Il Fatto Quotidiano, 18 maggio 2016
Metti una sera a cena Renzi, Verdini e gli Angelucci e Libero diventa il giornale del Sì
Vittorio Feltri ha inseguito per una vita il destino di Indro Montanelli e ieri ha centrato il suo obietto, almeno a sentire i suoi detrattori, che commentano così il suo ennesimo arrivo a Libero, quotidiano da lui fondato nel 2000, al posto di Maurizio Belpietro: “Feltri ha fatto come Montanelli, è passato col nemico». Il parallelo è ardito perché Montanelli divenne antiberlusconiano dopo Il Giornale, Feltri invece si è convertito al renzismo. Quella di ieri è infatti soprattutto un’operazione politica, sancita pochi giorni fa in una cena tra Lotti, Denis Verdini e Antonio Angelucci, deputato azzurro ed editore di Libero nonché ras della sanità privata, e poi comunicata a pranzo a Milano allo stesso Feltri da Angelucci.
Tutto cambia in poche ore, dopo mesi di strategie. Del resto Feltri è riapprodato a Libero già da qualche giorno con il ruolo di direttore editoriale che dovrebbe comprendere anche II Tempo, il giornale di Chiocci & Bisignani passato nella scuderia di Angelucci. Il suo endorsement renziano a favore del referendum istituzionale d’autunno è arrivato venerdì scorso, prontamente rilanciato con sommo gaudio dal piccolo Foglio: “Il Cav. non può votare contro le sue riforme. Il centrodestra ha votato in Parlamento la nuova Carta. Assurdo rimangiarsi la parola per ripicca contro il premier”.
Racconta una fonte informata: “Questo è il patto Renzi-Verdini-Angelucci”. Da un lato le riforme e la spregiudicata campagna del premier che si gioca tutto nel voto di ottobre. Dall’altro anche la tormentata vicenda dei fondi pubblici dell’editoria ad Angelucci, in passato al centro di alcuni procedimenti per la doppia proprietà di Libero e Riformista. Un dossier, questo, che fa parte del carnet di deleghe gestito dal potente Lotti, sottosegretario e braccio destro di Renzi. I tasselli
dell’accordo dovrebbero essere questi. La prima pagina di Libero messa alla gogna all’ultima Leopolda di dicembre dovrebbe essere ormai solo un ricordo. Schierato sulla linea populista Meloni-Salvini a Maurizio Belpietro non è rimasto altro che prendere atto del suo dimissionamento.
Il ritorno di Feltri finirà anche per fare chiarezza sull’ambivalenza parlamentare di Angelucci. L’editore ha ancora la casacca azzurra di Berlusconi e in questa veste ha seguito da vicino tutte le fasi dell’operazione filorenziana dell’Ala verdiniana (i due erano sempre da Ciampini, il bar nel centro di Roma). Per lui adesso si parla di un ruolo di primo piano in Ala, come presidente. Sempre che, in un lontano futuro, Berlusconi non usi il No al referendum per un nuovo patto del Nazareno. Ma le mosse dell’ex Cavaliere sono sul medio-lungo periodo. E la partita referendaria è già cominciata e Renzi non può aspettare. Dall’Unità a Libero, da Repubblica al Foglio, aspettando il Corsera, si sta formando un fronte unico trasversale del sì. Nel frattempo il renzismo è sempre più verdiniano. Parola anche di Vittorio Feltri.