà con la riforma Boschi (referendum permettendo). L’ultima puntata di questo dossier è dedicata dunque alla nuova legge elettorale, un sistema proporzionale corretto dal premio di maggioranza e dal doppio turno. L’Italicum entrerà in vigore nel prossimo luglio ma sicuramente sarà sottoposto al vaglio preventivo della Consulta. E si sta già muovendo un fronte per abrogarlo via referendum.
COALIZIONI ADDIO
Previste nel testo della riforma approvata in prima lettura dalla Camera, le coalizioni o alleanze elettorali che hanno caratterizzato il sistema politico italiano dal Mattarellum (1993) ad oggi, sono state invece bandite dalla stesura finale dell’Italicum e al loro posto è subentrata la lista unica, sia al primo che al secondo turno. Sorprendendo molti osservatori anche Berlusconi, che ha sempre guidato una coalizione di centrodestra, aveva accettato nel gennaio 2015 questa rivoluzione, salvo poi ripensarci dopo la rottura del patto. Da allora Forza Italia, ma anche la minoranza Pd e i centristi hanno chiesto il ritorno alle coalizioni, o almeno la possibilità di apparentamenti al secondo turno. Renzi però si è sempre detto contrario a modificare l’Italicum. Il centrodestra, nel frattempo sempre più diviso, dovrà dunque tentare alle politiche di riunificarsi in una sola lista se vorrà avere qualche chance di arrivare almeno al ballottaggio.
IL PREMIO DI MAGGIORANZA
I 630 seggi della Camera saranno assegnati con metodo proporzionale su base nazionale. Ma la legge prevede una importante correzione in senso maggioritario: alla lista che al primo turno ottiene almeno il 40% dei voti viene assegnato un premio di maggioranza del 15% che le assicura 340 seggi, cioè il 55% dell’assemblea, con un vantaggio numerico di 24 deputati. Se nessuna lista supera la soglia del 40% si va al ballottaggio tra i due partiti che hanno ottenuto più voti e il vincitore ottiene sempre 340 seggi. Le altre forze politiche si spartiranno 278 seggi (purchè abbiano superato lo sbarramento del 3 per cento) mentre i restanti 12 appartengono alla circoscrizione estero. La Consulta, nella sentenza del gennaio 2014, ha dichiarato illegittimo il premio di maggioranza previsto dal Porcellum perché per ottenerlo non era prevista una soglia minima di consensi: l’Italicum dunque fissa l’asticella del 40% (nel testo iniziale era il 37%) per venire incontro alle obiezioni della Corte, almeno al primo turno.
IL BALLOTTAGGIO
È forse la più importante novità della riforma elettorale, che per questo aspetto adotta il modello dell’elezione dei sindaci. L’obiettivo è assicurare comunque un vincitore alle elezioni politiche e garantire così la governabilità. Il meccanismo scatta se nessuna delle liste raggiunge al primo turno il 40% dei voti: dopo due domeniche viene indetto il ballottaggio tra la lista che ha ottenuto il maggior numero di consensi e quella arrivata subito dopo, senza che sia necessaria una soglia minima di voti. Non è fissato alcun quorum neanche per la partecipazione degli elettori al secondo turno. Chi vince ottiene il premio di maggioranza di 340 seggi, i restanti sono distribuiti in base ai risultati del primo turno. I cittadini scelgono così la maggioranza di governo e, indirettamente, anche il premier, visto che è ormai prassi dei partiti designare un proprio candidato alla presidenza del Consiglio, anche se l’indicazione del premier non è prevista dalla nostra Costituzione.
Altro aspetto fondamentale è che la legge vieta ogni forma di apparentamento o collegamento tra liste anche per il secondo turno. In altre parole non è possibile formulare delle coalizioni neanche al ballottaggio.
NOMINATI O ELETTI?
Per superare le obiezioni avanzate sempre dalla Corte Costituzionale nel 2014 le liste dell’Italicum non sono più interamente bloccate, come nel Porcellum. Restano però blindati i capilista che, scelti dalle segreterie di partito, saranno automaticamente eletti se scatta almeno un seggio per lista. Il loro nome sarà scritto sulla scheda accanto al simbolo, seguito da due righe vuote dove l’elettore potrà esprimere fino a due preferenze tra gli altri candidati della lista. Che sarà corta, da due a 9 nomi per ognuno dei 100 collegi previsti. Solo i capilista potranno candidarsi in più collegi (massimo dieci) e se eletti in diversi posti potranno scegliere il collegio in cui far scattare il seggio, cedendo il posto negli altri al primo dei non eletti della propria lista. Contro il sistema dei “nominati”, cioè dei capilista bloccati, hanno combattuto invano la minoranza Pd e i Cinque Stelle.
PIÙ DONNE
L’Italicum è la prima legge elettorale nazionale che si pone l’obiettivo di garantire la parità di genere. Per farlo ogni lista deve presentare i candidati in ordine alternato in base al sesso. L’elettore ha a disposizione due preferenze e se vuole utilizzarle entrambe la seconda deve darla ad un candidato di genere diverso dalla prima. Quindi nel totale delle candidature circoscrizionali di ogni lista nessun genere potrà superare il 50%. Ma i capilista dello stesso sesso potranno arrivare fino al 60%.
SBARRAMENTO BASSO
Per avere diritto alla ripartizione dei seggi le singole liste dovranno superare una soglia minima del tre per cento dei consensi elettorali. Nel testo approvato nel primo passaggio a Montecitorio si prevedevano invece, sulla falsariga del Porcellum, sbarramenti diversificati e più alti per le coalizioni e per le liste non coalizzate. Abolendo però le coalizioni è rimasta solo la soglia per le singole liste e i partiti minori, cominciando dal Nuovo centrodestra, si sono battuti per ottenere uno sbarramento basso, tale da garantire un diritto di tribuna alle forze minori. Le minoranze linguistiche che si presentano in una Regione a statuto speciale possono ottenere seggi anche in deroga allo sbarramento purché ottengano almeno il 20% dei voti validi nella stessa Regione.
100 COLLEGI
Le circoscrizioni elettorali sono 20 corrispondenti alle regioni e ripartite in 100 collegi plurinominali che eleggeranno dai 3 ai 9 seggi (618 in tutto, perché 12 appartengono alla circoscrizione estero). In media la popolazione di ogni collegio è pari a 582 mila abitanti: troppo grandi – secondo i critici – per consentire un rapporto stretto tra candidati ed elettori. Nella ripartizione dei collegi, stabilita da un decreto legislativo del governo, si va dai 17 della Lombardia (101 seggi), che è la regione più abitata, all’unico collegio del Molise (che elegge solo un deputato). Per Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige la divisione è diversa e sono previsti collegi uninominali.
(4 – fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 14, il 16 e il 18 maggio)