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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

Pannella e i suoi ultimi cento giorni da recluso in casa

Chi gli è stato vicino giura che in questi tre mesi chiuso in casa Marco Pannella non ha mai smesso di fumare né sigari né sigarette, e che pure le medicine mica se le prendeva tutte, erano più quelle che nascondeva nei vasi di casa, un po’ di nascosto, come fanno i bambini. Chi è stato vicino al leader radicale in questi cento giorni racconta la fatica di contenere in quattro mura un uomo che nessuno ha mai saputo tenere fermo nemmeno dentro le mura di una città, e ha una sola spiegazione per la sua capacità di andare avanti nella sua vita, a dispetto di tutti i valori medici che a nessun medico tornavano sballati come erano: l’amore.
È stato circondato d’amore Marco Pannella in questi tre mesi di costrizione, cioè da quando la sua malattia si è aggravata di colpo e per la prima volta in una sua domenica ha dovuto dire al fido Massimo Bordin: «No, oggi non lo faccio il dibattito con te a Radio Radicale».
Quella domenica è suonato il campanello, per tutti. E da quella domenica la sua casa alle spalle di Fontana di Trevi si è affollata, più di quanto non lo fosse già nei giorni normali. Accanto a Matteo Angioli e a Laura Hart sono arrivati, in fila e senza farsi pregare, Rita Bernardini, Mirella Paracchini, Alessio Falconio, Maurizio Turco, Maria Antonietta Coscioni. Ognuno con un pezzo di amore e di vita.
Clemente Mimun è arrivato con un millefoglie e una torta con le mandorle e le visciole, e da quella domenica non ha mai smesso di fargli avere in casa i cibi più sfiziosi e stravaganti, per stimolargli un minimo di appetito se non proprio una pazza voglia di mangiare che il leader radicale non ha mai di certo avuto.
Leggendari i suoi scioperi della fame e della sete, che lui ha sempre voluto chiamare satyagraha, battaglie non violente: Marco Pannella le ha portate avanti, indistintamente, per i diritti civili in Italia, contro la pena di morte nel mondo, per il Tibet, e non è un caso che fino a quando è rimasto in casa ha continuato a mantenere rapporti diretti con il Dalai Lama, sebbene per interposta persona.
Ha mantenuto rapporti con tutti, Marco Pannella, perché tutti hanno mantenuto rapporti con lui, a cominciare dal Santo Padre e dal presidente della Repubblica. E in tanti hanno varcato la soglia della sua casa nel pieno della Roma storica, il premier Matteo Renzi in prima linea accompagnato da Roberto Giachetti, ma anche il presidente Silvio Berlusconi, il sottosegretario Benedetto Della Vedova, per arrivare a Massimo D’Alema e Fabrizio Cicchitto, e se diciamo che è andato anche Clemente Mastella, non possiamo dimenticare Alfonso Pecoraro Scanio, che ne ha approfittato per scattare un selfie sulle unioni civili.
Chi gli è stato vicino negli ultimi giorni giura che l’amore lo ha tenuto su fino al giorno del suo compleanno e che soltanto subito dopo è arrivato il crollo, l’abbandono al suo brutto male.
Nei giorni precedenti si è dilettato ad accentuare il suo dialetto abruzzese e questo lo faceva soprattutto mentre parlava della sua infanzia, di suo papà e di sua mamma, che lui chiamava la frangiosa perché era francese.
Con quel suo dialetto abruzzese ha continuato a ricordare gli esordi delle sue battaglie sui diritti civili, mentre con il giovanissimo Matteo Angioli stava organizzando il prossimo convegno e finendo di scrivere per dare alle stampe il loro prossimo libro.
Si è nutrito di programmi di storia in televisione, Marco Pannella, e dei tanti articoli dei giornali che i suoi amici più cari non si sono mai stancati di leggergli: smettere di leggere, di scrivere o di tenersi informato ogni giorno, ad ogni ora del giorno, per lui voleva dire smettere di vivere per uno come lui.
Si è tenuto vivo ed informato anche quando lo hanno ricoverato nella clinica romana dove si trova adesso, e chi lo ha accompagnato fino a dentro racconta che quando gli infermieri si sono avvicinati per convincerlo a stendersi sul suo letto da malato ha messo la mano sulla fronte, a spazzolare la fronte con un gesto secco, come a dire: «Ma cosa vogliono questi da me? Sono pazzi».
Una volta sul letto gli hanno chiesto se voleva essere sedato. I dolori erano arrivati a livelli ben poco sopportabili e l’obiettivo del suo medico curante, Claudio Santini, era di fargliene sentire il meno possibile di quei dolori orribili.
«Grazie sì», ha detto Marco Pannella a chi voleva sedarlo. E poi tanti altri grazie, e scusa, e parole d’amore, per Matteo e Laura, Mirella e Alessio, Rita, Maurizio. La sua vita. La sua vera famiglia.